GIANNA VALENTI | Costruire uno spazio coreograficamente abitabile, tracciare il pensiero attraverso la sua geometrizzazione, fare ricerca coreografica per dar vita ad architetture mobili, disegnare motivi geometrici come griglie progettuali, inseguire la visione di un corpo in cui l’umano si fonde con l’astrazione, dedicarsi alla pratica del disegno come forma di scrittura del mondo e scegliere il segno calligrafico per passare dal proprio pensiero alla scrittura della danza. Anne Teresa De Keersmaeker disegna e ha disegnato, sulla bidimensionalità di un foglio bianco, mappature di segni grafici e geometriche per trasferire il proprio pensiero in un codice di partenza per la sua pratica coreografica, un codice in cui il pensiero dell’astrazione trattiene in sé le potenzialità dell’incontro con l’umano.
La calligrafia dell’incarnazione è una delle definizioni di De Keersmaeker per il suo fare coreografia, il punto di partenza per un percorso di pratiche in cui il codice del corpo come «archivio inesauribili di memoria» entra in contatto con «un altro codice più astratto, musicale, geometrico, topologico. Il potenziale codificato prodotto da questo tipo di cortocircuito — racconta la coreografa — è illimitato». *

Anne Teresa De Keersmaeker, disegno/score

I suoi tracciati calligrafici sono tools, strumenti di lavoro, codificazioni formali di forme pensiero, codici organizzativi che contengono potenzialmente gli accadimenti di uno spazio-tempo futuro, tracce di un desiderio macro-strutturale per la costruzione di «uno spazio geometricamente abitabile» che si manifesterà nei flussi dei corpi in uno spazio reale. Flussi che agiscono la sua fascinazione per gli spostamenti locomotori che la coreografa considera il fondamento stesso dell’azione di danzare — «walking is my dancing», «camminare organizza il mio spazio, ma camminare organizza anche il mio tempo». *
Per avvicinarci alla sua calligrafia dell’incarnazione e alla centralità della musica in questo processo, guardiamo il lavoro Work/Travail/Arbeid, nove ore condensate in nove minuti commentati dalla coreografa stessa. Work/Travail/Arbeid è stato presentato al MoMA di New York come riscrittura di Vortex Temporum su musica di Gérard Grisey nell’aprile 2017, quando il lavoro originale di un’ora venne esteso a nove ore come evento site specific per il museo (Vortex Temporum è un lavoro del 2013).

Rosas, Vortex Temporum, PH Herman Sorgeloos

De Keersmaeker si considera una formalista, perché tutte le sue danze sono organizzate spazialmente seguendo un principio geometrico che organizza i movimenti e, di fronte alla platea del Collège de France, afferma ripetutamente che il suo fare coreografia è incarnare un’astrazione e che astrarre è sottrarre, decodificare, ridurre, andare alla radice delle cose e rintracciarne l’essenza. *
Il disegno, nella forma da lei praticata, è la traccia visibile di quell’essenza, è lo spazio dell’astrazione che contiene la promessa di un’abitabilità dell’umano e di traiettorie di corpi come architetture mobili. Disegnare forme geometriche, talvolta semplici e altre volte complesse, su foglio bianco o direttamente con nastro adesivo e gessetti sul fondo orizzontale della scena, è la pratica che fonda la sua ricerca coreografica. La sua predilezione va alla sezione aurea e alla sequenza di Fibonacci, con una fascinazione ossessiva e reiterata per l’uso della spirale, la forma che preferisce, perché è un cerchio che si apre e che si chiude continuamente e che permette di tornare ogni volta allo stesso punto, ma in un altro modo, così che la traiettoria diventa più importante dello stare in un punto. (Interview | Portrait of Anne Teresa De Keersmaeker, 2018 – sul restaging del repertorio Rosas)
Un interesse premoderno lega i suoi disegni alla geometria sacra e alla scienza delle grandi cattedrali gotiche, ma il suo è un modello organizzativo spaziale che da grande osservatrice della natura ritrova negli «stormi di migliaia di uccelli che riescono a gestire collettivamente la formazione di figure mobili nel cielo, stupefacenti per la loro bellezza». Un modello di architetture in movimento a metà strada tra «la perfezione di una cattedrale e l’intelligenza mobile e impersonale di un network neuronale». *

Rosas, Rain, PH Anne Van Aerschot

Drumming (1998) e Rain (2001) sono due lavori creati sulla sezione aurea e sulla sequenza di Fibonacci che costruiscono gli spostamenti sulla scena e la coreografia con i rettangoli della sezione aurea, la loro sovrapposizione e le spirali iscritte. Per osservare il disegno sul piano orizzontale della scena ecco Rain-revival-1, Rain-revival-2, Rain-revival-3 e Drumming-revival-1, Drumming-revival-2, Drumming-revival-4 — da notare che sulla scena di Drumming rimane solo una striscia visibile del disegno originale che ha creato la macro struttura spaziale del lavoro.
È interessante osservare la leggibilità delle strutture spaziali di queste coreografie, perfettamente visibili a volo d’uccello, come altri lavori di De Keersmaeker che sono stati resi disponibili per una lettura dall’alto. Così è per Work/Travail/Arbeid che ho citato all’inizio e così è per Violin Phase, uno dei quattro movimenti del suo primo lavoro storico del 1982 Fase. Qui lo vediamo pensato per una visione dall’alto al Museum of Modern Art di New York: Performance 13 MoMA (danzata e commentata della coreografa) presentata per la mostra del 2011 On Line: Drawing Through the Twentieth Century, dove il corpo che danza si muove per tracciare con precisione millimetrica nella sabbia un disegno a mandala, facendo coincidere pensiero astratto, struttura spaziale e materiali coreografici. «Quando lavori con la geometria e i modelli geometrici — dice in apertura De Keersmaeker — quello che fai in realtà è una sorta di misurazione della terra» (lo score spiegato dalla coreografa stessa).

Rosas, Festival d’Avignone 2011, Cesena, PH Anne Van Aerschot

In un’intervista con Julie Enckell Julliard, la coreografa condivide memorie famigliari legate alla sua pratica del disegno, quando ricorda il nonno, un ingegnere agricolo che si è occupato per lavoro della suddivisione delle terre tra i contadini nelle pianure del Belgio, producendo diversi strumenti e anche mappe di quei terreni: «Questi disegni su come erano state mappate le terre sono davvero belli. Quando stavo lavorando nel 2012 a A Choreographer’s Scores [un progetto in cui la coreografa condivide con testi, disegni e video il processo coreografico per alcuni dei suoi lavori, spiegandone le strutture matematiche, geometriche e sintattiche], ho fatto trasloco e mi sono imbattuta di nuovo in quei disegni… erano molto articolati e dettagliati, ma anche metà scientifici e metà artistici». **
È una condivisione di memoria interessante che situa la pratica del disegno di De Keersmaeker in una premodernità di cui ci parla anche Susan Leigh Foster, quando racconta che l’uso del termine coreografia, come pratica di annotazione di danze a inizio Settecento, è legato alla disciplina della corografia, una sottodisciplina della geografia che si occupa della mappatura di una determinata superficie della Terra, producendone una descrizione geometrica che indica contestualmente la presenza degli abitanti e delle relazioni umane osservabili. ***

È così che anche storicamente la coreografia ci offre un modello di avvicinamento tra astrazione e umano che sta al centro della riflessione coreografica di De Keersmaeker, alla sua calligrafia dell’incarnazione o all’incarnazione dell’astrazione.
Per rintracciare la vicinanza tra codici di umanità e di astrazione nel suo lavoro, la coreografa ci indica Cesena, una produzione pensata per il Festival di Avignone nel 2011, che si muove dal buio prima dell’alba sino alle prime luci, con canti polifonici del Quattrocento e un disegno continuo del piano orizzontale della scena per marcare il passaggio del tempo. Ecco, per lasciarci, il lavoro in alcuni frammenti disponibili e la coreografa che ci spiega il lavoro in alcuni passaggi:
Cesena/Rosas & graindelavoix
A Choreographer’s Score – Cesena Excerpt
Cesena Extract (il canto dei danzatori)

«Nella mia ossessione di fare del corpo che danza un luogo di incontro tra l’astrazione e il  mondo fisico, la musica mi viene sempre in aiuto.»   Anna Teresa De Keersmaeker

 

Note

  • * Anne Teresa De Keersmaeker, Chorégraphier Bach: incarner une abstraction, Collège de France, 10 aprile 2019.
  • ** Julie Enckell Julliard, Visualizing Voids and Measuring the Earth: The Raison d’Être of Drawing in the Choreographic Work of Anne Teresa De Keersmaeker, in, Spacescapes Dance & Drawing, Sarah Burkhalter & Laurence Scvhmidlin eds. Documents by JRP.
  • *** Susan Leigh Foster, Choreographing Empathy. Kinesthesia in Performance. Routledge, 2011.