GIAMBATTISTA MARCHETTO | In molti lo ricordano ancora vestito del suo completo bianco candido mentre si aggirava tra le calli di Venezia. Ismael Ivo ha lasciato un segno forte nel cuore della città lagunare dai tempi in cui era direttore del settore Danza per la Biennale e la notizia della sua morte è piombata sull’ambiente culturale veneziano e non solo come un fulmine inatteso.
L’artista 66enne è morto in Brasile per le conseguenze del Covid-19. Dopo una carriera che lo ha portato alla fama internazionale, Ivo era infatti tornato nel suo paese natale nel 2017 per un incarico storico: è stato infatti il primo artista di colore ad assumere la direzione del Balé da Cidade de São Paulo.


Performer potente eppure elegante, capace di conciliare una fisicità esplosiva con una leggerezza del movimento che ne faceva un danzatore poliedrico, Ivo era nato a San Paolo del Brasile, ma prima di tornare in patria da protagonista ha costruito una folgorante carriera tra New York e Berlino. Approdò infatti nella Big Apple nel 1983 invitato da Alvin Ailey, che lo volle membro della sua compagnia. Scelse però l’Europa come “casa” per il proprio lavoro sul palcoscenico, fermandosi a Berlino dal 1985 al 1996 e collaborando con il maestro del teatro-danza tedesco Johann Kresnik e con Ushio Amagatsu, l’artista giapponese dei Sankai Juku, noto per la sua particolare danza butoh. Affascinato dalla carne di cui son fatti gli incubi, nel 1994 ha anche dedicato un lavoro all’artista irlandese Francis Bacon, dal titolo omonimo, ancora in collaborazione con Kresnik. Un’esplorazione delle opere sfuggenti e fosche del grande pittore, tra potere e vizio, vergogna e ‘scorrettezza’.

La sua flessibilità interpretativa e un affascinante intreccio tra le esperienze europee e le sue radici afro-brasiliane lo portarono a collaborare come artista ospite e solista in opere firmate da Kresnik, George Tabori, Márcia Haydée, Yoshi Oida e Koffi Koko, ma ha condiviso progetti anche con Pina Bausch, William Forsythe e Marina Abramovic. 
Nel 1984 ha dato vita con Karl Regenburger al Vienna international dance festival (che ha diretto per oltre 15 anni) ed è stato anche direttore del Deutsches Nationaltheater di Weimar.


A Venezia Ismael Ivo aveva fatto la sua prima, folgorante apparizione nel 2002 con l’assolo Mapplethorpe. Dal 2005 ha assunto la direzione del Festival internazionale di danza contemporanea della Biennale, scegliendo come focus l’esplorazione del corpo, e nell’arco di otto anni ha ringiovanito e allargato il publico della danza festivaliera, ma soprattutto ha conquistato la città con il suo carisma e la sua gioia di vivere. Sono nati in quegli anni la trilogia Body attack, Under skin, Body & eros (2005-07), Beauty (2008), il ‘laboratorio delle emozioni’ Capturing emotions (2010), Awakenings (2012) e Biblioteca del corpo (2012), spettacolo legato alla formazione dell’Arsenale della Danza.
Venezia, la Biennale e l’Italia si uniscono al mondo della danza che perde un protagonista assoluto, intelligente e ironico, vitale e costantemente alla ricerca di nuovi stimoli.