ELENA SCOLARI | Colpevole di essere attore. Così si dichiarava Veniamin Zuskin, uno degli attori-autori del Teatro Ebraico Goset di Mosca, durante il processo segreto che la polizia politica gli intentò, alcuni anni prima di fucilarlo, nel 1952.
Re Lear è morto a Mosca, coproduzione Campo Teatrale/L’isola del teatro, per la regia di César Brie, è uno spettacolo con nove attori in scena, Brie compreso, che racconta la storia fuori dall’ordinario di un luogo e di una compagnia unici, nella Russia sotto il regime stalinista: il Teatro Goset. E lo fa con un calore ebbro, tutto russo, che ha lo slancio vitale e commovente dell’amore per un’idea e per una vita dedicata all’arte. Quella che può mettere alla berlina il potere eludendo la censura con la creatività e con il coraggio sfrontato. L’arte di chi rischia per tenere alto il morale di un popolo e per dare ossigeno alla libertà. Di tutti.

ph. Erica Giudici

Re Lear è morto a Mosca e Aleksej Navalny è morto in prigione, nella colonia penale IK-3 del distretto di Yamalo-Nenets, nel nord della Siberia, circondato dal gelo e dai pastori di renne. Il parallelo è calzante, purtroppo, nonostante i decenni passati: dal dittatore con i baffi al dittatore che pratica lo judo, la Russia continua a impedire ai propri cittadini (non più sudditi ma l’intenzione ci sarebbe) di esprimere le proprie opinioni liberamente e arresta i direttori di giornali indipendenti: giovedì scorso è toccato a Sergej Sokolov della Novaya Gazeta. Allora c’erano musicisti e drammaturghi banditi (nel senso di vietati), oggi ci sono ancora autori che non si possono leggere, figuriamoci scriverne.
E allora, purtroppo, adesso è ancora più importante conoscere che cosa significa non poter scrivere esattamente quello di cui sei convinto, abituarsi fin da piccolo a dire e non dire, a essere cauto, a sussurrare invece di gridare.

Il Teatro Goset fu fondato nel 1919 dal regista Aleksandr Granovskij e dal pittore Marc Chagall che ne fu lo scenografo. Per dire. Questi si salvarono rifugiandosi in Francia, diverso destino ebbero Veniamin Zuskin (un trasognato e leggero Davide De Togni) e Solomon Michoels (Tommaso Pioli, carnale e inventivo), entrambi assassinati.
Prima della loro fine e della chiusura obbligata del teatro, questi uomini, insieme ai numerosi attori riuniti intorno a loro, crearono un nuovo concetto di attore, un nuovo teatro yiddish che si allontanava dal folklore e dalla tradizione popolare. Il Goset ha messo i colori di Chagall nelle scenografie – e nello spettacolo compaiono le sagome dei personaggi volanti dei suoi quadri (scenografia e costumi Matteo Corsi) – ha dato forma armonica a un teatro totale fatto di canto, danza, recitazione, acrobatica, comicità e poesia.
E in Re Lear è morto a Mosca tutti questi elementi sono assemblati con la cura professionale e vulcanica di Brie, mostrando quanto sia ancora incandescente e contagiosa la passione per il gioco del teatro.

Abbiamo parlato con César Brie di questa nuova avventura teatrale.

Solomon Michoels e Veniamin Zuskin rispettivamente re e fool in Re Lear

Come siete arrivati a raccontare questa incredibile storia?

Antonio Attisani, studioso e docente di Storia del Teatro, è stato il nostro consulente storico e mi ha fatto conoscere il Teatro Goset di Mosca attraverso il suo libro «Solomon Michoels e Veniamin Zuskin. Vite parallele nell’arte e nella morte». Quando l’ho letto ho subito pensato di voler portare in scena questa storia e così ho approfondito leggendo la tesi di laurea di una allieva di Attisani, («Re Lear, storia di uno spettacolo yiddish sovietico» di Claudia D’Angelo) e il libro della figlia di Zuskin, Ala (nello spettacolo Annalesi Secco, ardente e spumeggiante), che oggi ha 84 anni e vive a Tel Aviv: «I viaggi di Veniamin. Vita, arte e destino di un attore ebreo». L’avevamo anche invitata a vedere lo spettacolo ma purtroppo la guerra in corso le ha impedito di muoversi.
Con tutti questi materiali ho tenuto due seminari con un gruppo di allievi della Scuola Galante Garrone di Bologna e poi ho chiesto ai partecipanti chi se la sentiva di rischiare questa impresa con me. I valorosi che hanno detto sì sono gli attori che hai visto in scena. Abbiamo lavorato una settimana al mese per 18 mesi nella mia Isola del teatro in val Tidone, senza alcun sostegno economico, per arrivare al debutto (a Casalmaggiore).

Nello spettacolo si intreccia la storia del Goset a quella dell’allestimento del Re Lear da parte della compagnia stessa, come avete lavorato alla drammaturgia per armonizzare questi due binari?

È stato molto difficile! Io firmo il testo insieme a Leonardo Ceccanti e abbiamo fatto molti esperimenti, abbiamo anche provato a montare una scena intera del Lear ma eravamo arrivati a 2h10 di durata, così alla fine abbiamo deciso che quella scena l’avrebbe vista – idealmente – solo Gordon Craig (Ceccanti stesso). Il regista inglese è tra i personaggi dello spettacolo perché andò effettivamente a vedere il Re Lear del Goset a Mosca (era uno dei pochi testi shakespeariani non vietati) e ne rimane folgorato. Abbiamo trovato la via giusta quando siamo riusciti – drammaturgicamente – a rendere evidente il parallelo tra la relazione di Lear con il suo fool e quella di Michoels con Zuskin, che procedono nello stesso modo. I due attori russi sono amici, compagni, colleghi, sono spesso in disaccordo ma si sorreggono a vicenda e condividono una pulsione sincera e un po’ folle per il teatro e per l’arte, concependo entrambe le cose in un modo nuovo.
Io ho lavorato con i ragazzi perché imparassero come si fa una regia, come si scrive un testo, come si crea una coreografia… Ho voluto insegnare loro anche la tecnica, per dare un senso totale del teatro, proprio come quello del Goset.

ph. Erica Giudici

Di questo nuovo modo fa parte anche Marc Chagall che fu tra i fondatori del Goset?

Non solo! Michoels era anche amico di Mejerchol’d, si ammiravano molto. Diciamo che Chagall ha dato la botta artistica sostanziale all’inizio, come scenografo, poi ha subito litigato con Granovski e dopo il primo anno se ne è andato, è scappato nel 1922 per poi andare negli Stati Uniti.
Michoels voleva studiare i bozzetti di Chagall, voleva capire il suo modo di fare arte e tradurlo in palcoscenico. Inventerà uno stile recitativo assolutamente antinaturalistico, seguendo anche le teorie di Mejerchol’d, mescolando la recitazione alla danza. Non possiamo sapere esattamente in cosa consistesse questo stile ma esistono alcune immagini, e soprattutto esistono le critiche di allora che, in molti casi, dicevano che gli attori del Goset “volavano”. Proprio come i personaggi dei quadri di Chagall.
Ho cercato mille modi per dare l’dea del volo degli attori: li ho appesi, li ho imbragati, ho creato una leva per alzarli, ho provato di tutto e alla fine abbiamo scelto la via meno “meccanica” e gli attori volano sollevati dalle mani gli uni degli altri.

Il Goset allestiva i suoi spettacoli in lingua yiddish, con quali esiti, tra il pubblico russo?

Il Goset era un teatro popolarissimo e frequentatissimo da ebrei e non ebrei, serate da tutto esaurito e lunghe file al botteghino. La compagnia allestiva i propri spettacoli in yiddish ma all’entrata consegnava una sinossi agli spettatori perchè capissero quanto bastava e tutti si divertivano molto. Non solo la lingua era una componente caratterizzante ma anche il loro modo di recitare, che riprendeva alcune gestualità della cultura ebraica, elementi che il regime non sopportava.

ph. Erica Giudici

Michoels fu ammazzato in un finto incidente stradale, per ordine di Stalin, e Zuskin venne ucciso nell’agosto del 1952, durante quella terribile notte che fu chiamata ‘La notte dei poeti assassinati’, in cui morirono 13 scrittori ebrei sovietici. Come si sono salvati i materiali che permettono di ricostruire la storia del Goset?

Dopo la chiusura del teatro era stato ordinato di bruciare tutte le carte dei due intellettuali (anche questo incendio doveva apparire accidentale), ma due donne – che nel nostro spettacolo sono donne delle pulizie – hanno  capito che non sarebbe stato giusto e hanno salvato manoscritti, copioni, appunti, nascondendoli sotto le gonne (e rischiando la vita). Li hanno poi affidati a una vecchia donna ebrea che molti anni dopo è riuscita a emigrare in Israele e ora c’è un piccolo archivio/museo a Tel Aviv con tutti questi documenti, salvati dal rogo.
E per rendere omaggio a quei poeti, nella nostra scena del gulag, ci sono frammenti di testi di artisti che nei gulag erano stati, come Osip Ėmil’evič Mandel’štam e Pavel Aleksandrovič Florenskij, noi abbiamo aggiunto parole di Marina Cvetaeva che non fu imprigionata ma si suicidò nel 1941, isolata dalla comunità letteraria. Morirono 1111 intellettuali nei campi, tra cui anche l’ucraino Les Kurbas (che formò Mejerchol’d e Vachtangov), regista che mise in scena La dama delle camelie prima di essere internato, il titolo che il nostro burocrate dice che vieterebbe.
E c’è una cosa molto significativa e commovente: sia Kurbas sia Mejerchol’d – entrambi imprigionati – perfino dentro al campo montarono un teatrino.

Per continuare a vivere. Il teatro raddoppia la vita.
E la compagnia del Goset portò mai il proprio teatro fuori dalla Russia?

Nel 1928 fecero una tournée in Europa ma fu l’unica volta in cui fu loro permesso di uscire dalla Russia. Michoels andò una volta negli Stati Uniti per conto di Stalin, durante la guerra,  allo scopo di raccogliere soldi presso i ricchi ebrei americani – fondi per difendere la Russia dai nazisti – riuscì bene nell’incarico ma nemmeno questo gli salvò la vita. Michoels era combattuto su quale posizione tenere con il potere perché nessun altro paese aveva creato (o lasciato creare) un teatro ebraico, peccato che poi lo stesso paese ne ha anche ammazzato gli attori.

ph. Erica Giudici

E voi, tu e Altea Bonatesta, Alessandro Treccani, Leonardo Ceccanti, Eugeniu Cornitel, Davide De Togni, Anna Vittoria Ferri, Tommaso Pioli, Annalesi Secco, dove porterete Re Lear è morto a Mosca?

Dopo Milano e Casalecchio per ora le date fissate sono il 7 marzo al Teatro Manzoni di Monza, il 1° luglio al festival dei Casoni di Piove di Sacco e il 19 dicembre a Bergamo. Speriamo che se ne aggiungano tante altre, perché come diciamo nella danza finale sulle bellissime parole di Boris Pasternak:
scopo della creazione è il restituirsi, non il clamore, non il gran successo.
(Dalla poesia Essere rinomati non è bello, di Boris Pasternak. n.d.r.)

 

RE LEAR È MORTO A MOSCA

regia César Brie
coproduzione Campo Teatrale e Isola Del Teatro
attori creatori Altea Bonatesta, César Brie, Alessandro Treccani, Leonardo Ceccanti, Eugeniu Cornitel, Davide De Togni, Anna Vittoria Ferri, Tommaso Pioli, Annalesi Secco
consulenza storica Antonio Attisani
scenografia e costumi Matteo Corsi
maestra di danze e lavoro corporale Vera Dalla Pasqua
maestra di canto Anna Pia Capurso
musiche Pablo Brie e musiche tradizionali Yiddish

Campo Teatrale, Milano | 23 febbraio 2024