ELENA SCOLARI | “Guerra, sangue, merda!”. Questo grida la voce collettiva del coro scenico che apre lo spettacolo Macbellum – La guerra dentro di Teatro19 andato in scena presso la sede di Residenza IDRA a Brescia nell’ambito del progetto Culture Care – Patto di coproduzione fra teatro, città e enti di cura.
Ispirato al Macbetto di Giovanni Testori il lavoro rappresenta un importante salto di qualità nella produzione della compagnia bresciana che da anni lavora nel contesto della salute mentale, utilizzando il teatro come mezzo terapeutico ma sempre con obiettivi che hanno una vera e propria cornice artistica, non finalizzata al solo aspetto “curativo” della pratica teatrale.
PAC ha seguito nel tempo la crescita professionale di questo gruppo raccontando, fin dagli inizi, gli esiti pregevoli di un agire creativo nato dalla volontà e dall’estro di Francesca Mainetti, Roberta Moneta e Valeria Battaini, tre attrici professioniste che hanno sviluppato un progetto articolato che ha portato anche alla realizzazione del festival Metamorfosi; hanno lavorato in collaborazione con alcuni utenti dei servizi di salute mentale, costruendo spettacoli in luoghi simbolo della città di Brescia integrando con intelligenza un delicato processo culturale e sociale e il rigoroso impegno per produrre teatro, a tutti gli effetti e con la T maiuscola.

Lavorare su Testori è sempre un’impresa un po’ folle, la sua lingua mista, inventata, è un parlare sporco, tronco, turpiloquiante, inventivo e vivissimo, anche ironico, qua e là, ma certo mai rassicurante e piano. Macbetto è a sua volta ispirato al Macbeth di Shakespeare ma ne è una traduzione che enfatizza gli aspetti più ripugnanti e sgradevoli della guerra. Quel coro iniziale è il nodo di tutto: siamo nella tragedia della carneficina, l’opera è un massacro sanguinolento in cui tutti si sporcano le mani e Testori pone l’accento sui corpi, sugli umori, sulle flatulenze e su quanto di più scatologico e carnale si trovi nell’uomo. E nella donna. Il male non viene da fuori, le profezie delle streghe lo prevedono soltanto ma siamo noi a partorire nefandezze.
Tutto questo c’è in Macbellum, insieme a una tangibile e scanzonata forza rappresentativa, grazie alla spudoratezza sincera con cui gli attori, professionisti e non, abitano la scena senza risparmiarsi e giocando alla guerra, al sesso, al teatro con grande carica umana.

ph. Mauro Zani

Dieci interpreti in scena per tutta la durata, formano una compagine dinamica, viva, anche una po’ sgraziata ma proprio per questo perfettamente coerente con l’atmosfera mefitica della tragedia. Francesca Mainetti dirige il gruppo e ne è anche misurata conduttrice sul palco, accompagna le azioni con la fisarmonica e agisce da perno per introdurre i cambi di quadro.
A lei, che ha curato regia e drammaturgia, abbiamo posto qualche domanda sulla genesi e sui punti centrali di Macbellum.

Testori è un autore straordinario ma lo anche per la difficoltà di metterlo in scena, come vi è venuto in mente di lavorare su di lui e proprio su Macbetto? E come siete passati dal testo alla scena?

Sulla difficoltà dici bene, infatti ci abbiamo lavorato per due stagioni invece di una!
La suggestione iniziale è arrivata dal nostro attore Daniele Gatti, che ha espresso il desiderio di lavorare sul male e sulla sua parte oscura. Voleva essere il cattivo. E così abbiamo pensato di prendere un super cattivo classico e ci è venuto in mente Macbeth. Abbiamo – lentamente – letto il testo di Shakespeare, abbiamo visto tanti video di spettacoli ad esso ispirati ma ci sembrava una sfida di cui non trovavamo il bandolo risolutivo. Finché non non mi sono imbattuta nel video del Macbetto di Testori, in un allestimento degli anni ’70 con la regia di Andrée Ruth Shammah.
Era da poco scoppiata la guerra in Ucraina, quel coro iniziale che con voce collettiva dice “Guerra, sangue, merda” mi è sembrato fortissimo e ho capito che sarebbe stato la chiave giusta per noi. Quel linguaggio così fuori dal normale e distante dal quotidiano risuonava con la follia e con i miei attori. Quindi abbiamo cominciato a lavorare sul palco proprio dal coro.

ph. Mauro Zani

Francesca, hai fatto un notevole lavoro di adattamento del testo, come ti sei comportata?

Prima di tutto ho chiamato Casa Testori, sapendo che ci sono diritti e permessi da richiedere per l’utilizzo dei testi. La fondazione ha apprezzato la descrizione del progetto e ci ha concesso sia l’utilizzo di Macbetto sia i rimaneggiamenti che sarebbero stati necessari. Io, ingenuamente, non sapevo che il 2023 fosse il 100° anniversario della nascita di Testori,  e così abbiamo anche avuto la fortuna di essere inseriti nel palinsesto delle iniziative per il centenario!
Quanto al lavoro specifico sul testo ho dovuto ridurlo, ho quindi tagliato ma anche cambiato un po’ la struttura: nell’originale Macbetto ha più battute, io ho circa dimezzato la lunghezza complessiva e ho dato al coro parti che sarebbero di Macbetto. Questo perché nella mia idea il coro ha sì la funzione del coro greco perché narra alcuni fatti che non si vedono ma rappresenta anche la voce interiore di Macbetto, è come se fosse un riverbero esterno del suo pensiero.

Infatti l’effetto è coinvolgente ma anche drammaturgicamente funzionale al dispiegarsi della vicenda.

Mi piaceva molto l’idea di lavorare sul coro (che in Shakespeare non c’è) perché tutte le figure sono parte del coro ma anche ne entrano e ne escono. In Testori c’è il teatro nel teatro: la Compagnia degli Scarrozzanti deve mettere in scena lo spettacolo – Macbetto è una parte della trilogia con Ambleto ed Edipus – e in un certo senso c’è un’analogia con la nostra compagnia: anche noi siamo un po’ sgarrupati, un po’ sghembi. Ognuno dei nostri attori/utenti ha le sue caratteristiche e abbiamo senz’altro un’andatura traballante, a volte.

E quindi il coro diventa un organismo scenico collettivo che può anche supportare i singoli ruoli?

Daniele Gatti, il protagonista, per esempio, ha una memoria pazzesca ma questo percorso – benché scelto in accordo – è stato molto duro per lui, affrontare le questioni oscure lo è per tutti e lavorare con i propri nodi non sciolti non è per niente facile, e un po’ ti fa star male. Per entrare in contatto con il proprio buio serve avere un sostegno, e il coro in scena è anche una garanzia di appoggio metaforico.

ph. Mauro Zani

Come avete operato per l’attribuzione dei ruoli?

All’inizio io, Roberta Moneta e Valeria Battaini pensavamo di fare le tre streghe e di prendere a turno alcuni altri ruoli, poi invece scegliendo di andare nel solco di Testori nel cui testo le due figure di Strega e Ledi sono una l’emanazione dell’altra, sono quasi una cosa sola, abbiamo deciso di affidare la prima a Valeria e la seconda a Roberta, anche per coerenza di corde emotive.
Daniele Gatti è stato designato protagonista da subito e interpreta appunto Macbello, nella compagnia ci sono poi due giovani aspiranti attrici, Francesca Valenti e Mariagiulia Manni, che hanno partecipato al laboratorio teatrale – per la prima volta aperto anche a chi non ha a che fare con i servizi psichiatrici (e anche questa è una conquista) – insieme a noi, ai gemelli Lunardini e a Giusy Zanini e Gianpaolo Corti, attori che hanno invece lavorato al Piccolo Teatro con Strehler e Ronconi.

PAC: La composizione del gruppo Teatro Metamorfosi è una caratteristica centrale perché con Macbellum Teatro19 si avvicina a vincere la sfida di rendere gli attori/utenti così rigorosi e disinvolti sul palcoscenico da impedire al pubblico di distinguerli dai professionisti. I gemelli Giovanni e Roberto Lunardini sono protagonisti della scena in cui appare a Macbello il fantasma di Banco (Banquo) e lo rappresentano in una bella alternanza in cui lo spettro si sdoppia – letteralmente – e confonde ancor più il futuro signore di Cawdor.
Il fatto che questa esperienza sia stata vissuta da tutti come una tappa realmente formativa nel proprio percorso artistico e non come una “buona azione” è fondamentale perché le istituzioni riconoscano, anche economicamente, che la relazione culturale con la follia può essere un seme di crescita e creatività e non solamente volontariato.
La seconda sfida che Teatro19 affronterà sarà trovare canali e risorse che possano consentire una vera e propria tournée dello spettacolo, con veri e propri cachet, davanti a spettatori appassionati di teatro. Che diventerebbero matti per questo Macbellum.

MACBELLUM

regia, adattamento, scene e costumi Francesca Mainetti
aiuto regia Gianpaolo Corti
luci Elena Guitti
con Daniele Gatti – Macbello, Roberta Moneta – Ledi, Valeria Battaini – Strega, Francesca Mainetti – Corifea, Giovanni e Roberto Lunardini – Coristi/Banco, Giusy Zanini e Gianpaolo Corti – Coristi/Capocomici, Francesca Valenti – Corista/Sicario, Mariagiulia Manni – Corista/vittima sacrificale
foto di scena Mauro Zani
produzione Teatro19 in collaborazione con il Dipartimento di Salute mentale e delle Dipendenze di ASST Spedali Civili di Brescia

Nell’ambito del progetto Culture care, partner Cooperativa sociale La Rondine di Brescia e Fondazione Emilia Bosis di Bergamo, con la collaborazione dei DSMD di ASST Spedali Civili di Brescia e ASST Franciacorta e il sostegno del Comune di Brescia, facoltà di Psicologia Clinica dell’Università degli studi di Bergamo
contributo di Fondazione ASM e patrocinio del Comune di Chiari e del Comune di Castrezzato

Residenza IDRA, Brescia | 20 ottobre 2023