ELENA SCOLARI | Una bambola traballante, Serena Balivo è una bambina che a passettini si muove sulla scena vuota, un incedere incerto che ricorda le ballerine dei carillon f75db1_b718d22b1c104468a8a17935654ceef7.jpg_srb_p_600_612_75_22_0.50_1.20_0.00_jpg_srbd’un tempo, gonnellina a palloncino e scarpine baby.
Ma la fanciulla ha opinioni ben salde, fin dal suo primo giorno di scuola ci racconta con ironica lucidità l’aspetto plumbeo dell’istituto e con divertito distacco ci parla di dirigenti scolastici illogici e di compagni improbabili.
La voce del personaggio è infantile, si rende adulta solo quando vuole farci capire che il suo racconto è quello di un viaggio assai meno banale di ciò che sembra: è un itinerario infernale nella vita, tappe che tutti attraversiamo scendendo (e risalendo) tra gli incontri, con le persone, con il lavoro, con la ridicola burocrazia che costringe a descrivere il proprio mondo e il proprio ruolo secondo regole ed espressioni coniate da altri e che appiattiscono le particolarità in modelli tanto fintamente complessi quanto ordinari.

Il testo de L’inferno è la fanciulla è scritto da Mariano Dammacco con l’interprete Serena Balivo, è un testo intelligente (qualità non così frequente nella drammaturgia contemporanea italiana), un testo che con la soavità dell’umorismo sa suggerire un pensiero acuto che può scaturire solo da chi guarda le cose con profondità, da chi osserva intorno a sé (e dentro di sé) con la consapevolezza di dover cercare, testardamente, una condizione che permetta di crescere, anche quando si è già grandi, perché grandi non si è forse mai veramente.
E allora la bambina che estrae dalla sua cartella gli oggetti del viaggio ci appare un’esploratrice accorta, un po’ eccentrica, sì, ma tutti ci siamo sentiti come lei, tutti vorremmo una borsa di Eta Beta nella quale trovare la soluzione: una mappa per ritrovarci o un ombrello per difenderci, oppure l’immaginazione per giocare quando inventarsi uno stato di cui si è regnanti consente di lasciar fuori tutto quello che non capiamo.

Si ride, si ride spesso con questa bambina spiritosa, buffa nel suo essere già capace di prendersi in giro, caratterizzata da un atteggiamento cogitabondo sul mondo e su tutto ciò che lascia perplessi, una piccola filosofa il cui principio primo sembrerebbe essere un coraggioso buon senso, un personaggio che si presenta come surreale ma risulta infuso di una saggezza invidiabile.

Abbiamo seguito la Piccola Compagnia Dammacco e l’attrice Serena Balivo da Assedio a L’ultima notte di Antonio e in questo spettacolo apprezziamo maturazione recitativa e originalità di interpretazione evidenti.
La qualità della scrittura del testo è data anche dal saper evitare il ditino alzato, le riflessioni si insinuano senza mai suonare professorali. I pensieri tintinnano, non tuonano, ma quel suono lieve riverbera in testa a lungo.

«L’inferno Ḕ la fanciulla», pronuncia Balivo con voce di donna, sta tutto dentro di noi, il mostro e l’angelo, il buio e la luce, la vita sta nel governarli.

 

L’INFERNO E LA FANCIULLA

con Serena Balivo
ideazione e drammaturgia Mariano Dammacco, Serena Balivo
regia Mariano Dammacco
immagine di locandina Stella Monesi
foto di scena Luca del Pia

produzione Piccola Compagnia Dammacco
con il sostegno di Campsirago Residenza
primo studio vincitore del Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro