GIULIA BONGHI | Il vecchio cavaliere, pingue etilista del XV secolo, Sir John Falstaff, passa dall’Enrico IV e da Le allegre comari di Windsor, nelle abili mani di Arrigo Boito e Giuseppe Verdi. Lo spirito del protagonista è più simile a quello del secondo dramma shakespeariano, dove vanità e presunzione prendono il sopravvento ed espongono il personaggio allo scorno. Falstaff. Tutto nel mondo è burla andò in scena il 9 febbraio 1893 al Teatro alla Scala di Milano, quando il compositore era alle soglie degli ottant’anni, e chiude il catalogo verdiano rappresentando un unicum nella sua produzione.

Al Teatro Verdi di Busseto, all’interno del FESTIVAL VERDI di Parma, viene presentato in una dimensione cameristica, nell’arrangiamento del M° Alessandro Palumbo, che ha diretto il Quintetto d’Archi Kyiv Virtuosi e l’Ensamble di fiati La Toscanini. È chiaramente arduo, con un organico ridotto, restituire l’infinità di colori della partitura. Tuttavia, è stato positivamente ricreato il mondo sonoro immaginato da Verdi: sempre in accordo con la drammaturgia; dalle risonanze ritmiche e melodiche, vere e proprie rime musicali e logiche di tutto il declamato; dai momenti perfettamente descrittivi, come il disegno cromatico a terzine, che apre la seconda parte del primo atto, e disegna il passo svelto e leggero delle gaie comari di Windsor; o i gesti vocali iconici, come il “Reverenza!” di Mrs. Quickly – Adriana Di Paola.

Ph Roberto Ricci

La piccola sala teatrale, riccamente decorata, ospita una scatola scenica spoglia e una pedana che esce dal boccascena, arrivando davanti alla barcaccia sul lato destro rispetto al palcoscenico.
Lo scenografo Aurelio Colombo, che firma anche i costumi, prevede nel primo atto una serie di tavoli in legno, uno accostato all’altro, e boccali di birra. Sono i pochi oggetti rimasti dell’Osteria della Giarrettiera, dove Falstaff – il baritono Franco Vassallo che si destreggia abilmente nel comico, senza perdere l’afflato aristocratico – progetta di conquistare Alice Ford – Ilaria Alida Quilico, soprano irresistibile, di chiarissima emissione – e Meg Page – la chiara e dinamica voce di Shaked Bar. Ad ascoltarlo ci sono i suoi servi: Pistola – Andrea Pellegrini – e Bardolfo – Roberto Covatta – “dal naso color malvasia”. Scoperto il fatuo inganno del protagonista, le donne organizzano una burla a suo danno. Pure gli uomini decidono di prendersi gioco di lui e, com’è noto, da qui hanno inizio gli equivoci che fanno progredire la storia.
Nel secondo atto vengono portati in scena la cesta del bucato e il paravento, oggetti previsti da libretto, l’uno per nascondere Falstaff e l’altro per svelare a Ford – Andrea Borghini – sua figlia Nannetta – Veronica Marini – che si scambia tenerezze con Fenton – Vasyl Solodkyy. Nell’ultimo atto la scena si svuota ulteriormente: solo qualche lampada a terra, tre lampadari a soffitto e dei quadri appesi sulla parete di fondo rivestita con carta da parati, uno dei quali raffigurante la grande quercia, luogo di ritrovo per l’ultima spettacolare burla che tutti – uomini e donne coalizzati – pianificano per Falstaff. Ford vorrebbe approfittare della situazione per sposare di nascosto sua figlia con il Dr. Cajus – Gregory Bonfatti – che si ritrova però maritato a Bardolfo, mentre Nannetta e Fenton riescono felicemente a convolare a nozze gabbandolo.

L’amore dei due giovani, che non ha l’uguale nella commedia di Shakespeare, dà una contropartita alla figura centrale di Falstaff, costituendo l’unica, autentica speranza in un mondo fatto di beffe. La loro parte è estremamente efficace, tanto da non necessitare nemmeno di un vero e proprio duetto. Emblematico è invece il loro distico amoroso “Bocca baciata non perde ventura / Anzi rinnova come fa la luna”, citazione del proverbio finale di Alatiel, protagonista della settima novella della seconda giornata del Decameron di Boccaccio.

L’ultimo concertato, in questo caso cantato a pubblico in proscenio, è uno scoppio d’ilarità. Falstaff pure, dopo essere stato deriso, umiliato, giudicato, percosso, tanto da commuoverci quando si butta faccia a terra sul pavimento tenendo alti i palchi di cervo sulla testa, finisce vittorioso. Lo stesso Verdi, nella sua corrispondenza con Boito, scrisse: “un sorriso aggiunge un filo alla trama della vita”. Se nel tragico l’interesse aumenta notevolmente avvicinandosi alla conclusione, poiché si va incontro alla catastrofe, nella commedia i nodi si sciolgono e il fine è lieto, perciò tendenzialmente meno appassionante. Eppure, la mano sapiente del compositore ha costruito un’ultima scena avvincente, collocandola in un ambiente fantastico, mai toccato nel resto dell’opera, e musicando momenti comici che non fanno abbandonare il riso allo spettatore fino alla fine. Conclude la spettacolare fuga accompagnata a otto voci, il celebre Tutto nel mondo è burla.

Ph Roberto Ricci

L’idea registica di Manuel Renga colloca la vicenda non più nel XV secolo ma nell’Inghilterra elisabettiana di un passato prossimo, quella in cui ancora regna Elisabetta II Windsor. Falstaff è un personaggio fuori dal suo tempo, in “un mondo che si sgretola, con il futuro che si vuole sbarazzare del passato” – scrive lo stesso regista. Il suo tempo è ormai finito e lo vediamo relegato in quello spazio che oltrepassa il boccascena, con un tappeto polveroso sul pavimento nero e una vecchia sedia a dondolo di legno. Lo spazio degli altri, della borghesia rampante, è invece una scatola rosa, illuminata con tinte molto sature da Giorgio Morelli. Questa desolazione è evidente, data anche l’assenza del vecchio oste e del paggio, come se nessuno avesse più intenzione di servire Sir John, e soprattutto del coro nel finale.

I costumi oscillano in un intervallo temporale tra l’inizio del Novecento e gli anni Cinquanta. Fantasiosi e colorati; per lo più spezzate le vesti delle donne, mentre i completi degli uomini sono più uniformi. L’aspetto è quello tipico della borghesia della City: nell’ultimo atto, anziché travestirsi da elfi e fate, le donne indossano piume e payette come in una festa a tema anni Venti, gli uomini barbe finte, lunghe e rosse in stile irlandese, mentre Falstaff indossa un kilt scozzese.
La féerie, il mondo delle fate, è qui una festa borghese, mentre unico spazio onirico rimane una piccola stanza con sipario dorato, che si palesa nel secondo atto sfruttando la semichiusura del sipario alla francese. La regia è animata e frizzante, e sfrutta a pieno lo spazio – attorno, sopra, sotto il labirinto di tavoli e nei diversi luoghi deputati – e la recitazione è vivace e spontanea. Meno efficaci i movimenti scenici coreografati da Giorgio Azzone.

In conclusione a quest’opera, che inizia e finisce in do maggiore, ovvero nella tonalità elementare per eccellenza, la più pulita e brillante, mi chiedo se sia possibile prendere le parti di qualcuno: di quella borghesia londinese, snob e insolente; o di Falstaff, il cavaliere tronfio e seduttore, panciuto edonista? L’apoteosi finale è spiacevole per lui, come per Ford e per Cajus, mentre domina l’arguzia delle donne, ma solo a seguito di una certa ferocia. In questo allestimento l’aspetto sadico di questa commedia amara è edulcorato, mentre prende il sopravvento l’atteggiamento superficiale, fresco e ilare, di una borghesia d’assalto.

Festival Verdi 2023 

FALSTAFF. TUTTO NEL MONDO È BURLA
Commedia lirica in tre atti, libretto di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi
Casa Ricordi, Milano
Arrangiamento per ensemble a cura di ALESSANDRO PALUMBO

Sir John Falstaff Franco Vassallo
                           Elia Fabbian (14)
Ford, marito di Alice Andrea Borghini
Fenton Vasyl Solodkyy
Dott. Cajus Gregory Bonfatti
Bardolfo, seguace di Fastaff Roberto Covatta
Pistola, seguace di Fastaff Andrea Pellegrini
Mrs. Alice Ford Ilaria Alida Quilico
Nannetta, figlia di Alice e Ford Veronica Marini
Mrs. Quickly Adriana Di Paola
Mrs. Meg Page Shaked Bar
Maestro concertatore e direttore Alessandro Palumbo
Quintetto d’archi Kyiv Virtuosi e Ensamble di fiati La Toscanini
Regia Manuel Renga
Scene e costumi Aurelio Colombo
Luci Giorgio Morelli
Movimenti scenici Giorgio Azzone

Teatro Giuseppe Verdi di Busseto
Venerdì 22 settembre 2023, ore 20.00
Sabato 30 settembre 2023, ore 20.00
Domenica 8 ottobre 2023, ore 15.30
Sabato 14 ottobre 2023, ore 20.00