ELENA ZETA GRIMALDI| Dal 7 al 14 maggio Catania è stata animata dalla quarta edizione del FIC festival, il Focolaio di Infezione Creativa organizzato dalla Compagnia Zappalà Danza presso la loro sede di Scenario Pubblico e in altri luoghi della città. L’idea guida è quella di «valorizzare la creatività della produzione di danza contemporanea insieme alle nuove tendenze dei linguaggi del corpo per restituire creazioni che parlino una lingua vicina ai giovani», sia artisti che spettatori.
Dopo aver recensito W la mamma! di Gioia Morisco (qui il pezzo di Sofia Bordieri) torniamo a raccontare l’ultimo giorno di questa edizione 2023, che inizia a orario aperitivo con le performance di altri due vincitori del bando di residenza ACASA 2022/2023, protagonisti nelle giornate del festival.

MDMA_primo studio di e con Gennaro Maione è «un omaggio al cinema di Dario Argento», il cui protagonista è tanto il corpo quanto la mente, nei loro aspetti più luminosi e più oscuri. Ed è infatti con una luce di sala sparata a intermittenza sul pubblico che inizia lo spettacolo e, una volta spenta, per contrasto, si piomba nel buio più denso riempito da una ingombrante musica tekno a tutto volume. Il corpo di Maione, che si intravede tra le maglie del top a rete, si muove frenetico tra il buio e coni di luce (principalmente rossa o di un bianco abbagliante) che cadono a pioggia, dando risalto al corpo, alle sue movenze spezzate, frenetiche, che inseguono la luce come a volerla carpire, a volervi entrare dentro e guardarla nel profondo, cosa che riuscirà a fare solo dopo aver recuperato a tentoni un paio di occhiali da sole. Il ritmo di mutamento del corpo durante l’esibizione ricorda il saliscendi (e risali!) di una serata in discoteca in compagnia delle famose pasticche, e qui si spiega forse il titolo, da questo punto di vista estremamente calzante.

Premesso che chi scrive non è una grande conoscitrice del cinema di Argento, motivo per cui non è ben riuscita a identificare gli omaggi presenti, è invece l’aspettativa di chiaroscuro che non viene totalmente appagata. Sebbene, come dichiarato nel programma di sala, il corpo in scena attraversi l’estetica di Argento diventando effettivamente «mansueto e selvaggio, vittima e carnefice, avvolto dal piacere fisico e fiero nella sua nudità», il complesso della performance sembra sbilanciarsi più verso il lato forsennato e inquietante, lasciando meno spazio a momenti di distensione (che, quando ci sono, tengono comunque alta l’attenzione alla scena), col risultato di un chiaro-moltoscuro. Comunque sia, Maione e la sua performance sono stati assolutamente energici, trascinanti e coraggiosi (prova ne è l’ovazione finale del pubblico), mostrando una padronanza dei movimenti, della tecnica e della scena lodevole; il che, essendo un primo studio, si può definire senza ombra di dubbio una vittoria, premessa a una fruttuosa messa a punto per il futuro.

La seconda perfomance in scena, Memento della compagnia Cornelia, cambia radicalmente atmosfera: in un controluce soffuso, quattro corpi vicinissimi e spalle al pubblico, incastrano alla perfezione sequenze di movimenti leggeri, sognanti, tendenti. La tensione verso qualcosa che si aspetta e sembra non arrivare mai, è effettivamente il sentimento che permea tutto lo spettacolo, mettendo chiaramente in gioco tutta la gamma di sentimenti che trovano spazio nel momento dell’attesa. Il coreografo Nyko Piscopo fa infatti cambiare il rapporto tra i quattro danzatori di continuo: dall’incastro millimetrico di movimenti personali, alla sincronia e simmetria perfetta, alla separazione di uno o due corpi che tentano nuovi modi per annientare il non-evento, o, stremati dall’attesa, abbandonano il rito collettivo nel miraggio di poter arrivare da soli al divino che indugia a manifestarsi. Mentre i protagonisti cercano di far finalmente arrivare Godot, tutti gli elementi della performance tendono a smaterializzare, detemporalizzare ciò che guardiamo, dalle luci (di Camilla Piccioni) soffuse e celesti che dipingono un ambiente cosmico, stellare, al tessuto nero, leggero e semitrasparente delle magliette (disegnate da Rosario Martone) che rende anche i corpi presenti e non presenti, pulviscolari, immersi in una musica (di Arvo Pärt) delicata ma potente, a tratti simile a canti di angeli alieni che viaggiano tra le galassie. Una performance ammaliante e misteriosa, che celebra lo spaziotempo rituale del hic et nunc.

foto di Serena Nicoletti

In linea con l’idea contagio creativo dei luoghi, dei corpi e degli animi, è lo spettacolo Body teaches della Compagnia Zappalà Danza con l’Ensemble d’archi del Teatro Massimo Bellini, in prima assoluta a chiusura dell’intero festival.
La prima cosa che colpisce è che la sinossi dello spettacolo sia, in fondo, il racconto di che cos’è Zappalà Danza, il linguaggio MoDem e quali sono gli intenti artistico-progettuali del suo creare. Per un momento si cade nel tranello di pensare che non sia una vera e propria ‘sinossi’ ma, usciti dal turbinio dello spettacolo, tutti i tasselli sono andati al loro posto.

La sala principale di Scenario Pubblico accoglie gli spettatori spoglia di tutto se non degli archi dell’Ensamble del Bellini schierati sulla sinistra e danzatori e allievi seduti lungo il perimetro dello spazio, le luci sono quelle della sala, che rimarranno invariate e accese per tutto lo spettacolo: la sensazione è quella di essere ospitati in una sessione di prove. Lentamente, una musica dai battiti incalzanti e dal ritmo ipnotico pervade l’area e, a uno a uno, i sette danzatori della compagnia si staccano dal perimetro e iniziano a riempire lo spazio. Tutto sembra giocato sulla contaminazione e coesistenza di apparenti opposti, concetto esemplificato dal progetto musicale in cui la minimale base sonora viene interrotta dall’Ensamble di archi e dalla soprano Marianna Cappellani con inserti di musica classica e lirica. Ma la coreografia che non ne risente, non cambia: i movimenti che prima andavano a ritmo di beat si scoprono perfettamente adatti alle tortuose frasi di Beethoven o Vivaldi, o anche all’inno d’Italia che, interrompendo una voce sintetica che ripete incessantemente la parola ‘South’, fa partire le mani dei ballerini verso il loro cuore, che viene battuto con un fare a metà tra l’automatismo e il conforto. Diversi sono i gesti che, trasfigurati in danza, possono ricordare il fare e l’essere insulare, tra tutti, ripetuto, un indice puntato verso se stessi e gli altri, danzatori e spettatori, che all’inizio appare quasi come un rimprovero, poi un memento, e alla fine si accoglie come una chiamata all’azione, al non starsene fuori. Chiamata che, a epilogo dello spettacolo, si materializza con l’invito agli spettatori a inondare il palco e far schizzare via la carica emotiva accumulata, trasformarla in convivenza ballando insieme sul ritmo scatenato di Stromae.

Come ho sentito dire uscendo dalla sala, Roberto Zappalà ha messo in questo spettacolo tutto se stesso, la sua storia, il suo lavoro, i suoi sogni; il mistero della non-sinossi è stato svelato. Body teaches andrà nella prossima stagione in giro per le scuole catanesi, e sarebbe estremamente curioso poterne vedere l’impatto e scoprirne un’altra singolareplurale versione.

foto di Serena Nicoletti

MDMA
Compagnia Körper

di e con Gennaro Maione
produzione Körper Centro Nazionale di Produzione della Danza
con il sostegno di Scenario Pubblico/Centro di Rilevante Interesse Nazionale, bando ACASA 2022/2023

MEMENTO
Compagnia Cornelia

coreografia Nyko Piscopo
musica Arvo Pärt
costume designer Rosario Martone
costumi Chi è di scena – Ballet Store
drammaturgia Ciro Ciancio
scenografia Paola Castrignanò
light designer Camilla Piccioni
responsabile tecnico Giuseppe Ferrigno
danzatori Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno, Francesco Russo
management Vittorio Stasi
video Andrea De Simone
foto Sabrina Cirillo
produzione Cornelia
supporto Caleidoscopio, Teatro Eduardo De Filippo
in collaborazione con AMAT Marche
con il sostegno di Scenario Pubblico/Centro di Rilevante Interesse Nazionale, bando ACASA 2022/2023

BODY TEACHES
Compagnia Zappalà Danza, Ensamble d’archi del Teatro Massimo Bellini

ideazione, regia e coreografia Roberto Zappalà
coordinamento musicale Alessandro Cortese
danzatori Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Filippo Domini, Laura Finocchiaro, Anna Forzutti, Silvia Rossi, Erik Zarcone
assistente Fernando Roldan Ferrer
Ensamble d’archi del Teatro Massimo Bellini Salvatore Domina, Massimo Cipria, Giulia Giuffrida, Marco Mazzamuto (violini primi); Marcello Spina, Giovanni Cucuccio, Ricardo Urbina, Simone Molino (violini secondi); Giovanni Casano, Vincenzo Sequenzia, Roberta Bullace (viole); Andrea Waccher, Antonio Di Credico (violoncelli)
soprano Marianna Cappellani
direzione tecnica Sammy Torrisi

FIC festival 2023
Scenario pubblico, Catania
14 maggio 2023