PAOLA ABENAVOLI | Un linguaggio drammaturgico riconoscibile, eppure sempre diverso, sempre in divenire, frutto di una continua ricerca; uno studio accurato, in cui la parola, il tono, l’interazione tra elementi diversi, tra culture, tra dialetto e lingua, si sintetizzano in un’espressione che arriva a tutti, benché frutto di complessità. Drammaturgia che affonda le basi in questa parola tornita, per costruirsi in scena, crescendo con la forza interpretativa: è il linguaggio drammaturgico di Mana Chuma Teatro, creato da Massimo Barilla e Salvatore Arena, ed è la forza interpretativa dello stesso Arena, che si esplicano anche nel loro più recente lavoro, Un’altra Iliade.
Una visione della guerra da parte – e dalla parte – degli ultimi, che trae ispirazione da una primissima messinscena, realizzata da Mana Chuma diversi anni fa con L’ultimo inganno, ma che lo spettacolo di oggi traduce in forma più compiuta, più matura, più intensa, a livello proprio di impianto drammaturgico.
Due personaggi, su fronti opposti, quello greco e quello troiano, ma in realtà due vite simili, unite dallo stesso desiderio: che il tempo della guerra passi, che ci sia ancora “un altro tempo”, che si possa tornare alla propria vita, anche se sarà impossibile dimenticare il sangue, anche se alla fine, su entrambi i fronti e dentro sé stessi, resterà nell’aria solo la polvere. Atreo, la vedetta troiana che si scontra con l’orrore, calata nel dramma fino in fondo, e Tersite, una sorta di giullare, suo malgrado, l’uomo che fa divertire i greci, ma che sogna ancora un momento in più per la sua vita.

Salvatore Arena. Foto Marco Costantino

Due volti di un’unica storia, che si ripete: ce lo ricordano le parole; lo evoca la scena, con un barcone spezzato in due, come quelli su cui viaggiano i migranti; lo rende metafora il susseguirsi di citazioni, di rimandi, tra cinema, musica e teatro (da Petrolini a Vasco Rossi, a Eduardo De Filippo), di linguaggi e inflessioni diverse.
Tutto ritorna, e sembra oggi. Senza retorica, elemento mai presente nelle drammaturgie di Mana Chuma, ma con intensità crescente, grazie proprio a quella drammaturgia. Che si sviluppa, ampliando la scena, evidenziando – di contro – la costrizione interiore che vivono i personaggi; il disegno luci di Luigi Biondi diventa racconto, delineando le due personalità, quella drammatica di Atreo e quella, solo apparentemente più ludica, di Tersite, sottolineata dall’accendersi di piccole luci in proscenio e su un lato dello sfondo, in stile varietà. La scenografia curata da Aldo Zucco tratteggia questo percorso drammaturgico fondendosi con i chiaroscuri o dando spazio al rosso evocativo che appare all’improvviso.
Il linguaggio scenico parla con Atreo che getta acqua su di sé, come per lavare quella polvere che è rimasta, lavarla da sé stesso e dal mondo, o con la luce che fiammeggia da una lanterna sul volto della vedetta, fino a spegnersi. Linguaggio scenico che parla, ma che poi dirompe sul palco, incarnandosi nella forza interpretativa di Salvatore Arena, nella capacità di riassumere ogni aspetto di quel linguaggio, per renderlo vivo.
L’interiorità dei due personaggi espressa nei diversi piani, nelle diverse sfaccettature; il saper alternare quasi senza soluzione di continuità, come in un unico racconto, come in un unico sentire, le loro voci e quelle degli altri protagonisti dell’Iliade; il dramma di un orrore sempre vivo, insensato, e la malinconia nascosta dal dover fare ridere: Arena giganteggia, “divorando” il palco, ma senza istrionismi, misurato ed eclettico, senza pietismi, incessantemente dentro i personaggi. Un percorso frutto di un intenso lavoro, ma che non fa mai prevalere la tecnica, offrendoci – attraverso la sintesi di tutti gli strumenti teatrali – l’umanità, la verità, il reale.
Reale come quello di cui Un’altra Iliade parla e ci parla: i piani di racconto, quelli dei due personaggi, diventano molti di più; l’universalità è palese, pur senza didascalismi, e in scena ogni rimando al presente, nella musica, nel teatro, non stona mai, perché vissuto come un unicum di linguaggio e di storia.
Lo sguardo nel passato, nel teatro di Mana Chuma, ancora una volta, non può prescindere dal presente, dall’attenzione al sociale, dalla visione dell’umano. Sempre attraverso la metafora più potente, quella teatrale.

UN’ALTRA ILIADE

testo e regia Massimo Barilla e Salvatore Arena
con Salvatore Arena
musiche originali Luigi Polimeni
scenografia Aldo Zucco
immersive sound design Luigi Polimeni e Chiara Rinciari
luci Luigi Biondi
produzione Mana Chuma Teatro

Teatro “Francesco Cilea”, Reggio Calabria | 17 aprile 2024