GIORGIO FRANCHI | Recitare. Che, come spesso sottolineato, per gli inglesi è to play e per i francesi jouer. Nella traduzione italiana, dal deciso retrogusto latineggiante e accademico, si perde completamente la cifra ludica e viva del teatro. Quasi a sottolineare che certi testi sono roba seria, che il galateo impone la famosa matita tra i glutei quando si fa il nome di Shakespeare.
In Lear e il suo matto, l’attore e regista Luca Radaelli mira a recuperare questa tradizione primigenia di gioco: lo fa mettendosi in scena (al Teatro della Cooperativa nei giorni scorsi) insieme ai burattini di Walter Broggini, in un dialogo uomo-pupazzo che, nonostante l’assurdità della situazione, va a fondo con efficacia nei temi dell’opera del Bardo. La complessità dell’originale viene infatti preservata da un’audace contaminazione di linguaggi, ben lontana dal contesto del teatro ragazzi o delle fiere di paese a cui, a torto, viene associato il mondo dei burattini.

Come da marchio di fabbrica di Radaelli, la struttura dello spettacolo è ben delineata, quasi aristotelica. Tutto comincia con il prologo dell’attore, non ancora entrato nel personaggio, che ricapitola brevemente i tempi in cui viviamo: tempi, in fondo, non dissimili da quelli di Shakespeare, con il pronipote della peste ancora a piede libero e la guerra alle porte d’Europa. Un’epoca, insomma, in cui si ha l’impressione che ne usciremo tutti matti, e che i più matti in assoluto restino ai vertici della società, nei palazzi di potere, alla guida degli eserciti. Gli esseri umani? Ridotti a burattini, a pezzi di legno di cui disfarsi senza troppe remore quando diventano fastidiosi.

La motivazione della scelta di linguaggio diventa chiara ancora prima del secondo prologo, quello dei burattini: un assortimento di maschere della commedia dell’arte prestatesi al dramma. Come essi stessi raccontano, i tempi impongono una continua ricerca di lavoro, anche fuori dal proprio campo. La scelta metateatrale si ripercuoterà su tutto lo spettacolo, infondendolo di continua freschezza. Sarebbe sbagliato farne troppi esempi in questa sede: ne citeremo solo uno, per non togliere allo spettatore il gusto della scoperta; nel testo originale, Edgar, il figlio legittimo del Conte di Gloucester, è costretto a prendere i panni del “matto del villaggio”, Tom, panni che consistono nello spogliarsi del tutto: ed ecco che, del burattino, non rimane che la testa, impalata sulla falange della mano nuda. Se la risata si fonda sull’inaspettato, qui la freccia coglie il bersaglio.

Addentrandosi nella spirale di follia di Re Lear, ben resa dalla recitazione mai ostentata di Radaelli, la parte ludica diventa soprannaturale, inquietante: i burattini inchiodano il folle sovrano in un confronto inarrestabile con la sua coscienza. Ciò che risulta agli occhi del pubblico è un uomo disperato, emarginato dagli altri esseri umani, che viene incessantemente consolato da un Arlecchino di legno (ovvero, un finto matto che consola un matto vero, nel pieno stile del ribaltamento teatrale). A queste immagini strazianti si accompagna tutta la violenza tipica del teatro elisabettiano: i burattini diventano bambole vudù, e le torture che patiscono appaiono sul corpo dell’attore quando questo torna in scena.
Riaffiora, negli ultimi minuti, la forte spinta metateatrale, che permette un finale in levare accompagnato da un breve epilogo, privo di moralismi, che mette il punto finale alla tragedia e ci riporta alle nostre vite.

Complessivamente interessante e mai pretenzioso, Lear e il suo matto è un incontro felice tra sperimentazione e classicità, impreziosito dalla bravura dei due interpreti e dall’originalità delle situazioni. La chiave del linguaggio gira e sblocca i meccanismi del testo, vivificandolo di nuova linfa senza appesantire il lavoro di decrittazione dello spettatore. Come in uno spettacolo di burattini: la magia è in scena, il lavoro dietro la tenda della baracca.

LEAR E IL SUO MATTO

da William Shakespeare
con Luca Radaelli e Walter Broggini
traduzione e drammaturgia Luca Radaelli
testo e regia Luca Radaelli e Walter Broggini
figure e scene Walter Broggini
costumi figure Elide Bolognini e Graziella Bonaldo
musiche PAD Trio (Profeta, Aliffi, D’Auria)
coproduzione Teatro Invito/Compagnia Walter Broggini

Teatro della Cooperativa, Milano | 4 aprile 2023