ANTONIO CRETELLA | Le mode, per loro natura liquide e transitorie, sono soggette a una continua e vorticosa evoluzione non lineare in cui elementi antitetici si rincorrono in un continuo gioco di recuperi ed esclusioni. Ciononostante, come per scienze dure, anche la moda si fonda su alcuni assiomi fondamentali, verità essenziali e autoevidenti che fungono da criterio di base, da struttura portante e motore immobile dell’incessante turbinio delle tendenze. Tra questi principi primi vi è sicuramente l’affermazione secondo cui “il nero va su tutto”, una sorta di quinto postulato di Euclide della sartoria di alto livello. L’importanza di tale conquista intellettuale è tale da travalicare gli angusti confini della moda e trovare applicazione anche in altri ambiti. Molto prolifico ad esempio è il suo utilizzo in politica, campo in cui si è rivelata una sorta di pietra filosofale in grado di fornire una spiegazione di ogni fenomeno, ai limiti di una Teoria del Tutto: problemi di lavoro? Colpa del nero; problemi di sicurezza delle città? Sempre colpa del nero; evasione fiscale? Nero; una pandemia proveniente dall’Asia tramite rotte commerciali? Nero. L’economicità e l’efficacia della reductio ad nigrum, come potremmo battezzare questa tendenza, sono evidenti: si riconducono questioni complesse a categorie già note, si liquidano i problemi in frasi brevi e semplici, ci si illude che la soluzione sia a portata di mano. Tutto falso, ma tremendamente elegante.