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RENZO FRANCABANDERA ed ELENA SCOLARI | RF: Il ritorno del collettivo berlinese She She pop a Milano ospite, grazie alla collaborazione con Zona K, del Teatro Franco Parenti, avviene con un lavoro singolare, Sacrificio di Primavera, un’indagine sul rapporto madre figlia, che accomuna tutte le interpreti in scena. Lo fa riferendosi già dal titolo all’opera di Stravinskij, un’opera che ad inizio del Novecento diventò emblematica del rapporto fra la danza e l’arte, mescolando il classico dei linguaggi tradizionali con l’innovazione del contemporaneo, in un melting pot di simboli che parte dalla tradizione russa per avvicinarsi all’occidente, una parabola che ricorda quella del grande musicista.
ES: Igor Stravinskij nasce russo, si naturalizza francese e muore americano. Compone Le sacre du primtemps nel 1913, messo in scena dieci anni dopo dai Balletti russi in Francia con le coreografie di Nijinskij.
L’opera rappresenta un antico rito sacrificale russo tenuto all’inizio della primavera: un’adolescente veniva scelta per ballare fino alla morte con lo scopo di propiziare la benevolenza degli dèi in vista della nuova stagione.rite_nijinsky_originale.jpg

She She pop sceglie di tessere il proprio lavoro sul rapporto madre-figlia e sul concetto di sacrificio cucendone i drappi tematici sulla stessa struttura delle parti musicali che compongono il balletto:
– introduzione
– gli auguri primaverili
– gioco delle tribù rivali
– corteo del saggio
– cerchio mistico delle adolescenti
– glorificazione dell’Eletta
– evocazione degli antenati
– danza sacrificale
Si crea così una costruzione per quadri, talvolta un poco forzata, che solleva dal compito di una drammaturgia fluida e concatenata.

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RF: L’operazione adatta allo schema dell’opera musicale un ragionamento sul tema della genitorialità che cerca nel corso della rappresentazione di spiegare differenze e somiglianze, distanze e prossimità, fin quasi ad una dimensione assoluta del femminile, ritratto nella sua multiforme diversità, e cercando di rintracciare in questi ritratti che giocano anche sul tema del tempo, il tema del sacrificio, insito probabilmente nel rapporto genitoriale.

ES: Nella presentazione del lavoro le quattro attrici in abiti casual (o dovremmo dire performer? mah) “asseriscono” una serie di cose, affermano molto su loro stesse e forniscono informazioni sul loro personale. Poi entrano le loro madri, non fisicamente ma proiettate sulle quattro grandi strisce di tessuto appese alla graticcia (4/5 metri di lunghezza). Le conosciamo così. Giganti. Incombono? Sì, anche; però proteggono, vegliano, si fanno protagoniste anche più delle loro creature: loro le hanno messe al mondo e le figlie le hanno messe in scena.
L’andamento di ritmo ha un bel crescendo, complessivamente, tu hai trovato l’introduzione un po’ sbilanciata nei tempi?

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RF: Il gioco fra la presenza in carne ed ossa e quella delle quattro madri in videoproiezione registrata è straniante. Pone come sempre il tema del dialogo non facilissimo fra tecnologia e verità in scena, e considerando che poche cose come il biologico senso della maternità hanno riverbero nelle nostre coscienze, è evidente che vedere le madri in una bidimensionale superficie di telo, dentro un meccanismo di auto narrazione per asserzioni come quello cui hai fatto riferimento e che è ora abbastanza in voga, forse troppo, spinge via l’attenzione, complice anche la barriera linguistica che ci costringe al sovratitoli.
Lo spettacolo di fatto si compone di due fasi: una di parola e una di coreografia. E’ forse non casuale che la forza evocativa di questo rapporto ancestrale arrivi più potente quando le parole finiscono e la forza della musica e dell’elemento coreografico prendono spazio, uno spazio fatto di un dialogo più serrato dei corpi in scena con la proiezione, realizzato anche tramite la sovrapposizione di immagini fra le figure materne e le riprese dal vivo in backstage delle attrici, che così finiscono proiettate nello stesso mondo di rappresentazione in cui sono chiuse le madri.
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ES: C’è uno stacco netto tra l’inizio tutto informativo e l’arrivo della musica di Stravinskij che ribalta il fuoco su un racconto che diviene tutto visuale, per altro con richiami artistici belli e significativi: le grandi foto di Andres Serrano, dai colori saturi e nitidi, al cinema muto degli anni ’10/’20, all’epressionismo (russo e tedesco), a certo Hitchcock affezionato alle inquietanti proiezioni dell’inconscio…

RF: Gli elementi video-coreografici della seconda parte dello spettacolo sono profondi e intensi, e riescono ad arrivare a quel dialogo vero fra componente registrata e videoproiettata dello spettacolo e presenza delle performer in scena. risolvendo il tuo dilemma iniziale, ritengo che l’elemento performativo in questa creazione sopravanzi quello drammaturgico-attorale.

ES: Infatti c’è un’incrinatura non risolta tra l’estrema attenzione alla forma, anche fatta dei contrasti cromatici, che rappresenta di fatto il linguaggio di questo lavoro e il tentativo di inserire battute fuori onda delle madri come a ricordare che la morfologia dello spettacolo si è sviluppata in progress e non a tavolino. Questo contrasto montato ex post interrompe la forza comunicativa. Così come la dichiarazione d’intenti finale.

RF: Questo è il classico caso in cui la soppressione quasi totale della parola e la concentrazione sull’elemento simbolico avrebbero dato all’opera quella rotondità utile a sigillare il lavoro con la sua stessa potenza. Tanto ricercata, insistita e artificiale è la prima parte dello spettacolo, fatta di parola e di un tempo assai lento, tanto forte e viscerale la seconda, con la tumultuosa parte coreografico-simbolica. Il vero “sacrificio” è stato attenderne l’arrivo.

Sacrificio di primavera

di e con Cornelia e Sebastian Bark, Heike e Johanna Freiburg, Fanni Halmburger, Lisa Lucassen, Mieke Matzke, Irene e Ilia Papatheodorou, Heidi e Berit Stumpf, Nina Tecklenburg
video Benjamin Krieg e She She Pop
produzione She She Pop
coproduzione Hebbel am Ufer, FFT Düsseldorf, Mousonturm Frankfurt, Kaserne Basel, brut Vienna, German Language Theater Festival of Prague/Archa Theater Prag, Kyoto Experiment, Théâtre de la Ville/Festival d’Automne à Paris
con il sostegno di Città di Berlino e Hauptstadtkulturfonds Berlin

Supported by the NATIONALES PERFORMANCE NETZ International Guest Performance Fund for Dance, which is funded by the Federal Government Commissioner for Culture and the Media.