RENZO FRANCABANDERA | Secondo week end per la quarta edizione del Festival curato dall’Associazione Culturale alberTStanley, fino al 25 giugno 2011 nel complesso storico di Villa Aldrovandi Mazzacorati a Bologna
Lo scenario è straordinario: una delle più belle ville storiche di Bologna, residenza sanitaria durante il giorno e magico luogo di incontro sia all’interno della villa (che meraviglia il teatrino del 700), sia nella bellissima vegetazione che abbondante lo circonda.
E’ questo il palcoscenico all’interno del quale si esibiscono gli artisti, chiamati dalla direzione artistica a raccontare, a provare, ad essere liberi perfino di sbagliare.
Il progetto, partito dal 2008, ha sempre raccolto adesioni importanti dell’arte e della cultura performativa emiliana e non solo: un focus su tutti gli aspetti della drammaturgia presenti in ogni forma espressiva, attraverso un impulso a relazioni inedite tra le diverse discipline. Il programma di ogni giornata è multidisciplinare, dal teatro, alla danza, dalla performance alla musica e al video, e offre agli spettatori la possibilità di fruire in una sola sera di più forme spettacolari, che si succedono dalle 20 alle 24.00.
E’ un’offerta culturale di primo livello, fatta per un numero di persone coerente con la necessità di favorire una comunicazione fra tutti, un momento d’incontro civile: nessun afflusso oceanico, ma un numero importante di persone che in queste sere hanno scelto comunque la cultura in una Bologna certo non priva di offerte e di occasioni di piazza, come l’evento Santoro ecc.
Nonostante questo il festival ha fatto registrare sempre un numero di presenze assai significativo, a testimonianza che il pubblico per questi eventi non è affatto di nicchia.
Prima di raccontare gli eventi passati, raccomandiamo innanzitutto quello che lo spettatore potrà fruire in questo ultimo week end con la performance del collettivo inglese Pixel Rosso (di Silvia Mercuriali e Simon Wilkinson sono i membri del sodalizio Rotozaza) che presentano “And the birds fell from the sky”, una performance interattiva in cui il pubblico prova emozioni non marginali. Due spettatori per volta fra cinema e teatro. Imperdibile.
Sempre stasera il debutto del nuovo lavoro di Macellerie Pasolini, compagnia legata alla direzione artistica del festival che torna sulla scena dopo “Love car”, forte lavoro sull’eutanasia, proposto, fra l’altro, al Kilowatt festival l’anno scorso.
Oltre all’installazione di Elisa Fontana, il festival chiude domani con un’ulteriore performance di danza di Stefano Questorio, danzatore atipico e totalmente sciolto dai circuiti ufficiali ma molto attivo e presente (ricordiamo le date che l’artista ha tenuto di recente a Milano al Pim Off e al Festival Danae). Altr velocità seguirà con una diretta radio tutti gli eventi dell’ultima sera, con la conduzione di Lorenzo Donati.
Cosa ci ha colpito del primo fine settimana.
Innanzitutto diciamo che la sede del festival è un posto fantastico, che tutti i bolognesi dovrebbero sentire proprio e riappropriarsene. Poi:
– la bella pazzia recitativa di Angela Amalfitano che da dentro una bara portata a spalle racconta la morte dell’arte e dell’attore con il testo “La regina degli Elfi”, tratto da un monologo di Elfriede Jelinek;
– Hana-ni, giovane collettivo di danza urbana bolognese: questi ragazzi, tra i finalisti al Gd’A in Romagna, hanno proposto una performance con musica dal vivo di interesse, ispirata al mondo del manga e dei cartoni animati, ma che arriva senza difficoltà e con intelligenza, complice un delizioso gioco di ombre e un’animalità gestuale, a parlare del genere umano. Non hanno uno spazio per provare. Peccato. Servirebbe un Jeeg Robot d’Acciaio che gli lanci i componenti per proseguire l’interessante ricerca;
– Fratelli Broche: l’estetica sia video che scenica di questo gruppo (soprattutto quella video, invero) ricorda le foto barocche e crude di David LaChapelle e alcune pose da Tamara de Lempicka. Il tema è crudo, per uno spettacolo che si compone di una parte video (ben girata) e una teatrale, che dopo un inizio promettente di pasoliniana memoria (le 120 giornate sono dietro l’ancolo, con i borghesi ad ammirare la sevizie che essi stessi perpetrano sul genere umano) esauriscono il discorso con una cacciata dal paradiso terrestre che lascia la sensazione dell’irrisolto. Dopo aver creato una bella aspettativa di volo, l’atterraggio è su una pista troppo piccola. Un invito a cercare di definire meglio il contenuto;
– Stesso invito, forse ancor più vivo va rivolto a Leggere Strutture, che nonostante la bella location fra gli alberi, non riesce a convincere, con un lavoro site specific, “Object”, che gioca su rimandi fra classico e contemporaneo senza arrivare a una vera fusione fra i linguaggi (o le loro distonie), perdendosi in un autocompiacimento di cui occorre liberarsi sempre. Anche perche a loro lo spazio per provare non manca.
Non possiamo, infine, non menzionare il primo studio di Cosmesi su “un luogo abbandonato”. Il luogo abbandonato è il teatro e loro riescono a tenere il pubblico incatenato per quasi mezz’ora con un solo altoparlante in scena a trasmettere suoni industriali e una voce off che dice come il teatro è solo l’ennesima istituzione che non ci vuole. Sempre nel meraviglioso teatrino di cui sopra. In quella meravigliosa villa, nel centro di Bologna.