CHIARA AMATO* | A conclusione dell’undicesima edizione del festival lgbtqia+, Lecite Visioni, al Teatro dei Filodrammatici di Milano, abbiamo intervistato Michele Di Giacomo in qualità di Direttore Artistico ma anche di regista. Infatti, insieme ad Angelo Di Genio, Di Giacomo ha sviluppato lo studio Nascondevo ghiaccio sotto le mie ardenti carezze, che parte da Romanzo di un invertito nato. Si tratta di testo strutturato in quattro lettere datate 1889, che un giovane omosessuale aristocratico scrisse ad Emile Zola, raccontando senza veli le sue esperienze e gli incontri sessuali con i suoi amanti. Lo scopo era quello di diventare il primo protagonista omosessuale di un romanzo di Zola, ma purtroppo questi scritti rimasero un’occasione mancata, e divennero lo studio di un medico sulle deviazioni sessuali dal titolo, appunto, Romanzo di un invertito nato. Sulla scena sono posti pochi elementi d’arredo: uno scrittoio, un comodino con una lampada, una poltrona e un monitor dove vengono proiettati i titoli dei singoli racconti.  A fare da sottofondo alle parole di Di Genio accompagnamenti musicali e giochi di luci di scena che creano un ambiente intimo e confidenziale. Fuori campo vengono utilizzati anche degli audio registrati di interventi di psicologi che esprimono pareri sul personaggio e sui suoi comportamenti.
Forti i tre momenti amorosi, prima con lo stalliere, poi con il compagno di leva militare e infine con il capitano: proprio nel descrivere l’incontro con quest’ultimo viene chiamato sul palco uno spettatore che legga le battute insieme all’attore (citando il mito di Zeus e Ganimede) e la sua immagine viene anche proiettata sul monitor, come in un gioco di specchi/video.

Si è appena conclusa l’undicesima edizione del Festival Lgbtqia+, Lecite Visioni. Vuoi condividere le tue impressioni a caldo rispetto alla partecipazione del pubblico di quest’anno e dirci se hai notato differenze rispetto alle edizioni precedenti?

Impressioni a caldo molto positive, sono contento. È stato un festival partecipato al di là del numero degli spettatori, che comunque è stato al di sopra della scorsa edizione: è stato partecipato soprattutto emotivamente, si è creato un bel calore! C’erano anche molti partner in più, infatti, oltre alla presentazione di spettacoli, abbiamo avuto il laboratorio di Stratagemmi, gli incontri con Antigone che si sono ampliati, il banchetto di Arcigay e la mostra del PAC-Padiglione d’Arte Contemporanea.
Tutta questa rete ha fatto sì che si creasse una bella atmosfera, utilizzando anche di più gli spazi del teatro. Rispetto a un clima di partecipazione generica, questa è stata calorosa, il che poi dovrebbe essere l’obiettivo di un festival.

Per quanto riguarda invece il tema, l’amore: come mai questa scelta e cosa volevi provocare nello spettatore?

Il tema dell’amore è stato scelto perché la volontà e la voglia erano che Lecite Visioni fosse un festival più caloroso, e poi il tema dell’amore è quello più politico che possa esistere, anche se apparentemente non-politico. Il diritto all’amore è in sé per sé l’affermazione del diritto alla libertà perché l’amore è da sempre libero, anche se in costante evoluzione: è quello che ci guida, ciò che abbiamo di irrazionale. E quindi è necessario non incasellare sempre tutto, capire che non è possibile decidere chi si possa amare, quando e in che modo: l’amore cambia e si evolve, così come cambiano e si evolvono l’identità della persona e l’orientamento sessuale. Quindi forse l’amore è la cosa più pericolosa, perché inafferrabile, ed è forse quella che vogliono gestire di più coloro che hanno paura dell’altro e del cambiamento. Abbiamo voluto un tema caldo, emotivo, caloroso, personale, ma che allo stesso tempo poteva diventare fortemente politico.

La programmazione di quest’anno alternava molto spesso spettacoli prettamente ironici e comici a racconti più dolorosi. Come ti sei mosso per la scelta del calendario del festival?

La scelta della programmazione è spinta da quello che io credo sia bello, giusto e bello: nella scelta degli spettacoli guardo in che modo viene trattato il tema, quale tema viene trattato; considero i media e il linguaggio utilizzati e se il tutto rientra chiaramente all’interno di un racconto che vogliamo fare.
Abbiamo aperto il festival con un progetto emotivamente fortissimo, insieme a un gruppo di persone transgender, che si sono raccontate in maniera molto commovente, con delle storie piene di dolore.
Anche il nostro lavoro, Nascondevo ghiaccio sotto le mie ardenti carezze, è di sofferenza.
Affrontare anche le ferite con l’ironia non credo possa essere una cosa sbagliata.

Nascondevo ghiaccio sotto le mie ardenti carezze è un primo studio. Stai pensando di portare avanti questo lavoro per trasformarlo in uno spettacolo vero e proprio, con una durata narrativa e una struttura più complesse?

Assolutamente sì, il lavoro si porta avanti. Abbiamo voluto realizzare un primo studio, nel quale io mi sono occupato della parte registica e del dispositivo e ci tenevo che fosse un dispositivo che mantenesse l’impostazione di studio anche nel suo racconto scenico.
Quindi vogliamo far sì che il pubblico ripercorra lo studio che abbiamo fatto Angelo Di Genio e io e che, immergendosi in questa lettura collettiva poi avessimo la capacità di fare quello che non era stato fatto nel 1890, e cioè di dare voce e rappresentazione alla vita di questa persona. Ogni vita, se raccontata, può dirci qualcosa del mondo e dell’umano più in generale. L’obiettivo è realizzare uno spettacolo: il prossimo step lo faremo a Bologna e poi stiamo discutendo per farlo durante il pride a Teatri di Vita ma mantenendo i punti che in questo studio ci hanno convinto anche rispetto ai feedback che abbiamo avuto.

Rispetto alla collaborazione con Angelo, l’intenzione è continuare a sviluppare il progetto con una sola persona in scena e con questo confronto dialogico con il pubblico?

Per ora sì. L’idea è che possa restare un monologo, anche perché c’è molta necessità di una regia forte per questo studio data la forma ibrida e visto che stiamo inserendo altri media come il video. Penso possa essere giusto che io mi concentri sulla regia e Angelo sull’interpretazione. Però vedremo.
E poi comunque credo che possa essere anche bello pensare a degli sviluppi: per ora ci siamo concentrati sulle prime due lettere, ma sappiamo che il materiale in realtà è più ampio perché c’è una risposta da parte dell’anonimo autore delle lettere.

 

NASCONDEVO GHIACCIO SOTTO LE MIE ARDENTI CAREZZE

uno studio da Romanzo di un invertito nato
progetto di Michele Di Giacomo e Angelo Di Genio

Teatro dei Filodrammatici, Milano | 6-12 maggio 2024

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.