EUGENIO MIRONE | Una non ancora stagionata canzone dei Saint Motel, gruppo musicale statunitense, dal titolo My Type esordiva in questo modo: “And take a look around the room, love comes wearing disguises”. Nel video ufficiale della canzone una giovane compagnia trascorreva un caldo pomeriggio d’estate in un salotto; ogni elemento del video, dai costumi all’arredamento, era ricreato in pieno stile anni Sessanta.
Si respira un’atmosfera analoga anche in Visite, la seconda opera, successiva a Sulla morte senza esagerare, del Teatro dei Gordi, dove, sebbene la “room” per la prima metà dello spettacolo sia una camera matrimoniale, si ha la sensazione di trovarsi all’interno del Bar Luce di Milano. In questo ambiente, che strizza l’occhio agli anni della Favola e del Miracolo economico, come cantavano i Saint Motel, l’amore giunge travestito, o meglio, mascherato.

I Gordi (così preferiscono esser chiamati) tornano al Teatro Franco Parenti con Visite, dopo il debutto avvenuto nel medesimo teatro nel 2018, e ci rimangono anche dal 6 al 10 aprile in occasione del riallestimento di Pandora, terzo e, finora, ultimo lavoro della compagnia (anche quest’ultimo recensito qui su PAC). In occasione della ripresentazione di questo spettacolo, siamo tornati a far visita alla compagnia, curiosi di vedere come il loro spettacolo abbia reagito all’azione del tempo.

Foto di Laila Pozzo

Dal momento che Visite è già stato oggetto della nostra analisi, di seguito verrà fornito un breve resoconto sull’andamento generale della vicenda, in modo da lasciar spazio ad osservazioni di altra natura, scaturite dall’incontro avvenuto tra la compagnia e il pubblico, a sipario calato. Per quanto concerne la descrizione dello spettacolo si rimanda, pertanto, alla nostra analisi precedente.

La pièce risulta nettamente divisa in due parti: due ambienti, una camera da letto e un ospizio, per due momenti della vita, l’età dell’attività e la vecchiaia. Si intuisce vagamente che il centro della vicenda ruota intorno a una coppia di amanti e alle visite ricevute dal loro gruppo di amici. La prima metà dello spettacolo è una lunga e frenetica sequenza che vede sei attori (che citiamo tutti per impegno e intensità: Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Maria Vittoria Scarlattei, Matteo Vitanza), senza maschere, vivere seguendo il ritmo della vita, dalla giovinezza fino all’età adulta. Si amoreggia, si festeggiano compleanni, si piange e ci si deprime; tutto (quasi) rigorosamente senza l’utilizzo della parola.
Poi uno dei due ampi teli usati come sfondo viene stracciato e la scena si trasforma in un ospizio. La coppia si è divisa: l’uomo non c’è più, con la donna sono rimasti gli amici di vecchia data; sono tutti anziani e mascherati. La vita, ora, è un po’ meno frenetica: si va a caccia di caramelle, si litiga con la sedia motorizzata e si prepara il presepe. Il tempo del congedo è quasi arrivato; ma c’è ancora tempo per un’ultima visita. L’amore arriva e indossa una maschera.

In principio c’era il mito greco di Filemone e Bauci. Il punto di partenza di Visite, infatti, è stato diverso rispetto agli altri due lavori del gruppo. Sulla morte senza esagerare ha preso forma da un canovaccio preesistente del regista Riccardo Pippa e ispirato alla poesia di Wislawa Szymborska; in Pandora, invece, sono state le indicazioni di Antonio Latella, direttore della sezione teatro alla Biennale, a indirizzare la riflessione della compagnia. Nel caso di Visite, l’embrione dello spettacolo è rappresentato da una fonte letteraria sulla quale in un secondo momento la compagnia ha sviluppato la propria riflessione.
La storia dei due coniugi della Frigia è servita da ispirazione per trattare temi quali l’amore e l’ospitalità. Nella pièce si ritrovano, infatti, due elementi presenti nel mito: un coppia di amanti e una casa (in questo caso una stanza). All’interno dello spettacolo, però, viene compiuto un passo ulteriore: la camera matrimoniale, solitamente intesa come l’ambiente più intimo e segreto di una casa, viene infatti abitata sia dai legittimi proprietari dell’abitazione sia dalla frizzante combriccola di loro amici. Quanti permetterebbero di abitare uno spazio così particolare a chiunque come se fosse a casa propria?

Un altro tratto peculiare dello spettacolo risiede nella costruzione narrativa del testo:in Visite è possibile intravedere, seppur fiocamente, un filo narrativo più netto: quello della giovane coppia e dei loro amici che invecchiano. In questi termini, scegliere di non usufruire della parola come mezzo di espressione può non aiutare; il pubblico non viene “imboccato” con spiegazioni di nessun genere ma, al contrario, deve sforzarsi di seguire e interpretare tutto ciò che vede. Possa piacere o no, è una scelta che denota coraggio e originalità.
Di tutte e tre le opere dei Gordi, infatti, Visite è lo spettacolo, dal punto di vista drammaturgico, più complesso. Anche qui sono presenti le bellissime maschere di cartapesta di Ilaria Ariemme; tuttavia, al contrario di ciò che accadeva in Sulla morte senza esagerare, queste non rappresentano più il canale espressivo privilegiato, in assenza di parola, infatti, vengono sfruttate tutte le numerose possibilità offerte da un altro strumento, il corpo-voce. Quella che viene a crearsi è una variegata partitura fisica ed espressiva che scandisce il ritmo dell’azione, diminuendo d’intensità in proporzione allo scorrere del tempo del racconto.

Per quanto concerne più concretamente il riallestimento dello spettacolo, uno solo è l’aspetto in cui Visite sembra aver accusato la prova del tempo. Al debutto nella Sala piccola del Teatro Franco Parenti, la compagnia era riuscita a gestire in maniera sapiente l’angusto e profondo spazio che era stato loro concesso; la scena dell’ ospizio, infatti, si sviluppava su più livelli di profondità spaziale.
Questa disposizione, abbinata all’anzianità dei personaggi, permetteva di condividere una riflessione: con il passare del tempo la prospettiva si allunga; le cose si vedono più distanti e, tuttavia, si comprende meglio il valore di ciò che sta più vicino. Purtroppo, con il riallestimento in Sala grande, ambiente assai meno sviluppato in profondità, questo peculiare gioco spazio-temporale è andato perduto.

Nonostante l’amputazione di uno dei suoi punti di maggior forza, Visite rimane senz’altro una proposta fresca e innovativa da parte di un gruppo che possiede già un’identità ben precisa. La giovane età anagrafica non è un limite per i Gordi, i quali, senza tradire l’istinto vitale insito nella loro natura, non hanno avuto timore di affrontare una tematica come l’anzianità che in apparenza poteva risultare distante e sfuggente. Questa spensierata maturità d’analisi è un’ottima qualità che lascia grande curiosità sui lavori futuri della compagnia.

 

VISITE

ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Maria Vittoria Scarlattei, Matteo Vitanza
dramaturg Giulia Tollis
maschere e costumi Ilaria Ariemme
scenografia Anna Maddalena Cingi
disegno luci Paolo Casati
cura del suono Luca De Marinis
tecnico audio-luci Alice Colla
assistente alla regia Daniele Cavone Felicioni
organizzatrice Camilla Galloni
produzione Teatro Franco Parenti e Teatro dei Gordi

Teatro Franco Parenti, Milano
10 marzo 2022