EUGENIO MIRONE | La questione all’origine riguarda il senso del teatro di fronte al trauma dello stupro, ovvero come parlare di una tal violenza senza snaturarla tra illustrazioni e rielaborazioni?
Franca Rame dichiarò che portare in scena Lo stupro, il monologo che raccontava del terribile episodio di violenza sessuale subita il 9 marzo del 1973, la aiutò a superare il male che le viveva dentro grazie alla condivisione del suo dolore con il pubblico.
Non è lo stesso per Carolina Bianchi, artista brasiliana con residenza ad Amsterdam, che insieme alla sua compagnia Cara de Cavalo ha fatto parlare molto di sé l’estate scorsa durante il festival di Avignone dove ha debuttato con A Noiva e o Boa Noite Cinderela (La sposa e Buonanotte Cenerentola), il primo capitolo di una trilogia sul tema dello stupro e del femminicidio intitolata “Cadela Força”.
Per l’autrice del testo che ha inaugurato la settima edizione del festival FOG di Milano «nessun atto d’amore, nessuna catarsi, nessun linguaggio può riparare il danno». Forse per questo motivo nella pièce il codice teatrale viene messo in crisi dall’ampia contaminazione del linguaggio più radicale della performance.

Foto di Christophe Raynaud de Lage

Performance di colleghi artisti ed opere letterarie, infatti, sono al centro della riflessione alla base del lavoro che Bianchi espone nella prima parte dello spettacolo. L’artista vestita di bianco in una scena minimalista prende le mosse dai primi versi dell’Inferno dantesco e dalla novella boccaccesca di Nastagio degli Onesti per fornire le coordinate di un viaggio infernale, «una riflessione radicale e disturbante sulla violenza, l’arte, il teatro, la morte». La sua azione performativa omaggia quella di molte altre artiste che hanno messo il loro corpo in pericolo come Tania Bruguera, Ana Mendieta, Regina Galindo, Gina Pane, Angelica Liddell, Marina Abramovic. È una feroce denuncia del femminicidio che vive anche attraverso gli esempi del passato a partire dal caso Bruno Fernandes e dei numerosissimi assassinii di Ciudad Juárez raccontati da Roberto Bolaño.
L’avvertenza indica che la pièce è adatta ad un pubblico adulto; lo si intuisce dal titolo: “Boa Noite Cinderela” è il nome con cui tipicamente vengono chiamate in Brasile le droghe dello stupro. Bianchi, ricreando una performance di Regina Galindo, sbriciola una pasticca in un vodka tonic che sorseggia durante la conferenza che apre lo spettacolo.
Mentre il sedativo fa effetto l’artista racconta una storia di violenza e morte che non riesce a togliersi dalla testa: è la storia di Pippa Bacca, artista milanese brutalmente uccisa dopo essere stata violentata nel 2008 in Turchia, dove si trovava insieme a Silvia Moro a fare l’autostop vestita da sposa per dimostrare di poter contare sulla bontà delle persone per raggiungere Gerusalemme. In quell’occasione fu il male a trionfare, così come ora a prendere il sopravvento è l’azione della droga che progressivamente fa sprofondare Bianchi nell’incoscienza.

Il sonno segnala il superamento del varco infernale mentre un incubo prende forma in un ambiente surrealista. Pare la scena di un crimine: un telo nero ricopre il palco sul quale giacciono distesi alcuni scheletri, sul fondo si trova una macchina targata “Fuck Catharsis” con a fianco una tela raffigurante una visione di tramonto, al centro il corpo dell’artista esposto e privo di difese diviene l’oggetto dell’azione teatrale di otto performer che porta avanti lo spettacolo.
La narrazione dell’orrore, diventato indicibile a causa della perdita dei sensi, viene affidata alle parole proiettate su uno schermo sospeso sul palco. Lampi di luci stroboscopiche e il rimbombo dei bassi trasformano lo spazio in una discoteca spettrale pulsante di corpi danzanti e azioni catturate in presa diretta da una videocamera. La più urtante è quella posta a conclusione della pièce in cui la partitura drammaturgica prevede che le più profonde intimità del corpo addormentato di Bianchi vengano scandagliate con un sondino ed esposte in video al pubblico. Poi finalmente il risveglio; si è trattato solo un brutto sogno, questa volta.

«Non voglio dimenticare nulla, perché se dimentico qualcosa dimentico tutto» questo è il mantra che ossessiona incessantemente Bianchi. A Noiva e o Boa Noite Cinderela rappresenta lo sforzo estremo di sconfiggere l’oblio forzato che intrappola l’esistenza; conoscere, invece, intrinsecamente implica la possibilità di rottura necessaria per poter andare avanti.
Quanto è difficile però ricordarsi di un sogno? Anche se il corpo è addormentato, il pensiero continua a lavorare; eppure, al risveglio la memoria si confonde con i fatti immaginati in un puzzle impossibile da ricomporre. Ciò che il sonno cancella il teatro aiuta a recuperare nel suo essere evento che rivive in continuo, replica dopo replica.

Nell’momento tragico della morte di Pippa Bacca, Silvia Moro non era presente; non convinta dalla prima impressione del conducente del mezzo che si era accostato, l’artista decise di non continuare il viaggio, salvandosi così la vita. Il grido di Bianchi non lascia dubbi: «voglio somigliare a Silvia Moro, voglio svegliarmi».
La condizione di svegliati sembra però un vicolo cieco per l’artista brasiliana, disgustata dal pensiero di chi crede che la catarsi possa riparare il danno, «come osano dire che l’amore vincerà l’odio?».
A Noiva e o Boa Noite Cinderela è una performance impattante che imprime un marchio indelebile nella coscienza dello spettatore. Il risultato è ottenuto principalmente tramite una struttura drammaturgica costellata da idee ingegnose, realizzate con altrettanta intelligenza artistica, che permettono all’incendiaria denuncia del testo di scuotere il pubblico fin nelle ossa. Lo spettatore è condotto tra i gironi infernali dove i dannati scontano una pena eterna. Nell’odio però il nesso tra chi commette il peccato e la sua vittima si fa indissolubile ed incatena entrambi ad una vita non più propria, come in un incubo.

È stabilito in maniera incontrovertibile che il modo in cui si rielabora il dolore in quanto esperienza personale non debba essere oggetto di giudizio; la domanda che può sorgere al termine di uno spettacolo del genere, però, è se possa esistere anche la pars construens quando si affronta la tematica della violenza sessuale.
Quanto restringere l’azione artistica esclusivamente alla radicale (e assolutamente lecita) denuncia può rappresentare un’occasione sfumata di cambiamento, ora che è finalmente possibile riflettere pubblicamente su questo tema.
Certamente, si tratta anche di una questione di sensibilità soggettiva: quel che sento personalmente è che il testo di Franca Rame porta con sé una forza unificante che fa sentire parte di un tutto e invita a farsi carico delle sofferenza altrui per procedere in avanti insieme; dalla performance di Bianchi si esce dal teatro colpiti fino alle viscere ma anche impotenti e incapaci di compiere un’azione che sia diversa dall’incolparsi del tremendo orrore che abita il mondo. Così, però, sarà più difficile svegliarsi.

A NOIVA E O BOA NOITE CINDERELA

idea, testo, drammaturgia e regia di Carolina Bianchi
con Alita, Carolina Bianchi, Chico Lima, Fernanda Libman, Joana Ferraz, José Artur, Larissa Ballarotti, Marina Matheus, Rafael Limongelli
drammaturgo e collaborazione nella ricerca Carolina Mendonça
direzione tecnica, progettazione del suono e musica originale di Miguel Caldas
scenografia e arte di Luisa Callegari
illuminazione di Jo Rios
video e proiezioni di Montserrat Fonseca Llach
costumi di Tomás Decina, Luisa Callegari, Carolina Bianchi

Triennale Teatro, Milano | 8 febbraio 2023