ELENA SCOLARI | Un oggetto è qualcosa che si possa descrivere in maniera oggettiva? Quanto alle sue caratteristiche formali si può dire di sì (anche se per qualcuno può essere giallo e tondo e per un altro ocra e curvo), ma quanto ai significati che lo rivestono la faccenda diventa assai soggettiva. Il progetto Il mondo raccontato dagli oggetti – Per un teatro dell’ascolto, concepito da CSS Teatro stabile di innovazione del FVG in co-produzione con PAV – capofila del progetto europeo “Fabulamundi Playwriting Europe” e  Riccione Teatro affronta l’argomento mettendo in relazione parole, teatro, arte visiva e molta fantasia.

Nel 2009, lo storico dell’arte e direttore del British Museum Neil Mac Gregor inizia a raccontare alla radio una curiosa “storia della civiltà umana” attraverso 100 oggetti, tutti scelti dalle collezioni dell’illustre museo britannico. Le puntate, da 15 minuti l’una, in onda sulla BBC, danno vita a una serie di enorme successo, Mac Gregor intesse un racconto fatto di sorprendenti microstorie umane, attraverso gli oggetti di uso comune che hanno accompagnato il nostro progresso, dalle prime pietre da taglio rinvenute in Tanzania due milioni di anni fa alle carte di credito dei nostri giorni, raccogliendole poi in un libro.

Abbiamo intervistato Fabrizio Arcuri (fondatore, direttore artistico e regista di tutte le produzioni di Accademia degli artefatti), curatore del progetto insieme a Rita Maffei, attrice, regista e direttrice artistica del CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG.

Come è nato il collegamento con il progetto di MacGregor?

Abbiamo preso ispirazione dalla sua impresa e dall’idea che siano gli oggetti a poter raccontare il nostro tempo e la condizione di un mondo radicalmente trasformato dalla pandemia. Il punto di attrazione dell’idea di Mac Gregor è nella possibilità di leggere (e capire) il passato attraverso gli oggetti. Noi abbiamo voluto ribaltare la sua istanza e provare a usare gli oggetti per immaginarci il futuro. L’oggetto diventa un tramite per arrivare alla costruzione di un nuovo immaginario. O almeno così vorremmo.
E abbiamo pensato che questa operazione di astrazione potesse essere fatta sia attraverso oggetti esistenti sia con “cose” che ancora non ci sono.

Quali sono le fasi che compongono il vostro Mondo raccontato dagli oggetti?

Abbiamo chiesto a 6 drammaturghi italiani e 6 drammaturghi stranieri (europei) di scrivere un testo teatrale da realizzare in forma di podcast audio, della durata massima di 20 minuti e che comprenda da 1 a 3 personaggi. Faremo leggere e ascoltare queste mini-pièce ad altrettanti artisti visivi, chiamati a produrre un’opera ispirata al testo cui sono stati abbinati.
la fase finale sarà un percorso espositivo aperto al pubblico nel quale i visitatori potranno ascoltare i podcast in diverse postazioni e cercare la loro correlazione con l’opera corrispondente. Questa terza fase può avere un ulteriore sviluppo che spiegherò dopo. Ogni elemento contribuisce a concretare il quadro.

Avete già scelto i drammaturghi da coinvolgere nel progetto e cosa gli avete chiesto esattamente?

Gli autori stranieri sì: Fabulamundi Playwriting Europe partecipa mettendo in campo 6 autrici e autori della sua rete europea: Marc Artigau (Spagna), Aurore Jacob (Francia), Miroslava Svolikova (Austria), Csaba Székely (Romania), Anna Jelena Schulte (Germania), Maria Wojtyszko (Polonia). Riccione Teatro ha invece commissionato un microdramma a Tommaso Fermariello, vincitore del 55° Premio Riccione Pier Vittorio Tondelli, sezione under-30, e vincitore del premio di produzione 2021. I lavori sono ancora in corso in queste settimane.
Il compito dato ai drammaturghi è stato prendere un oggetto dal nostro presente e immaginarlo indispensabile nel futuro oppure inventarsene uno – ora non esistente – che ci sarà necessario per il futuro. Oggetti che influenzino il nostro comportamento, o che contribuiscano a indirizzarlo.
Uno strumento che indaghi non ciò che sappiamo, ma che sia proiettato appunto verso un nuovo immaginario, non necessariamente apocalittico, sganciandosi anzi dalla circostanza contingente che vogliamo superare proprio con l’immaginazione, vogliamo provare a esplorare una nuova possibilità di immaginario.

Anche se si pone un paradosso logico-filosofico: un oggetto pensato e poi addirittura realizzato smette di essere inesistente ed entra già nel passato.

Sì, è un paradosso insuperabile, pensare il futuro lo rende almeno presente se non passato, nelle nostre teste. Ma il nostro scopo è far aprire gli orizzonti, indurre a un pensiero creativo slegato dalla contingenza e anche dalla realtà, che – se assunto come metodo – è ciò che può innescare invenzioni e cambiamenti. Ed è infondo lo scopo ultimo dell’arte: forzare la realtà per suggerire immaginari, ciò che ancora non pensiamo.

Slancio verso il futuro, quindi, e immaginari che cambiano il paesaggio dell’anima e del reale. Come avete scelto i soggetti coinvolti?

I drammaturghi sono stati scelti in complicità con i due partner, Fabulamundi, un progetto europeo legato alla drammaturgia contemporanea e che facilita l’interscambio e la reciproca conoscenza degli autori in Europa e il Premio Riccione.
Con loro abbiamo deciso di rivolgerci a drammaturghi giovani e meno giovani che fossero interessati a lavorare intorno all’argomento, trattandosi di una commissione i soggetti dovevano essere predisposti a una scrittura radiofonica perché i testi comporranno ‘tessere’ di teatro dell’ascolto che non vedranno una realizzazione scenica; e poi è indispensabile una naturale vocazione a lavorare sulla forzatura dell’immaginario, per allargarlo.

Qual è l’orizzonte che vi date con questo progetto multiforme?

Abbiamo pensato che sia interessante realizzare qualcosa che possa avere una vita aldilà della contingenza, quindi il mezzo della radio non è stato scelto solo perché ora non si può andare a teatro ma come valorizzazione del “teatro dell’ascolto”. Troviamo poi che la natura composita di questo “mondo” possa provocare fascinazione proprio perché si creano relazioni tra contenuti, tra arti, e poi tra persone, con la terza fase del progetto cui accennavo prima: vorremmo coinvolgere i territori dei luoghi di esposizione che accoglieranno la mostra con un lavoro partecipativo e comunitario organizzando laboratori il cui obiettivo sia accompagnare gli utenti a ideare un loro oggetto, donando l’idea al Museo e integrandolo. I workshop saranno seguiti da dramaturg che aiutino i partecipanti andare forma ai loro pensieri per esprimere la motivazione che l’oggetto ha di stare nel Museo del futuro.
Ci piacerebbe raccogliere storie che si tramutano in oggetti, un po’ come nel Museo dell’innocenza ideato dallo scrittore Orhan Pahmuk a Istanbul, con la differenza che il nostro non sarà rivolto ai ricordi e al passato ma proiettato verso nuovi immaginari.

Avete dato indicazioni anche agli artisti visivi coinvolti?

In realtà gli artisti non sono ancora stati chiamati perché aspettiamo prima di ricevere tutti i testi. Le opere avranno comunque un loro carattere, è probabile che non tutti gli oggetti saranno realizzabili concretamente, quindi le vie di espressione potranno essere multimediali. Però non escludiamo che gli oggetti possibili da “costruire” vengano prodotti in serie (ridotte) per essere acquistati e portati a casa, come gadget.

La prima parte fruibile sarà dunque costituita dai podcast?

Sì, i podcast partiranno da aprile, ne uscirà uno ogni 15 giorni e avranno vita autonoma su varie piattaforme in rete, saranno disponibili anche in inglese e i microgrammi degli autori europei saranno tradotti in italiano.

Dopo aver ultimato la fase finale quali saranno le città che per prime ospiteranno la mostra?

I primi tre luoghi saranno le sedi legate ai partner di progetto: Udine nell’estate 2021, Riccione in ottobre per la 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro e poi Roma.
Poi immaginiamo che la mostra possa andare in tournée in altre città, anche nell’ambito di festival, e magari diventare una stanza permanente all’interno di musei civici, arricchita dai contributi di chi avrà partecipato ai laboratori.