CHIARA AMATO* | The B*easts, opera prima della nota attrice inglese Monica Dolan, prende vita sul palco del Teatro Menotti di Milano nello spettacolo Il Sen(n)o.
Entrambi i titoli hanno al loro interno un gioco di parole: infatti quello inglese fa riferimento alla parola bestia (così giudicata la madre della vicenda); mentre quello italiano, con l’aggiunta di una “n”, distorce la parola seno (femminile) in senno. Entrambi ci vogliono anticipare una tematica controversa.
La vicenda del testo, tradotto da Monica Capuani, p
rende spunto da un fatto di cronaca avvenuto in Inghilterra: una bambina di otto anni viene sottoposta a un intervento di mastoplastica additiva del seno, operazione chirurgica autorizzata dalla madre, perché estenuata dalle richieste ossessive della bambina. Questo cambiamento del corpo infantile porterà a infauste situazioni che trascineranno la madre e la figlia sotto il giudizio della legge e dei moralizzatori di turno.
In scena, però, non appaiono nessuna delle due a raccontarci la loro storia, ma la psicoterapeuta (interpretata da Lucia Mascino) chiamata dal tribunale per valutare l’idoneità della madre nell’aver acconsentito a tutto ciò.

ph. Serena Serrani

Sul palco nero, illuminato da una fredda luce bianca, l’unico elemento di scena è un grosso arbusto, steso, e senza fioritura, composto solo da rami secchi, con una base in ferro che la sorregge (idea di Maria Spazzi). Questa “struttura” viene utilizzata dalla protagonista in vari frangenti come seduta, ma in più se ne occupa tagliandone i rami, innaffiandola, osservandola, forse facendo proprio riferimento a quello che sarebbe lo scopo del suo lavoro: curarsi delle persone, affinché stiano meglio e siano felici nelle proprie vite, rifiorendo da momenti o situazioni di dolore. Come accompagnamento sonoro vi è di sottofondo una musica (progetto di Roberta Faiolo) suonata al pianoforte, e dei respiri affannati.

La pièce inizia in maniera confusa, come uno sfogo provocatorio e senza freni di una donna che non sa trovare una soluzione al suo quesito e non sa dove sia la parte della ragione. Informa il pubblico che ha voglia di condividere un segreto e ripercorre i passaggi nodali per raccontare l’accaduto. Mischia i fatti di Karen e Lila (gli pseudonimi che utilizza per indicare la madre e la figlia) con le sue sofferenze personali circa la deriva che la società sta intraprendendo nel porsi, da un lato, sempre come facilmente giudicante e, dall’altro, fornendo solo icone femminili sessualizzate in una forma fisica perfetta. Il punto è creare una distanza tra queste due donne e la cosiddetta norma, ed è qui che interviene l’intervento della psichiatria, che deve ricondurre i soggetti “deviati” allo standard dominante.
Alla fine, la domanda che continua a porre a sé stessa, come al pubblico, è: «Pensiamo che il seno sia una cosa oscena oppure che sia solo una parte del corpo?» E la risposta è che la società non vede in un paio di tette solo questo, ma qualcosa di provocatorio, a volte di osceno, strumento sempre e comunque di seduzione erotica.

La bambina in questione viene descritta, in maniera molto accorata dall’interprete, come impossessata da un pensiero fisso, dall’età dei sei anni, perché sfogliava le riviste femminili della madre. Ma è mai possibile colpevolizzare una donna perché non può concedersi uno svago come un altro? Possiamo forse valutare quanto in realtà quelle immagini abbiamo danneggiato anche Karen, in quanto donna e madre, sempre attenta all’estetica e alla sessualizzazione del proprio corpo? Dunque, senza ragionare, «appariamo tutti vittime di un’immagine unica della donna ideale», come afferma la stessa Mascino in una delle tante interviste su questo progetto artistico.

ph. Serena Serrani

La regista, Serena Sinigaglia – classe ’96, diplomata alla Paolo Grassi, e presidente dell’A.T.I.R. (Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca) – ha optato per una recitazione assolutamente realistica. Infatti, la complessità della tematica non viene drammatizzata, né enfatizzata dai movimenti corporei della Mascino, che restano fluidi, naturali, e tesi e stressati nella fase iniziale (le traballa la gamba, fuma nervosa, fa grossi respiri). Quello che deve avere un peso, in questa scelta registica, è l’utilizzo delle parole, che tagliano come lame, perché vanno a corrodere una serie di luoghi comuni contemporanei e alle quali l’attrice sa dedicare le giuste pause.
Forte il passaggio in cui si mette a repentaglio il concetto stesso di innocenza di una bambina, affermando un dato che è lapalissiano a chiunque: i bambini «flirtano», come afferma la psichiatra, attirano l’attenzione, non dandogli quella connotazione altra che però l’adulto nella nostra società gli affibbia.

Il testo tocca anche il mondo della recitazione, in cui il corpo è strumento e ha un peso fondamentale. La scomodità di quest’opera è che non censura nulla e racconta di realtà che molti ignorano: l’esistenza di botox infantili, di feste in cui le bambine sfilano dopo aver partecipato ai cosiddetti “party spa”, tutte abitudini che stiamo ereditando dalla cultura americana.
La forma del monologo sembra richiamare anche un proclama politico, tenuto in un’aula, dove professare dei valori, interrogarsi su questi e non fermarsi mai alla prima presentazione di un episodio accaduto. La dialettica utilizzata, e il tono informale della protagonista, vogliono ammaliarci, farci entrare in empatia con la vicenda di queste donne, tutte e tre, perché la posizione della psichiatra, esterna alla vicenda proprio come il pubblico, diventa, nell’arco della rappresentazione, sempre più partecipe, fino a farci vivere il suo turbamento sulla nostra pelle.

IL SEN(N)O

di Monica Dolan 
titolo originale The B*easts 
traduzione Monica Capuani 
adattamento e regia Serena Sinigaglia  
con Lucia Mascino 
scene Maria Spazzi 
luci e suoni Roberta Faiolo 
assistente alla regia Michele Iuculano 
produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
distribuzione a cura di Mismaonda

Teatro Menotti, Milano | 21 aprile 2024

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.