GIANNA VALENTI | Siamo al Théâtre des Champs Élysées a Parigi nel 1924, in anni di intensa sperimentazione artistica, per un evento performativo che vede la collaborazione di Erik Satie, Francis Picabia e René Clair in una produzione coreografica dei Ballets Suédois, compagnia attiva per soli cinque anni nello stesso teatro dal 1920 al 1925. Relâche, balletto in due atti con intermezzo, va in scena con la musica di Satie, libretto e scene di Picabia e la coreografia del danzatore e coreografo Jean Borlin, diventando presto un lavoro di riferimento per le avanguardie storiche e una produzione da guardare, criticare e a cui ispirarsi nel mondo teatrale ufficiale. Un progetto coreografico che mette in scena come codice compositivo e di senso l’interesse primario delle avanguardie, il cinema, e proietta in prima assoluta, come intermezzo tra i due atti, Entr’acte di Clair, manifesto del cinema puro e tributo al mezzo stesso e alle sue enormi potenzialità poetiche, sia nelle tecniche di registrazione che di montaggio.

Still picture da Entr’acte, film di René Clair

Il primo atto si apre con un sipario bianco che fa da schermo alla proiezione dell’inizio del film, con Satie e Picabia che entrano nel campo visivo dai lati, caricano un cannone al rallentatore, discutono, lo girano e lo puntano al pubblico come segnale di inizio della performance. Il sipario si alza e la musica, che era iniziata con la proiezione del film, continua per trenta secondi. Una donna seduta tra il pubblico e vestita elegantemente da sera si alza e sale sul palcoscenico.
Lo scrittore francese Maurice Sachs, presente alla performance quella sera, nel 1950 ha scritto: “Il sipario si alzò rivelando uno spazio davvero sorprendente. La scenografia consisteva in un immenso pannello, di forma quasi triangolare, sul quale erano fissati centinaia di riflettori molto potenti che irradiavano la loro luce accecante sullo spettatore. Dopo alcuni minuti, solo dopo che i nostri occhi si erano abituati alla luce, abbiamo potuto distinguere i danzatori in calzamaglia bianca e alti cappelli.” *
Picabia, con questa affermazione spaziale di quasi quattrocento riflettori metallici montati con lampadine da automobile, sceglie di accogliere il pubblico con un’esperienza di fortissima sensorialità, al limite dell’aggressione fisica, e chiede ai corpi degli spettatori di aggiustare costantemente il proprio sguardo attraverso un uso delle luci che si intensificano o si riducono senza sosta in una relazione complessa con il movimento e la musica.
Fernand Léger, presente alla performance, ha raccontato che agli spettatori venne chiesto di portarsi degli occhiali da sole e ha dato testimonianza della precisione cronometrica nelle modalità di utilizzo delle luci così come del bagliore accecante dell’intera scena, amplificata dall’uso di materiali metallici e riflettenti per creare un effetto consistente di pura luce e fluida trasparenza. *

Relâche, Théâtre des Champs Élysées, 1924

Le poche foto esistenti di questa produzione illustrano uno spazio ristretto, senza profondità. La struttura verticale con centinaia di riflettori e lampadine ricopre completamente il fondo e i lati della scena, dal pavimento al soffitto, e forma una parete che delimita e nasconde agli occhi del pubblico la maggior parte del palcoscenico, così che la performance avviene in uno spazio ristretto che sembra quasi coincidere con il proscenio. Gli elementi scenici (luci, riflettori, proiettori, oggetti scenici metallici, costumi scintillanti e in bianco/nero) collaborano per offrire allo sguardo dello spettatore l’effetto di una proiezione filmica, con eventi e spostamenti spaziali di corpi e oggetti come appropriazione delle modalità di animazione illuminata resa possibile dalla tecnologia del cinema.
La scena performativa di Relâche afferma anche una volontà di indagine della nuova tecnologia nei suoi effetti fisici e visivi sul corpo umano, con un utilizzo delle luci, delle azioni sceniche, del cinema e dei props cinematografici come materiale d’attacco per stravolgere fisicamente gli spettatori e distoglierli da ogni forma di contemplazione e identificazione. Oltre agli elementi già descritti (un cannone che mira ai corpi del pubblico e la scenografia accecante) nel secondo atto il pubblico viene assalito da ombre bianche e nere provenienti da proiettori che trasformano i loro corpi in schermo e li provocano a una partecipazione attiva e a una consapevolezza della visione.

Relâche, Théâtre des Champs Élysées, 1924

Relâche, come avrebbe raccontato Léger anni dopo, supera la distinzione senza senso tra il balletto e il music-hall, riorganizzando e facendo interagire elementi i più diversi, lo schermo con la scena e i danzatori con gli acrobati e gli attori, creando così una nuova forma di spettacolo al di là di ogni pregiudizio basato sulle distinzioni di genere.
La donna vestita elegantemente che apre il primo atto inizia a danzare quando la musica si ferma, passa tre volte attraverso una porta e si ferma per guardare gli spettatori, mentre nove uomini vestiti in bianco e nero lasciano il loro posto tra il pubblico e salgono sulla scena uno dopo l’altro. Danzano, la musica si ferma e nel silenzio la donna si toglie il vestito da sera. Qualche accadimento più tardi, un performer entra in scena come vigile del fuoco portando dei secchi metallici e dà vita a un’azione che è semplice reiterazione del versare l’acqua da un secchio all’altro.
Parallelamente al primo atto, il secondo si apre con una proiezione su schermo, questa volta di scritte luminose intermittenti su base nera, a cui si aggiungono le proiezioni sagomate in bianco e nero sui corpi del pubblico che partono dai tre proiettori posizionati sul palco. E qui si apre una scena che ricorda altri eventi performativi della seconda parte del Novecento: i nove uomini ritornano sul palco uno alla volta passando davanti al pubblico e prendono il loro posto in un cerchio intorno al vestito che la donna aveva lasciato a terra. La donna rientra in scena e si riveste mentre gli uomini si svestono. Ritorneranno poi ai loro posti nel pubblico rimettendosi i mantelli e i vestiti che hanno lasciato a terra verranno caricati dalla donna su una carriola e scaricati in un angolo della scena.

Relâche nella produzione del 2014 del Ballet de la Lorraine, coreografia ripresa di Metter Jacobsson e Thomas Caley. PH Laurent Philippoe. San Pietroburgo 2018, International Festival of Arts Diaghilev

Sia Relâche che Entr’acte suggeriscono una nuova definizione di ciò che può essere definito danza, decontestualizzano la ballerina come corpo teatrale tradizionale e propongono azioni e gesti quotidiani come materiale performativo, trasformabile per essere presentato come danza. Le azioni danzate o performative del primo e secondo atto mettono in scena materiali riconoscibili di  danza teatrale e di music hall o azioni che fanno uso di semplici materiali locomotori e gestuali riferibili alla quotidianità dei corpi, come camminare, fermarsi, trasportare, rovesciare, riempire, svestirsi e rivestirsi. Relâche importa questi movimenti quotidiani ricostruendoli e riorganizzandoli con variazioni di tempo, interruzioni e integrazioni di riconoscibile virtuosismo classico.
Entr’acte e Relâche condividono una modalità di tessitura coreografica di corpi e azioni resa possibile dalla tecnica del montaggio cinematografico. La discontinuità del ritmo sensoriale e visivo di Entr’acte combacia con lo sviluppo coreografico non lineare della scena di Relâche ed  è nella nozione di montaggio che la danza e il film trovano un terreno condiviso e il loro senso drammaturgico.
La scena di Relâche è interessata alla nozione di simultaneità e le azioni avvengono a un ritmo incalzante una dopo l’altra, oppure diverse azioni avvengono nello stesso momento in zone diverse del palco o della platea. La tecnica del montaggio cinematografico manipola il tempo, il ritmo e il tipo di continuità o discontinuità dei materiali di movimento e delle azioni, mentre i corpi in scena accelerano o si immobilizzano, ripetono un’azione con la stessa identica precisione o si muovono al rallentatore.
La struttura compositiva procede con la precisione metrica del montaggio cinematografico e le azioni dei performers progrediscono come in un susseguirsi di inquadrature, oppure coesistono come simultaneità di presenza di inquadrature diverse.  Le transizioni da un’azione all’altra sembrano essere nette e discontinue, come nei cambi improvvisi da un’inquadratura all’altra, senza nessuna continuità logica o direzionale, oppure sembrano essere più morbide, come nell’uso cinematografico della dissolvenza che porta a un’azione successiva attraverso la sovrapposizione.

Relâche davanti e dietro la macchina da presa, sullo schermo, sul palco e tra il pubblico lavora con corpi in movimento per ricreare la successione dinamica delle immagini cinematografiche. Il film è incorporato nella performance come elemento interattivo con la danza, il montaggio cinematografico offre la struttura per la sua composizione e il cinema suggerisce i materiali della performance che danno forma a una nuova esperienza della visione. I suoi codici drammaturgici e coreografici entreranno nella storia della performance del Novecento e verranno riattivati sia negli eventi performativi della scena visiva e della danza del post-modernismo che nel lavoro del teatro danza tedesco sino ad allargarsi alla scena teatrale delle nuove drammaturgie europee dell’ultima parte del secolo.

 

  • Hãger Bengt, The Swedish Ballet.  New York, N.H. Abrams Inc.      Publishers, 1990.

Holland Philip, Relâche Revisited,  Ballet Review, 5/1980.
Mueller John, Films: Relâche and Entr’acte. Dance Magazine, 7/1977.
Picabia Francis, Relâche.  Mario Verdone, Poemi e Scenari Cinematografici d’Avanguardia.  Roma, Officina Ed., 1975.
Gianna Valenti, Relâche: Montage as Dance, unpublished material, University of California Riverside.