CRISTINA SQUARTECCHIA | Il focus di Archivi viventi è la vita artistica durante gli anni Ottanta. I maestri e i protagonisti di quel fermento creativo che si sono mossi tra sperimentazione e ricerca nei territori ancora incontaminati da nuovi linguaggi coreografici, aprendo la strada a nuove modalità compositive, rischiano oggi di perdersi tra i tanti rivoli delle storie di danza. Ogni singola narrazione si fa per questo preziosa in questo progetto, ogni aneddoto, pratica e curiosità rievocata risveglia memorie individuali che si intrecciano a quelle degli altri in una rete di condivisioni. Ascoltare gli artisti che a Pescara hanno percorso a ritroso parte della loro storia tra immagini, costumi di scena, l’indimenticabile valigia de Il cortile portata da Giorgio Rossi, libretti di sala e manifesti ha riportato in vita ciò è stato. Li unisce inequivocabilmente, oltre l’arte della scena ed i corpi, pieni di storie e saperi, il comune desiderio di raccontarsi.
Dopo l’intervista a Laura Delfini – che ha sottolineato «da parte di tutti ho sentito la spinta data dal piacere della condivisione» – anche ad ognuno di loro abbiamo rivolto una domanda, uguale per tutti.  È intervenuta  Anouscka Brodacz nella doppia veste di curatrice di Matta in scena 2024 sezione danza e come artista coinvolta in Archivi viventi, ripercorrendo la genesi e la messa in scena di Mutazione realizzato con la danzatrice Sandra Fuciarelli. Giovanna Summo, legata al folklore del centro sud italiano e caratterizzata da una ricerca sul corpo e la scena di taglio antropologico ha ritrovato le sue motivazioni artistiche.  Claudia Monti ha invece ricordato i suoi inizi all’Accademia di belle arti di Genova come modella insieme ad altri danzatori con i quali ha fondato il felice collettivo di Arbalete. Alessandro Certini, iniziatore della contact improvisation in Italia ha mostrato alcuni libretti di sala ed inviti del 1979 quando si esibiva con la famosa Katie Duck. Ed infine Giorgio Rossi che è ritornato ai Sosta Palmizi, a quell’entusiasmo originario che diede vita a Il cortile.

Che cosa ha significato per te raccontare una parte del tuo percorso artistico?

Anouscka Brodacz: Quando sono stata scelta nel progetto di Laura Delfini per Archivi  Viventi, a parte l’apprezzamento immediato per il progetto, mi sono immersa nella ricerca della mia documentazione degli anni ‘80 con grande entusiasmo, nonostante le difficoltà di reperire materiale fotografico e l’assenza totale di video. Sono passata poi a richiedere ad alcune mie danzatrici dell’epoca testimonianze e verifiche di dati e stati d’animo delle nostre vicende artistiche. Fatto che ha creato una condivisione di entusiasmo e piacere nel scartabellare documenti, programmi di sala, le poche foto e raccontarci ricordi e aneddoti. Lo stesso piacere che ho condiviso poi, nel maggio 2023 a Tuscania, con gli artisti invitati. In tutti e due i casi c’è stato per me un rinnovato il piacere di condividere il nostro percorso creativo, senza indulgere nella nostalgia, ma rivedendo il nostro comune resistere nella ricerca e sperimentazione della danza.

Giovanna Summo: Ritornare con la memoria e raccontare un breve episodio del mio percorso artistico nel progetto Archivi Viventi è stato molto significativo e vitale. Negli ultimi anni della mia vita ho fatto la scelta di vivere molto tempo in India, interrompendo la mia attività in Italia, studiare una nuova tecnica, antichissima, di teatro danza indiano, portandomi a tralasciare e dimenticare il percorso di teatro danza occidentale. Dopo alcuni anni in India ho avuto l’esigenza di rapportarmi nuovamente alla mia esperienza precedente di ricerca nel teatro danza occidentale, integrandola con la nuova realtà. Il progetto Archivi Viventi è arrivato in questo momento della mia vita, perfettamente in sintonia con la mia necessità. Ricordando e rivivendo le mie esperienze artistiche con uno sguardo nuovo e distante, molti aspetti poco considerati allora sono risultati interessanti e significativi. Mi è stato chiaro anche come alcuni interessi artistici, che mi hanno portato alla scelta un po’ estrema degli ultimi anni, fossero già presenti allora negli anni ’80. In generale la visione del “paesaggio artistico” di quegli anni, mio e dei miei colleghi, visto a distanza, ha assunto un senso di unità ed integrità maggiore e di coerenza. Partecipando ad Archivi Viventi è emerso in me un maggiore apprezzamento e una profonda gratitudine per le esperienze vissute, una consapevolezza maggiore sul fatto che ognuno di noi costruisce con la propria vita, in modo unico, da condividere con gli altri.

Claudia Monti: Con Archivi viventi si è creata la circostanza per raccontare, ma il desiderio di riprendere le fila di quello che avevo fatto si era formata qualche tempo prima. C’era il desiderio e anche il divertimento, oso dire la gioia, di ripercorrere alcuni momenti importanti e di cimentarsi con la parola, che per noi artisti della danza non è il canale privilegiato per comunicare. Sotto la guida attenta e sensibile di Laura Delfini mi sono trovata a raccontare parti di una storia più complessa insieme ad artisti attivi nello stesso periodo. I vari racconti raccolti vengono da un ceppo comune -l’aver vissuto quegli anni- ma ciascun racconto si estende e si ramifica in direzioni diverse. Ascoltando si scoprono legami, si è invitati a fare collegamenti tra piani diversi del tessuto sociale ed artistico. I racconti sono un intreccio tra biografia e mestiere. Sono uno stimolo per una osservazione del presente, perché riattualizzano. Non è il passato ma è qualcosa in me ora nel presente che parla dell’esperienza. Raccontare parte del mio percorso ed essere ascoltata mi ha permesso di riassaporare il mio passato, e sentire che danzare è stato il mio modo di mantenermi in relazione con il mondo. Rielaborare per mettere in relazione, per far sentire una coscienza allargata. Tutto questo crea valore. Svela quanto ancora abbiamo in comune, noi e i più giovani, nella vocazione, nello slancio per il nostro mestiere. E la cosa più importante e preziosa di Archivi viventi è proporre che il rapporto tra le generazioni passi dall’ascoltare.

Alessandro Certini: Nel volgere lo sguardo al passato, nell’evocare i primi percorsi artistici e professionali, vengono pizzicate inevitabilmente le corde delle emozioni. Superata la naturale nostalgia prodotta da questo rovesciare gli occhi del tempo (citando G. Penone), mi trovo ogni volta con Archivi Viventi a ri-contestualizzare i ricordi, a passare di nuovo le soglie, per andare oltre, per valutare ed evolvere. Vedo che sono ancora vive le motivazioni che hanno sostenuto il lavoro di ieri e ne noto il nutrimento. Nutrimento umano non solo artistico, alimento per le esplorazioni future.  Il tempo è certamente tiranno, ma è anche e soprattutto servitore del presente.