baires2ANTONELLA POLI | « Regarder parfois voir », ci dice Jacques Borgetto durante il nostro incontro dell’11 giugno scorso. Parigi é la sua citta. Ma lui  é  il fotografo dei viaggi, dei paesaggi e degli animali. La fotografia é stata da sempre il suo mestiere come lo stesso autore afferma. Quest’arte gli dà la possibilità di concretizzare in immagini la sua sensibilità verso gli esseri umani, di cogliere le luci e la forza della natura , di scrutare al di là degli sguardi di un semplice cane. Di origine italiana, (suo nonno paterno era piemontese), ha cominciato a viaggiare molto presto per mettere al servizio del suo “occhio” acuto la sua caméra. Fedele alla tecnica tradizionale dell’argentique, oggi Jacques Borgetto si é aperto anche al digitale, senza che il suo stile sia cambiato. L’Argentina, il Cile, il Tibet, il Mali sono state le sue mete importanti che gli hanno permesso di descrivere con un realismo acuto queste parti del mondo lontane dalla sua Francia mettendone in rilievo gli aspetti più nascosti, inconsueti e soprattutto fotogrando e immortalando l’anima delle popolazioni che incontrava sul suo cammino. Viaggi esplorativi, pieni di carica umana, di cui oggi Jacques Borgetto ne riconosce tutto il valore per l’arricchimento che gli hanno fornito. Le sue collezioni permanenti alla Maison de la Photographie européenne testimoniano il suo percorso d’artista.

Dopo pubblicazioni come L’autre versant du Monde, Nous avons fait un Beau Voyage et Terres Foulées (Ed. Filigranes), oggi appare nella collana Portraits de villes[1] delle edizioni Be-Pôle, Buenois Aires. Il primo incontro del fotografo con questa città era avvenuto anni fa quando spinto dal desiderio di ritrovare i suoi parenti paterni si era recato laggiù. Grazie alla loro esperienza, aveva potuto cominciare a conoscerne gli usi e costumi, a coglierne gli aspetti più contradditori, a frequentare le milonga, ascoltare e vedere il tango e a entrare in contatto nei bistrot con la popolazione la più eterogenea della capitale sudamericana. L’occasione del progetto di  questo nuovo Portrait de ville  ha ricondotto Jacques Borgetto a Buenos Aires.

Ancora più che la prima volta, ha identificato questa città come ville de nuit , gioiosa, architettonicamente diversa nei suoi stili con i suoi grattacieli e le case abbandonate, e contraddittoria per le differenze sociali esistenti. Non esistono classi intermedie, si passa dai quartieri più poveri e sporchi ove gli sguardi della gente esprimono il disagio e l’umilità a quelli più ricchi ove si vive agiatamente. Questo é uno dei temi delle fotografie di questo libro,  che possono essere lette secondo tre filoni principali : il contrasto stilistico dell’architettura, i bistrot e il tango, i paesaggi.

Baires4L’elemento umano, che é sempre messo in risalto, le arricchisce donandole l’anima. Sguardi comuni e sorpresi s’incrociano nei bistrot, passionali nei duo di tango, e nei paesaggi in cui la popolazione locale é ritratta nei loro aspetti quotidiani. Prevale il bianco e nero, il colore appare nelle foto scattate nel Delta del Tigre ( questo nome proviene dall’appellazione data dai primi colonizzatori europei ai giaguari del Sud America), zona che fa parte di Buenos Aires e che é situata all’estremità  sud del Rio Paranà. In particolare, ne viene ritratta la natura rigogliosa con le sue luci e ombre, le sue costruzioni caratteristiche, come delle palafitte, che ospitano gli indigeni del luogo. Il contrasto appare tra la semplicità di vita degli abitanti del luogo e  le tinte forti della vegetazione che risaltano vigorose dappertutto.

Due fotografie di questo libro suscitano curiosità: sono quelle in cui il fotografo gioca con l’infinito, aprendo degli spazi di lettura al limite dell’inganno. Come credere che si tratti di un cavaliere che attraversa la sommità di una scalinata quando in realtà é solo una statua ? E come immaginare che l’uomo che si pensa si stia gettando nel vuoto in realtà é anch’esso solo un bronzo? Basta trovarsi di fronte a queste due foto per crederci e riconoscere le doti fotografiche dell’artista. Questo libro dà un ritratto di Buenos Aires che va al di là dei luoghi comuni che si conoscono e ci apre una panoramica a trecentosessantagradi su questa capitale del Sud America.

« Il faut qu’une cause sentimentale devienne une cause formelle pour que l’œuvre ait la variété du verbe, la vie changeante de la lumière » scriveva Bachelard, e l’arte di Jacques Borgetto ne é un esempio.


[1] Della stessa collezione fanno parte Roma, Napoli, New York, Brasilia, Sarajevo, Parigi per citarne alcune