IDA BARBALINARDO* | Nata nel 2015 dall’iniziativa di Valentina Sciurti e Davide Morgagni, Therasia Teatro – Il Garage delle Arti è una compagnia che ha sede tuttora in un garage del quartiere San Pio di Lecce. Il nome scelto dai due artisti per questo progetto non è ovviamente casuale, anzi, in questo caso si potrebbe quasi dire che racchiude l’essenza del loro approccio al teatro e all’arte tutta: infatti, se da una parte esso si riferisce alla variante greca del nome di Santa Teresa d’Avila, il cui operato Morgagni e Sciurti sentono molto vicino al loro modo di vivere il corpovoce e il vuoto, dall’altra richiama il termine therao, “cacciare”, con riferimento a una costante tensione verso lo studio, l’approfondimento, la ricerca di linguaggi sempre nuovi nell’ottica della definizione di un’identità che sia il più personale possibile.
Ed è proprio questa attitudine alla sperimentazione e al dialogo con l’altro che ha ispirato Dioniso Rock, un ciclo di conversazioni dal vivo presso gli spazi di Therasia con artisti e studiosi di diverse discipline che si sono occupati, ognuno a suo modo, del sentimento dionisiaco abbinato, in questo contesto, alla cultura rock nel cui clima di dissenso sociale si ravvisano somiglianze sul piano etico ed estetico. A partire da tale suggestione, già tra la fine di maggio e gli inizi di giugno, Maria Chiara Provenzano (Fondatrice di Palchetti Laterali e assegnista di ricerca in Discipline dello spettacolo presso l’Università del Salento), Orodè Deoro (Casa d’Artista, Lecce) e lo stesso Davide Morgagni hanno proposto i loro punti di vista sul tema ai quali se ne affiancheranno presto di nuovi, dato il proposito di continuità temporale del progetto.
Al termine di questi primi tre incontri abbiamo intervistato Valentina Sciurti:

Come nasce l’idea di Dioniso Rock?

Da un desiderio, quindi da una mancanza. L’etimo stesso della parola ce lo suggerisce: de-senza, sidereus– stelle. Si desidera, si crea sempre e solo se esiste un vuoto, una tensione ad andare. Chiederci e capire cos’è il teatro, perché lo facciamo e per chi. Anche se il motore di riflessione di Dioniso Rock è stata una mia esperienza da spettatrice di un concerto e non di uno spettacolo “puramente” teatrale. In gennaio io e Davide Morgagni eravamo al Teatro Sperimentale di Pesaro per ascoltare i Leda, band alt-rock marchigiana che stimiamo molto e con cui abbiamo intrapreso una collaborazione artistica molto importante per noi: la band apriva il concerto dei Marlene Kuntz, un gruppo che, come molti sanno, ha cambiato e influenzato la storia della musica rock italiana dagli anni ’90 ad oggi e che conta 33 anni di attività densissima.
Al termine del concerto ho avvertito che quell’esperienza aveva dischiuso un nuovo varco percettivo, aperto nuovi canali di conoscenza attraverso un’epifania sonora. Il teatro “occidentale”, com’è noto, nasce in Grecia tra il VII e VI secolo a.C. e l’etimologia di Theatron rimanda al luogo della visione; d’altra parte Dioniso è il Dio del Teatro, legato all’inconscio, alla sensorialità, ai riti dei misteri eleusini e in suo onore venivano celebrate le Grandi e piccole Dionisie, concorsi musicali e vocali. È il suono, quindi, la matrice primaria da cui nasce il teatro.

Cosa ti ha colpito nello specifico del concerto dei Marlene Kuntz?

Mi ha colpito profondamente la centralità del corpo, peculiarità estremamente teatrale. La densa vibrazione scenica con cui, al contempo, si mantiene una relazione sottile, un ascolto finissimo tra chi agisce sul palco: mi fa pensare ad artisti che preservano con cura la loro condizione psicofisica per affrontare al meglio la scena e che, quindi, hanno un grande rispetto per il loro pubblico. Percepisco un fare quasi religioso, rituale, teatrale appunto. Lo stesso modo in cui viene restituito musicalmente il verso poetico lo è.
Ci sono esempi di brani musicali in cui la parola, distillata e scelta con estrema cura, dialoga con la musica riuscendo ad evocare paesaggi vastissimi in un tempo breve che è quello della forma canzone. Il teatro testocentrico dovrebbe fare tesoro di questo approccio in cui risulta possibile evocare un intero universo attraverso poche parole; lasciare spazio, concedere ad ogni spettatore di costruire la propria immagine, di sceglierla. Esistono poi diversi documenti in rete in cui emerge lo spirito che ha unito il gruppo e che, a mio avviso, dovrebbe essere lo stesso che accomuna ogni compagnia artistica. I gruppi teatrali sono ormai proibitivi spesso a causa dei costi ma non solo; molte compagnie sono composte da un solo artista. Anche nella musica credo ci sia questa deriva ormai: non si riesce più a “fare insieme” e sono diverse le cause.

ph. Lorenzo Papadia


Therasia, fondata da te e Davide Morgagni, è una compagnia teatrale. Ci sono riferimenti teatrali a cui vi sentite vicini?

Esiste un filone teatrale contemporaneo che parte da Carmelo Bene e condivide l’operazione sull’uso del microfono e il concetto di amplificazione scenica da cui nasce un’immagine che è innanzitutto sonora, un’immagine che si dissocia dal teatro della rappresentazione a favore di un teatro della visione a cui ci sentiamo vicinissimi. Per me, Ermanna Montanari e Roberto Latini sono due figure guida, due punti luce stabili, due attori “rock”.
Durante la prima tappa della ricerca di scavo vocale che ho affrontato in vista del nostro ultimo lavoro L’Odore Cattivo, concerto teatrale ispirato a Le serve di Genet, nato da un sodalizio artistico con i fondatori dei Leda, Serena Abrami ed Enrico Vitali, i miei ascolti quotidiani sono stati Carmelo Bene, Ermanna Montanari, Roberto Latini, Nick Cave e, dopo quel concerto, i Marlene Kuntz. Ogni volta che mi avvicino al microfono e cerco di accogliere voci che possano attraversarmi visualizzo alcune parole chiave, ne riconduco una ad ognuno di questi artisti: Montanari–vuoto, Bene–musicalità, Latini–immaginazione, Cave –aritmia. L’ultima è sussurlare, un verbo che non esiste nel vocabolario italiano, termine diafano nato dalla mia percezione dopo l’incontro dal vivo con la musica dei Marlene Kuntz e la parola-suono poetica di Cristiano Godano, frontman del gruppo.

Dioniso Rock ha a che fare con il dissenso. In che modo ne ritracci la cifra all’interno delle visioni e suggestioni che ci riporti?

La prima parola che mi viene in mente è eleganza che, non a caso, deriva dal latino elegans, “che sa scegliere”. Credo che il dissenso abbia molto a che fare con l’eleganza e trovo che chiedersi di cosa abbia bisogno l’umanità, sensibilizzare attraverso il proprio strumento artistico che, inevitabilmente, subisce una metamorfosi espressiva in base alla questione affrontata, sia un vero atto di dissenso.
Nel caso dei Marlene, ad esempio, noi stessi siamo stati inizialmente straniati dalla scelta di dedicare Karma Clima, l’ultimo concept album, alla questione più urgente della nostra contemporaneità: il cambiamento climatico. Invece dal vivo c’è stato un assoluto cambio di paradigma percettivo: la trama sonora dell’intero concerto, dall’intro strumentale ai tutti i brani eseguiti nel live, mi ha completamente sradicata, rapita e spostata.
A mio avviso, sarebbe molto meno rock rimanere nella propria zona di comfort per non rischiare di perdere le certezze conquistate negli anni, riproporre il proprio linguaggio “dalle uova d’oro” e accontentare. Questo saper scegliere dovrebbe essere il presupposto imprescindibile di ogni atto artistico onesto. Considero tale scelta doppiamente coraggiosa per chi fa musica dato che basterebbe un solo brano-tormentone per cambiare le sue sorti economiche e quelle delle famiglie a venire.

Queste percezioni stanno influenzando le tue, le vostre creazioni?

Certo! Spesso le questioni sociali sono quelle più finanziate dai bandi pubblici e noi ci siamo sempre distanziati da questa modalità, crediamo che il corpo-voce scenico e le sue potenzialità espressive siano già un atto politico. Eppure certi incontri testimoniano che è possibile sensibilizzarsi dapprima venendo catturati dall’opera attraverso una sensorialità per poi approfondire successivamente gli ascolti e gli argomenti in modo più razionale.
Probabilmente il nostro prossimo lavoro sarà ispirato a un breve racconto di Jack London che evidenzia la sterile e presuntuosa illusione dell’uomo nei confronti di una natura da poter controllare e domare a proprio piacimento. È salvifico per noi superare il pregiudizio del tema sociale grazie a questi esempi artistici di perfetta armonia tra etica ed estetica. Il nostro teatro è rigenerato da questo, è un contagio miracoloso che ci ha nutriti nel profondo.

ph. Clarissa Lappola

In che modo si lega, per voi, il sentimento rock al teatro?

Pensando al teatro per come l’ho appena descritto, ciò che li lega è anzitutto una sostanza che pone al centro il corpo come strumento primo di conoscenza, sostanza che solo dal vivo e in dialogo con un pubblico può manifestarsi nella sua essenza totale.
Altri punti cardine sono sicuramente la sacralità e la musicalità della parola, che racchiude già in sé il suono ancor prima del senso, la responsabilità e la cura nei confronti del pubblico, il coraggio di prendere una posizione, la generosità e lo spirito di un impegno collettivo, il rifuggire da qualsiasi forma consolatoria e truffaldina.

In che direzione andrà Dioniso Rock?

Dioniso Rock è un luogo d’incontro in cui sollevare questioni, oltre che condividere studi e idee, uno spazio che raccoglie suggerimenti e doni, per chi li saprà cogliere. Non ha a che fare con niente di definitivo. Vorremmo che questo progetto abbia una costanza e ci impegneremo affinché accada.
Ringraziamo PAC per la preziosa cura e attenzione che ci ha riservato.

DIONISO ROCK

idea e cura di Valentina Sciurti
partner di progetto Therasia Teatro – Il Garage delle Arti e Palchetti Laterali

È possibile consultare il materiale bibiliografico e musicale proposto dagli ospiti al termine di ogni incontro sulle pagine Instagram di @therasia_teatro e @dioniso_rock.

Therasia Teatro – Il Garage delle Arti
Lecce | 24 e 27 maggio, 10 e 11 giugno

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* PRIMAVERA PAC è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.