ELENA SCOLARI | Si è tenuto a Bergamo dall’1 al 4 marzo 2012 il festival delle residenze teatrali lombarde aderenti al Progetto Etre di Fondazione Cariplo. 2830 minuti di spettacoli sparsi per i luoghi teatrali della città.

La maratona teatrale ha registrato grandi numeri: 46 repliche per 26 titoli, 5.000 spettatori, 95 operatori culturali presenti, una macchina notevole. Entriamo nel dettaglio di alcuni spettacoli e per onestà di cronaca confessiamo di aver visto circa un terzo dei titoli in cartellone, facciamo quindi un reportage parziale.

Le compagnie che formano il gruppo di residenze  finanziate da Fondazione Cariplo in Lombardia sono realtà molto eterogenee tra loro, abbiamo quindi avuto la possibilità di vedere un panorama piuttosto variegato nelle tendenze teatrali di compagnie cosiddette “giovani”.

Progetti ambiziosi (e quindi rischiosi) hanno messo in difficoltà Araucaìma e Ilinx. I primi hanno presentato un Caligola complesso e composito ma alla fine noioso, lo spettacolo è diviso in quattro quadri detti “passio”, annunciati da striscioni tra il brechtiano e le proteste no-Tav, il perfido imperatore romano in scena non è abbastanza perfido, questo è il problema principale di uno spettacolo che punta molto in alto ma deve fare i conti con una materia difficile come l’immoralità: non è sufficiente dirla, bisogna incarnarla, nel caso di Caligola fino alla sgradevolezza. La cifra della compagnia è quella di inserire parti del testo cantate in coro, anche qui avviene, con qualità alta, ma questi inserti non risultano amalgamati con il resto, come invece fu per l’ammirevole spettacolo Foch.

Devil, twist & shout è lo spettacolo di Ilinx, anche qui ci si misura con temi e personaggi grandi e scivolosi: il male e il diavolo, niente meno. Nicola Castelli avrebbe un viso abbastanza mefistofelico per convincerci come diavolo, anche qui manca però un po’ di diabolica sottigliezza, è un demonio un po’ troppo esplicito e che non si sa abbastanza insinuare nelle vite dei personaggi archetipo che incontra: un teologo da cabaret, un politico chiaramente ispirato al sempreverde Berlusconi, un genio della finanza, ovviamente cattivo. Troppi Luoghi Comuni! Lo spettacolo ci mostra un diavolo che ha perso la bussola, insieme alla sua identità, a causa di un mondo ormai senza differenza tra bene e male. Purtroppo negli intermezzi tra un incontro e l’altro, vediamo alcune scene, improbabili anzichenò, tra una donna ingenua e due pseudobarboni un po’ beckettiani (si cita alla grande ma senza costrutto, ahinoi) che ci confondono assai, e ci fanno dire che l’idea di questo lavoro deve essere rivista a tavolino, ristudiata e chiarita nei suoi intenti.

Veniamo ora a due spettacoli che invece ci hanno lasciato il dolce in bocca grazie ad un evidente lavoro di “pensiero” dietro alla realizzazione scenica: Il nulla di Aia Taumastica, compagnia fondata e diretta da Massimiliano Cividati e It’s always tea time del Teatro delle Moire.

Il nulla è uno spettacolo concepito con la logica della playlist, pertanto formato da una serie di situazioni apparentemente slegate tra loro ma unite da un filo di senso. Cinque bravi attori si muovono in uno spazio bianco con alcuni oggetti (un divano, due file di sedie laterali alla scena, un tavolo) e interpretano dei “brani” di vita con grande espressività, brani nonsense, brani anche surreali e ironici, a volte drammatici, tutti tesi a dimostrare la superficialità con cui l’uomo affronta fatti e sentimenti dell’esistenza. Nonostante l’asetticità dello stile scelto da Cividati emerge una riflessione profonda sulla odierna mancanza di strumenti emotivi saldi che ci mettano in grado di  dominare noi stessi e ciò che facciamo. Aia Taumastica ci ha presentato un lavoro intelligente.

Teatro delle Moire è affine a questa intelligenza per sensibilità estetica: It’s always tea time prende spunto da Alice nel paese delle meraviglie, vediamo una lunga tavola che viene continuamente apparecchiata e sparecchiata con grande attenzione gestuale, gli attori sono muti, servi muti del rito ancestrale del pasto, dell’incontrarsi ad un desco, con tutte le piccole guerriglie scherzose che si possono verificare a tavola. Anche qui tutto è bianco, la pulizia della scena corrisponde a grande precisione di gesti, che acquistano significato, estetico o sostanziale, mentre li vediamo accadere, la quintessenza del “mettersi in scena”, se nello spettacolo Il nulla assistiamo a tranci di vita indipendenti dalla nostra presenza, le Moire creano un teatro fatto apposta perché noi lo guardiamo.

Suggeriamo soltanto un po’ di sintesi, alcune insistenze non giovano al tono divertito della messinscena.

Teatro Periferico con UmidoeVento ha portato al festival uno spettacolo dedicato agli autori del lago, i personaggi dei romanzi di Piero Chiara, Liala, Morselli, si incontrano in un improbabile albergo, rappresentano i loro autori in attesa di una fantomatica giuria di un premio letterario. Un’idea che permette di dare vita alle parole di scrittori che hanno in comune atmosfere acquatiche e lacustri, un intreccio simpatico che nella prima parte risulta però un tantino confuso, anche per la presenza di ben nove attori, un disordine che deve essere meglio governato ma in cui sentiamo molto affetto per le pagine animate dalla regia di Paola Manfredi.

Al festival Luoghi Comuni erano presenti anche operatori e compagnie internazionali, abbiamo visto due spettacoli di danza di compagnie straniere: SIN con Revolution e Scottish Dance Theatre con un tris di performances singole. SIN viene dall’Ungheria, è un gruppo composto da giovanissimi danzatori la cui prepotente energia è ancora da incanalare in modo molto più rigoroso e costruttivo. I ragazzi sono pieni di entusiasmo ma chi li dirige deve trovare come dare forma a questo slancio. La coreografia di Revolution vuole parlarci della spinta umana alla rivolta contro le ingiustizie tutte, la spinta è indubbiamente presente ma l’intento di denuncia sparisce in una sconnessa e continua agitazione e inultilmente rumorosa. La mano del coreografo/regista deve essere più presente.

Scottish Dance Theatre dalla Scozia è invece compagnia di maggiore esperienza e di evidente qualità. Abbiamo visto tre diverse coreografie, tutte e tre molto curate e che mostrano l’indubbia capacità tecnica dei danzatori unita ad una leggerezza non priva di forza. Movimenti e corpi belli da vedere, che raccontano emozioni e idee. In particolare il duetto Drift ci è sembrato potente e profondo al tempo stesso.