ELENA SCOLARI | Ci sono un ebreo, un greco e un americano. Sembra l’inizio di una barzelletta, perdipiù raccontata da Moni Ovadia che, negli anni, ce ne ha regalate di gustosissime dall’inesauribile forziere dell’umorismo ebraico. E invece no: siamo alla XXI edizione del Festival dei Tacchi organizzato da Cada die teatro con la direzione artistica di Giancarlo Biffi, e i tre protagonisti in scena sono Noè, Ulisse e il capitano Achab uniti da Sergio Maifredi nel progetto Capitani coraggiosi, una bella intuizione che inanella personaggi magnifici e immaginari insuperati. Maifredi ha cercato cantori moderni che offrissero storie grandiose tramite il rito della lettura pubblica. Bel modo di tornare a una vera, semplice condivisione di tempo, idee e arte, dopo la lunga dieta cui siamo stati costretti.
Ovadia porge le vite, accomunate dall’acqua, di tre uomini: Noè con l’arca e il diluvio (l’acqua di sopra e quella di sotto non più separate), Ulisse e le mille traversie della sua ventennale navigazione, Achab e la sua ossessione distruttrice per la grande balena bianca.
In piedi, al leggìo, vestito di lino, dietro di lui i bellissimi silos di acciaio delle Cantine Antichi Poderi di Jerzu, in Ogliastra, sono illuminati di blu, giganti siderali che custodiscono l’età giovanile di quello che diventerà il Cannonau, nettare terrestre che può avvicinare alla divinità.
Il maestro cantore introduce ogni personaggio con note, cenni a margine, considerazioni personali, nozioni anche un poco professorali, non tanto per i contenuti quanto per un atteggiamento vagamente assertivo per poter diventare seme dialettico di discussione.
Non è poi tanto l’acqua a essere il collante di questi tre personaggi quanto il loro anelito verso la vita, la ricerca, il superamento dei confini e la conoscenza profonda di se stessi. E quindi del mondo. In realtà Noè vive una situazione un po’ diversa: il mondo è fresco di giornata, si tratta di portare in salvo tutto ciò che si può perché possa svilupparsi, errori compresi. Il suo punto è un compito, anzi IL compito, affidato niente meno che da Dio, e quindi il confronto, anche aspro, con il padre eterno. Mica male. Noè si definisce anche nel rapporto con l’altissimo e con l’atto che è chiamato a compiere, senza averlo scelto.
Odisseo e Achab invece scelgono, e se per il primo i «centomila perigli» saranno una fortuna perché grazie a quelle procelle di corpo e anima giungerà alle radici dell’uomo, per il secondo sarà un’unica caccia, durata tutta la vita, a farlo entrare negli abissi dello spirito fino al cupio dissolvi, la pulsione di morte che il capitano asseconda purché la fine colpisca anche Moby Dick. E avere un leviatano come alter ego vuol già dire molto.
L’operazione ha fascino, Moni Ovadia è disinvolto, padroneggia la materia, nuota con agio tra le ere letterarie; legge Il libro dei libri, Dante, Kavafis in greco, Melville (il quasi finale di Moby Dick, rovinando un po’ il piacere a chi ancora non ha letto questo romanzo imponente). La rotta è precisa e gli approdi sono magnetici, ogni tappa è ricca e si sale volentieri sull’imbarcazione guidata dal nocchiero Moni per ascoltarlo.
Fa parte del progetto che ogni cantore ci metta del suo, pertanto che lo stile di ognuno imprima una direzione alla lettura. Ovadia propende verso la lezione mentre Giuseppe Cederna, che ha scelto d’impulso e senza dubbio di “cantare” L’isola del tesoro, ci catapulta dentro il mondo di Stevenson con l’impeto di un compagno di giochi che vuole farci divertire, spaventare, innamorare.
Il piccolo Stevenson è un bambino gracile e spesso malaticcio, impedito a uscire d’inverno, sogna che il suo letto sia un veliero e una notte scappa dalla camera, compie una pericolosa fuga fino alla strada di fronte a casa, dove vede il lampionaio che sta accendendo le luci della via. Un’epifania: le storie accendono luci. Eureka! Le accendono dentro alle camere, dentro alle teste, dentro alle stive delle navi di pirati. E allora è impossibile non voler partire: siamo subito a bordo dell’Hispaniola, il vascello dove Jim conoscerà il pirata Long John Silver, il suo padre nero, una guida ma anche un nemico (Stevenson è autore anche di Dr. Jeckyll e Mr Hyde), l’uomo che lo farà diventare grande mettendolo in pericolo.
Cederna è seduto ma il movimento è nella sua voce, con la voce fa i rumori e con la voce disegna i personaggi, pochi gesti che raccontano più di una scenografia. Legge con passione, creando il teatro senza niente, solo con la bravura di saperci trascinare dentro a una meravigliosa avventura tra fendenti, tempeste, bottiglie di rum, casse da morto e isole misteriose, mappe consumate e accidentati approdi notturni. Giuseppe Cederna è il nostro compagno di avventura, è l’amico che tutti avremmo voluto avere (o abbiamo avuto) con cui leggere sotto le lenzuola alla luce di una torcia i romanzi di pirati crudeli e furbissimi.
La scrittura del testo e il suo montaggio (a cura di Cederna e Maifredi) sono intelligenti non solo per il riassunto fluido che del romanzo è stato fatto ma anche perché inserisce – solo nelle parti iniziale e finale ma non in quella centrale dove avrebbe interrotto il ritmo dell’azione – alcuni cenni su Robert Louis Stevenson, anch’essi resi storia e non biografia e che ci fanno amico lo scrittore. È romanzo la sua vita così come il suo amore travolgente: una donna americana atipica e coraggiosa per la quale attraverserà l’oceano e poi l’America. Ovviamente la conquisterà ed ella lo capirà come mai nessuno, andranno a vivere in Polinesia e Fanny esaudirà anche l’ultima volontà del marito: essere sepolto su una collina, nella terra dei samoani. Bellissimo è l’accostamento dei due aggettivi che descrivono lo stato d’animo dei duecento uomini che formeranno il suo corteo funebre: scortano il feretro con atteggiamento «furibondo e sereno».
È la sensazione lasciata in me e in tutti gli spettatori sensibili alla fantasia: una voglia furibonda di salpare, con la serenità di una luce accesa.
Progetto CAPITANI CORAGGIOSI | ULISSE ACHAB NOÈ
con Moni Ovadia
di Moni Ovadia e Sergio Maifredi
da Omero, Melville, Il Libro dei Libri
progetto e regia Sergio Maifredi
produzione Teatro Pubblico Ligure
Progetto CAPITANI CORAGGIOSI | L’ISOLA DEL TESORO
da Robert Louis Stevenson
con Giuseppe Cederna
di Giuseppe Cederna e Sergio Maifredi
progetto e regia di Sergio Maifredi
produzione Teatro Pubblico Ligure