RENZO FRANCABANDERA | Qui adesso toccherà tirar fuori un po’ di fuffa critica su lingua, parole, importanza della parola nel contesto sociale.
Fuffa: Merce dozzinale, di scarsissimo o nessun valore. Figurato: Chiacchiera senza alcun fondamento o significato, discorso risaputo, luogo comune. Es: “I blog sono pieni di fuffa”.

Allora mi incuriosisco, e cerco l’etimologia di fuffa.
Secondo il dizionario De Mauro è da cercare nel sostantivo maschile fuffigno, che indica un ingarbugliamento dei fili di una matassa o di un tessuto.
Ma come? È una delle prima parole che viene presentata (ma in tedesco) in Dizionario illustrato della Pangea, la produzione ERT di Sotterraneo, il cui debutto era originariamente previsto a novembre 2020 e poi sospeso a causa della pandemia, e ora programmato allo Storchi di Modena per la ripresa della stagione. Esiste in tedesco una parola traducibile come l’azione dell’aggrovigliare oltre, nel tentativo di sbrogliare una matassa.

Al succo dello spettacolo: vengono proiettate su uno schermo parole di varie lingue del mondo, quelle la cui traducibilità è quasi impossibile, perchè incarnano la descrizione di una visione del mondo stesso, dello spazio emotivo umano, delle relazioni fra l’uomo e ciò che lo circonda.
Un gruppo di attori, i quali a un certo punto della recita si autodefiniscono «borghesi che propongono uno svago ad altri borghesi», sviluppa azioni che hanno per lo più relazione anticipata o ritardata con le parole proiettate.
Si parte quindi da un elenco di parole intraducibili nella lingua italiana e si cerca di darne spiegazione attraverso la rappresentazione, l’azione teatrale, la perifrasi logorroica.
Una sorta di resa al senso fulminante della parola, quando questa è precisa, appuntita.
Ora l’effetto didascalia fisica, ora il ritardo, ora l’anticipazione dell’azione scenica in relazione alla parola proiettata di cui si cerca di rendere il significato drammatizzato, creano un generale effetto di appuntita e goffa ironia, che sfocia nella intellettuale riflessione finale su quanto si vada a smarrire nella perdita dei dialetti, delle lingue, delle espressioni specifiche, quando la torre di parole e ricchezze geospecifiche cederà il passo all’esperanto anglofono planetario.
Un’ardita costruzione plurimillenaria di verbi, sostantivi, aggettivi crollerà sotto il peso di una banalizzazione lessicale, di una disperante perdita di valore, inestimabile: è come il fine di vita dell’ultima anziana depositaria di una lingua che con lei morirà, e che avverte la solitudine di non poter realmente parlare con nessuno nella sua lingua natale. Buio.

Senza troppa fuffa e anche con un’indulgenza al lirico nel finale, si potrebbe dire essere questo il senso di Dizionario illustrato.

foto di Francesca Cappi

Come loro stessi raccontano all’inizio della replica, doveva essere programmato l’anno scorso, ma poi… e qui toccherebbe riproporre la solita solfa dei teatri chiusi, del tempo sospeso, del bisogno di ricominciare, del teatro indispensabile, ecc.
Lo spettacolo viene ora riprogrammato con in scena Claudio Cirri e Giulio Santolini di Sotterraneo e gli attori della Compagnia permanente di ERT Paolo Minnielli, Maria Vittoria Scarlattei e Cristiana Tramparulo

L’idea della creazione era nata dalla lettura di un libro durante il primo lockdown (forse Lost in translation ed. MarcosYMarcos?); poi ci avevano preso gusto, dopo aver individuato più di 200 realia (in lessicografia sono appunto i termini intraducibili), e a ottobre 2020 hanno lanciato una call su Facebook per arrivare agli idiomi più difficili da rintracciare.
Videointerviste con gente di tutto il mondo, che in alcuni casi vengono anche riproposte in scena. Incontri con tantissime lingue, comprese quelle parlate in territori o da popolazioni assai circoscritti, come Tuareg e ‘Ōlelo Hawaiʻi, fino a quelle appunto in estinzione, come lo Yaghan.
Vengono in mente i genitori della generazione precedente alla mia, i settantenni di oggi, il loro bisogno di affrancamento dalla cultura contadina, il loro voler segnare una distanza rispetto al dialetto, visto come lingua dell’arretratezza, dell’economia povera.
La lingua segue i poteri: si sceglie di parlare una lingua per costituire un potere, oppure per opporvisi. Per entrare a far parte di una comunità. Darsi una identità.
Sotterraneo pare darci ragione quando nelle note del foglio di sala leggiamo:”La ricerca e lo studio di questi termini nella fase iniziale di progettazione e il lavoro sul palcoscenico poi, ha messo in luce quanto il linguaggio sia un elemento essenziale per l’uomo per descrivere e creare la realtà in cui vive”.

foto di Francesca Cappi

Detto dunque dello spettacolo, del suo significato, della scena povera con i tradizionali oggetti o elementi mobili capaci di costruire piccoli ambienti immaginari, come in tutti i lavori di Sotterraneo dal fulminante Post-it di un decennio fa ad oggi; detto dell’estetica che come allora prevede il forsennato dentro e fuori dalla scena e la recitazione al bordo del finto vero o del vero finto; tutto quello che dovessimo aggiungere sarebbe un po’ fuffa.

Ma mentre scrivo vengo incuriosito dal vocabolo basorexia. Corro a cercarne il significato.
E penso che molto dell’intraducibile con una sola parola abbia a che fare con le emozioni che non si riesce a tenere a freno: in lingua inuit iktsuarpok significa “il senso di aspettativa che ti spinge ad affacciarti ripetutamente alla porta per vedere se qualcuno sta arrivando”.
L’intraducibile è sempre al confine, e di solito va oltre noi stessi.

DIZIONARIO ILLUSTRATO DELLA PANGEA

concept e regia Sotterraneo
drammaturgia Daniele Villa
con Claudio Cirri, Paolo Minnielli, Giulio Santolini, Maria Vittoria Scarlattei, Cristiana Tramparulo
produzione ERT/Teatro Nazionale
con il contributo di Sotterraneo
luci Marco Santambrogio
costumi Eleonora Terzi
sound design Mattia Tuliozi
elementi scenici a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
grafica Lorenzo Guagni, Jacopo Jenna
direttore tecnico Massimo Gianaroli
responsabile del Laboratorio e capo costruttore Gioacchino Gramolini
macchinista costruttore Sergio Puzzo
produzione ERT/Teatro Nazionale
con il contributo di Sotterraneo

Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory ed è residente presso l’Associazione Teatrale Pistoiese