SARA PERNIOLA | Nel panorama drammaturgico novecentesco le opere di sperimentazione teatrale di Pier Paolo Pasolini si stagliano come parabole artistiche capaci di provocare una costante tensione critica e una curiosità intellettuale sempre vibrante: è ciò che accade in Pilade, opera scritta nel 1966 come fosse una sorta di quarto capitolo dell’Orestea di Eschilo, in cui l’autore si approccia a un grande mito, lungo la feconda dialettica tra antico e moderno, scegliendo come protagonista il fedele amico di Oreste – appunto Pilade – che nella trilogia greca rimaneva marginale.
La regista e drammaturga Giorgina Pi ha indagato la tragedia pasoliniana portando in scena il suo Pilade, in prima assoluta al Teatro Arena del Sole di Bologna, inscrivendolo nel progetto di ERT “Come devi immaginarmi” – ideato da Valter Malosti insieme al critico d’arte, scrittore e accademico Giovanni Agosti – che ha preso avvio nel novembre 2022 ed è dedicato a Pier Paolo Pasolini per il centenario della sua nascita.
Non stupisce che questo spettacolo restituisca al pubblico un’esplosione di creatività e interdisciplinarietà, uno scavare nell’inconscio e nell’immaginario, da sempre elementi caratterizzanti di Giorgina Pi e del prezioso gruppo composto dalla compagnia Bluemotion e dal collettivo romano Angelo Mai che, in nome di una visione comune e con i loro lavori intensi, attenti e curati, riescono sempre ad approdare a risultati profondamente originali e persuasivi. Un esperimento di «mitopoiesi» – definito così dal dramaturg Massimo Fusillo -, nonché un «dialogo ideologico» tra le fonti classiche e il contemporaneo.

Questo spettacolo si inserisce in una ricerca drammaturgica che ha attraversato molte tappe. Da sempre, infatti, la regista si dichiara affascinata dal mito (ricordiamo, a tal proposito, gli spettacoli Tiresias, Guida immaginaria e Lemnos), poiché esso custodisce il mistero della realtà, rompendo i margini della razionalità. È per questo che il suo è un approccio di natura quasi filologica allo scritto originale, nonostante i tagli operati e la ricostituzione di un nuovo ordine dei personaggi. Se il testo, poi, esige tanto, lo fa anche la rappresentazione teatrale, sia in termini di interpretazione sia di emotività: Pilade è, infatti, colorato a tinte scure, lungimirante e controverso, seppur non tragicamente nichilista; grazie a un impianto scenico essenziale e preciso, asciutto e statico, che ritrae una ambientazione post-rave (immaginata prima del recente interesse del governo per il tema) poco prima degli anni Duemila, viene attualizzata l’opera di Pasolini, ovvero cosa sarebbe accaduto dopo la decisione del tribunale dell’Areopago di Atene di assolvere Oreste e accettare il suo ritorno nella città di Argo.

ph. Guido Mencari

L’apparato scenografico di fronte ai nostri occhi è qualcosa di già visto, un immaginario già frequentato in più occasioni: un grande parcheggio dove sorgono la carcassa di un’automobile e una roulotte, pile di copertoni e ruote sparse. Rovine di un tempo che fu. Una città – Argo – che, dopo aver sepolto i suoi sovrani, Agamennone e Clitennestra, è rimasta immobile e orfana del suo erede al trono, Oreste – interpretato dall’intenso e poetico Gabriele Portoghese – esiliato e inseguito dalle Furie dopo il matricidio per aver vendicato il padre. I bravissimi Nico Guerzoni e Laura Pizzirani sono gli interpreti del Coro, voci di una collettività e in relazione dialogica quasi costante con Oreste, pronto a essere eletto principe democratico e ad affermare la volontà di Atena, dea della Ragione. La città, così, si divide. Uno squarcio nei pensieri e nelle azioni che ritroviamo, da un lato, in chi si abbandona alla speranza e crede alla modernizzazione (e quindi al capitalismo) portata dal messaggero di Atena; dall’altro in chi confida nel Passato e nella Tradizione simboleggiati da Pilade, vero protagonista del dramma. Da sempre fedele, inseparabile e silenzioso compagno del figlio di Agamennone, il carismatico e struggente Valentino Mannias è Pilade che ci viene presentato subito come «la diversità fatta carne», portatore dell’utopia di una sintesi – abbattere l’ingannevole progetto democratico di Oreste e Atena guidando una rivoluzione – destinata a cadere nella contraddizione. 

L’interpretazione avvolgente delle attrici e degli attori che si impone fin dall’inizio riguarda anche Elettra (la sofferente e decisa Aurora Peres), che stringerà con il fratello un’alleanza per la salvezza, modulando la sua forza reazionaria legata ad antichi valori ormai perduti; in Atena – interpretata da Sylvia de Fanti, elegante e feroce in tailleur e stivali in vernice neri -, deus ex machina razionale e imparziale, nata dalla testa di Zeus senza conoscere il trauma del parto, che interviene per risolvere i conflitti umani e profetizzare la rivoluzione. Una dea che ha trasformato le Furie, perseguitanti divinità del passato, in Eumenidi, divinità dei sogni e del futuro, e che la regista fa alloggiare in una roulotte, mantenendo intatto il senso della relazione tra giustizia e ragione e anticipando quello tra dignità e povertà, rappresentato dalle forze rivoluzionarie che vivono sulle montagne.

ph. Guido Mencari

In questa pièce, infatti, i personaggi sono anche metafore per rappresentare la società contemporanea: se l’esercito di contadini narrato da Pasolini con cui Pilade prepara la sua guerra è un chiaro riferimento ai partigiani e all’esperienza della Resistenza, qui è un mondo rurale che vive in un’Africa sfruttata, povera, alla ricerca disperata di un riscatto: così il vecchio – interpretato da Anter Abdow Mohamud – consegna le notizie in somalo che vengono tradotte dalla giovane attrice italo-ghanese Cristina Parku, a testimonianza di una seconda generazione che accoglie l’eredità dei padri. Tra lei e Pilade – come rivela la regista – di conseguenza si crea un dialogo privilegiato, immaginando che Antonio Gramsci (sul cui modello Pasolini scrisse il personaggio di Pilade) potesse parlare a una giovane afrodiscendente di oggi. 

Lo spettacolo si avvia alla conclusione mostrando il protagonista che si chiede, sconfitto e dannato, quale sia «il senso per cui l’intrico di un’esistenza che ha tanto cercato qualche verità possa ora sciogliersi in una pura e semplice incertezza». Il coraggioso Pilade diventa così l’«Ingenuo Pilade»: la sua rivolta non ha più significato ed è destinata a fallire ancor prima di cominciare. È l’eroe rivoluzionario di un atto mancato.
L’identità dei personaggi è, dunque, molto forte, sintomatica della necessità di parlare di cose urgenti, come la condizione dei migranti o la misteriosa fascinazione per “corpi altri”: è per questo motivo che sono state coinvolte
le persone rifugiate con cui lavora il gruppo Cantieri Meticci di Bologna, ma anche un’attrice attivista transessuale – Nicole De Leo,  volto (insieme a Porpora Marcasciano) del Movimento Identità Trans – per raffigurare le Furie tramutate in Eumenidi, lavorando con un attore transgender come Nico Guerzoni sull’ambiguo fascino esercitato da un giovane fascista (di forte impatto è il gesto in cui, nel primo episodio, rompe la croce celtica che porta al collo per diventare seguace di Oreste).

ph. Guido Mencari

Pilade è una rappresentazione teatrale che offre diversi livelli di lettura del mito – il fato e la sete di giustizia, l’esperienza dell’antitesi tra la volontà di affermare una nuova ideologia e la rivelazione della sua inattuabilità – grazie a performance attorali evocative e monologhi intensi, rendendo accessibile al pubblico che conosce l’opera pasoliniana un testo stratificato e una lingua complessa, poverissima di azione. Ci ricorda che esistono alcuni aspetti dell’esistenza che non possono essere mai davvero pacificati; l’ordine del mondo rimarrà probabilmente inalterato sotto la sguardo ironico della Ragione, e che ciò che – purtroppo – fa ancora paura e che bisogna davvero comprendere è la Diversità.

PILADE

di Pier Paolo Pasolini
uno spettacolo di Bluemotion
regia, scene, video Giorgina Pi
con (in o. a.) Anter Abdow Mohamud, Sylvia De Fanti, Nicole De Leo, Nico Guerzoni, Valentino Mannias, Cristina Parku, Aurora Peres, Laura Pizzirani, Gabriele Portoghese e con Yakub Doud Kamis, Laura Emguro Youpa Ghyslaine, Hamed Fofana, Géraldine Florette Makeu Youpa, Abram Tesfai
dramaturg Massimo Fusillo
ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai
musica e cura del suono Cristiano De Fabritiis – Valerio Vigliar
disegno luci Andrea Gallo
costumi Sandra Cardini
assistente alla regia Giorgio Zacco

direttore tecnico Massimo Gianaroli
direttrice di scena Paola Castrignanò
capo macchinista Mauro Fronzi
capo elettricista Andrea Gallo
fonico Cristiano De Fabritiis
sarta Elena Dal Pozzo
scenografa decoratrice Benedetta Monetti
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, in collaborazione con Angelo Mai e Bluemotion
nell’ambito del progetto Come devi immaginarmi” dedicato a Pier Paolo Pasolini

Teatro Arena del Sole, Bologna | 18 febbraio 2023