MATTEO BRIGHENTI e ELENA SCOLARI | MB: Federica Carruba Toscano è seduta su una poltrona in pelle. La testa appoggiata su una mano. Se ne sta lì, annoiata in un angolo, affonda nei suoi pensieri. Poco distanti ci sono sette ventilatori di argenteo metallo di altezze diverse. La prima immagine di Penelope di Martina Badiluzzi al Piccolo Bellini di Napoli è il dagherrotipo di una figura dell’indolenza che cerca refrigerio in una comodità impossibile.
La gravità è la pesantezza di un “tu” innominabile. È qui, davanti a lei, ma non parla. Perché siamo noi, e noi non siamo lui: Ulisse. Allora, il ritorno di quell’uomo che non c’è può avvenire solo attraverso le parole e negli occhi di lei. Un incontro del desiderio che è come il sole in faccia: abbaglia. Così, ogni sguardo dato è presto tolto. E poi ridato. E poi tolto ancora. Un movimento dell’animo che richiama la posizione scomoda di donna abbandonata.

ES: Sì, la protagonista è una donna sola, che si fa compagnia chiacchierando, raccontando, ricordando. Come parlasse a un gruppetto di amiche, condivide con noi episodi buffi, momenti di seduzione frivoli e per questo sorridenti, confida i rossori con fresca sincerità, si muove sul palco senza trovare una collocazione, si alza, si risiede. La sua inquietudine – benché stanziale – è, nel profondo, la stessa di quel marito esploratore che ha dovuto affrontare i flutti, per spingersi oltre sé.

Foto di Guido Mencari

MB: Penelope è il monologo di una donna lasciata sola, che cerca, nel ricordo e nel superamento di un amore lontano, il modo per accettare di essere ancora qui, ancora viva. Perché esserlo vuol dire continuare a essere abbandonata.
La tela che fa e disfa, al pari dello sguardo che dà e toglie a Ulisse, racconta la vita di una Penelope che si ingegna per cancellare sé stessa, dal momento che non può, o meglio, non crede di poter esistere per sé, ma sempre e solo per un altro, per l’uomo. Che ha potere su di lei anche ora che non c’è, perché lei ormai lo porta dentro di sé e da lì lo lascia agire.
Il sogno del ritorno a un tavolo di ristorante è il naufragio, quindi, di un eroe dell’assenza. Carruba Toscano, che è nella terna delle finaliste agli Ubu 2023 come Migliore Attrice o performer under 35, sa restituire tutto l’imbarazzo di un incontro che Penelope vuole che sia di nuovo scoperta, che riprenda il discorso amoroso là dove si era interrotto. Ma è il prima di un tempo perduto; forse mai realmente esistito per come l’ha immaginato e vissuto lei.

ES: Però, su questa scena lei è soltanto lei, esiste perché noi la ascoltiamo e la vediamo, e in fondo ci importa relativamente di quel soggetto che sta sullo sfondo, come un brusio che diventa sempre più indistinto.

MB: È vero, il testo di Badiluzzi è un’Odissea tutta al femminile, prende il mito classico e lo trasfigura con sensibilità contemporanea, a mio avviso, nelle lotte di emancipazione delle donne dagli uomini, una libertà conquistata spesso al costo della propria vita, un prezzo ora materiale, ora morale, ora psicologico. La scrittura è molto immaginifica, le visioni che descrive rendono le parole metafore che riesci quasi a sentire, a toccare. Carruba Toscano è e fa tutte le parti in commedia, non perdendo mai il fuoco della questione, Ulisse, e quanto sia a disagio lei, Penelope.
Siamo, comunque, di fronte alla fine, al crollo, alla distruzione di un amore. È il suo corpo che lo dice davvero, è il non raggiungere più quello che sentiva prima. La confidenza è una terra ormai lontana. Da coppia sono tornati a essere due estranei, che hanno come unico legame il silenzio di mille parole non dette.

Foto di Guido Mencari

ES: Qui le cose si confondono un po’, teatralmente parlando. Mi spingo a dire che se non fosse per il titolo dello spettacolo, non sarebbe così evidente che di Penelope e Ulisse si stia parlando. Ed è forse voluto, chissà. Quello che io ci leggo è che, a volte, tanto ci si vuol muovere ‘dentro’ le attualizzazioni di opere classiche che, quando si ha qualcosa di corposo e nuovo da dire, si finisce per allontanarsene tanto da creare qualcosa di autonomo e che, forse, nemmeno abbisognerebbe più di quel riferimento. Che sfuma.
La donna creata con le parole da Badiluzzi e con la recitazione da Carruba Toscano è un personaggio con una sua ragione di esistenza teatrale, l’evocazione omerica è più nell’aria (forse, proprio nel vento che soffiano quei ventilatori) che nella geometria drammaturgica.

MB: La figura di Penelope serve a richiamare tutte le donne che aspettano. In questo caso, però, più che il loro uomo aspettano che torni la bellezza del tempo vissuto nella pienezza di sé. Uno stato d’animo che passa anche dal trovarsi l’una nello specchio dell’altro. Ma solo se è anche riconoscersi e accettarsi reciprocamente; dunque, da pari a pari. Perciò, a mio avviso, questa Penelope è una limpida e violenta chiamata alle armi della solidarietà femminile. Per riscattarsi dall’avrei voluto, ma non ho potuto, non me la sono sentita, e allora l’ho soltanto immaginato.
A volte, per la verità, la narrazione si perde un po’ troppo dietro l’attualizzazione dei singoli episodi del dettato omerico. E poi, il secondo finale, dedicato al cane Argo, è una nota di arrendevolezza che stona con tutto il prima; come con il primo, vero finale, che trova Penelope in una posizione ribaltata a quella iniziale. Ovvero, spalle al pubblico, pronta a ricominciare la sua storia con altri (di) noi.
Ciò detto, anche quando è offuscato, il furore non smette di accendere questa Odissea di resistenza e determinazione.

ES: La direzione di Badiluzzi amalgama bene lo stile di luci, costumi, colori e temperature della scena in cui Carruba Toscano è immersa, la carica recitativa dell’attrice è impreziosita dagli accenti ironici e personali che sa mettere soprattutto nei risvolti più quotidiani di una narrazione che mescola tanti sottintesi a dettagli estremamente nitidi.
Purtroppo, i finali dello spettacolo sono pure più di due, e tolgono intensità a quella che sarebbe stata la chiusa naturale e più d’effetto: i ventilatori si avviano e Penelope si avvia anch’essa, forse finalmente mossa a cercare aria nuova. 

PENELOPE

scritto e diretto da Martina Badiluzzi
con Federica Carruba Toscano
progetto sonoro dal vivo Samuele Cestola
disegno luci e scene Fabrizio Cicero
costumi Rossana Gea Cavallo
dramaturg Giorgia Buttarazzi
aiuto regia Arianna Pozzoli
assistente costumi Marta Solari
artwork Serena Schinaia
fotografie Guido Mencari
curatore del progetto Corrado Russo
produttore e organizzatore generale Pietro Monteverdi
ufficio stampa Marta Scandorza
una produzione Oscenica
in coproduzione con Romaeuropa Festival, Primavera dei teatri, Pergine Festival, Scena Verticale
con il sostegno di Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’Arboreto – Teatro Dimora / La Corte Ospitale”, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Carrozzerie N.O.T., Teatro del Grillo

Piccolo Bellini, Napoli | 18 novembre 2023

Visto in occasione della finale del Premio Rete Critica 2023, vinto da Dance Well – movement research for Parkinson, la pratica di danza nata dieci anni fa a Bassano del Grappa e rivolta principalmente, ma non esclusivamente, a persone con Parkinson, e che dal 2022 è un progetto europeo sostenuto dal programma Creative Europe dell’UE.