RENZO FRANCABANDERA | Ho piacere di seguire Danza in Rete Off a Vicenza, la sezione off della stagione di danza del Teatro Comunale, diretta da Alessandro Bevilacqua perchè è una fotografia ampia, grandangolare, dello stato della giovane scena coreografica nazionale fra nomi che iniziano a mettere i primi passi più stabili, artisti con percorso più lungo e coreografi che stanno per spiccare definitivamente il salto verso il grande giro. In diversi qui hanno trovato negli anni spazi per provare, per incontrare il pubblico in un ambiente protetto, per proporre i loro lavori davanti a sguardi che sanno prendersi cura. È una rassegna non urlata ma che negli anni è cresciuta tantissimo anche se non sapremmo dire precisamente in cosa, perché ha mantenuto quell’aria intima e familiare, facendosi accompagnare da un pubblico sempre più numeroso e diventato competente.
Insomma parliamo di uno di quei centri senza i quali il “grande giro” non sarebbe possibile.
Raccontiamo qui la ricca giornata del 13 aprile, in cui si sono susseguiti tre lavori di particolare interesse e sensibilità.

La prima proposta, ospitata nel bellissimo Odeo affrescato del Teatro Olimpico, è stata quella di YoY, giovane collettivo costituito da Emma Zani e Roberto Doveri (danzatori e coreografi) insieme a Timoteo Carbone (compositore). Nel 2021 si è concretizzata la collaborazione con l’associazione Meccaniche della meraviglia (BS) per il progetto Dialoghi con l’Arte. Il titolo del progetto è sufficientemente autoesplicativo. I due furono selezionati come coreografi per Anghiari Dance Hub 2022.
La performance è ispirata al ciclo di opere pittoriche Fiori Assenti di Albano Morandi, un artista (Roma, 1958) di compiutezza esemplare che nasce da una formazione scenografica che gli permette di trasformare le sue opere pittoriche in installazioni, come è anche in questo caso. Il progetto Fiori Assenti, infatti, nasce da una primigenia ricerca sulle forme negative, trasformatosi poi in acquarelli e olio su carta trattata con sostanza materica, gesso e vinavil.

Da queste forme sono nate poi sculture di flora fossile, tre grandi infiorescenze che cimano al culmine di esili steli metallici, quasi incapaci di reggere quel peso, delicato ma che sempre peso è. O almeno sembra. Bianche queste sculture dal sembiante di pietra e di bianco vestiti anche i due performer.
La loro danza, che parte da un groviglio a terra testa-piedi che ricorda incastri di Yin e Yang, prende una forma che cerca simbiosi ed equilibri di densità materica ma capace di stare sospesa nel movimento, che racchiude gestualità quasi di danza orientale. È un continuum che si avviluppa dentro la musica di Carbone che evolve anch’essa in modo ricorsivo e che muovendosi dentro equilibri simbiotici, arriva a dialogare con l’installazione materica alla fine, quando proprio in una posa, pare che un corpo regga l’altro sul palmo della mano, evidente riferimento al tema della leggera pesantezza, o dell’equilibrio difficile del cercare quella pesante leggerezza capace di farsi da baricentro.

Chora di Chiara Ameglio, per seguire la quale ci spostiamo nella vecchia chiesetta ora adibita a spazio culturale AB23, è una performance che abita un luogo.
Ameglio ha attraversato diverse stagioni di questa rassegna, una artista che quindi gli spettatori di Danza in Rete conoscono nelle sue mutiformi espressioni sempre però centrate su una ricerca di senso della presenza del corpo in uno spazio, che proprio nel farsi abitato da quella particolare presenza, perde le sue caratteristiche specifiche per farsi ambiente assoluto, psichico per così dire.
Troviamo la performer, formatasi alla Scuola Civica Paolo Grassi (a proposito, firmate la petizione e sostenete la battaglia contro la chiusura delle scuole civiche di Milano!), prima seduta a fondo scena, poi sdraiata per terra quasi a cercare un contatto con il respiro profondo del luogo, che infatti è l’unico elemento sonoro, quasi fossimo dentro un corpo. Si fa qui aiutare nella ricerca dell’equilibrio con l’ambiente, volutamente innaturale per via di un’illuminazione rosa shocking. Lei stessa ha un costume tutina argentea ma con sneakers ai piedi, che la fanno un po’ runner un po’ cyberg, poi perderà il suo involucro di tessuto trasparente, che verrà lasciato al muro, come crisalide, in una mutazione che è evoluzione. Il tema del disvelamento, della svestizione alla ricerca di un’essenza di sè capace di insinuare nel pubblico il bisogno di arrivare più a fondo, dentro ambienti resi innaturali dalle luci artificiali, pare essere una delle cifre della ricerca di questi anni della artista, tanto nei suoi assoli quanto nelle performance partecipate, site-specific, anche in contesti di inclusività sociale. I suoi lavori sono stati selezionati per stagioni e festival tra i quali il Progetto Europeo DanceMEUp 2021, Vetrina Anticorpi XL 2023, Prove d’Autore 2024.

Il pubblico arriva a conoscere la sua intimità ma si affaccia anche sulla propria, se riesce a seguire il flusso e a entrarci dentro. Occorre affidarsi, è un equilibrio e un terreno di esplorazione delicato, non facile. Un crinale su cui occorre saper camminare.

La serata finisce sul palcoscenico della Sala Grande del Comunale. Nel senso che pubblico e artisti condividono lo spazio del palcoscenico. Il pubblico è a fondo scena e guarda in direzione della platea. Ma la vista della platea è impedita dal grande telo che fa da superficie di proiezione e fondale dell’azione coreografica Danse Macabre!, denso lavoro di Jacopo Jenna affidato nella non facile ma fascinosa interpretazione a Ramona Caia, Andrea Dionisi, Francesco Ferrari, Sara Sguotti. Il coreografo toscano che è cresciuto negli anni passando dalle sue performance solistiche assai fisiche, quasi cinetiche (ne ricordo una fra le prime al Museo Pecci di Prato durante il Festival Contemporanea, in un fine settembre di quasi un decennio fa), alla complessità di queste regie ultravisive e visionarie, è un vero e proprio consumatore bulimico di conoscenza, un affamato di forme d’arte che fa confluire in fase di creazione verso punti di accumulazione attorno ai quali far poi coagulare i passi successivi, e accettando anche interferenze e veri e propri segni artistici di terzi in forma integrale nel suo segno, come è in questo caso per il lavoro realizzato da Roberto Fassone, che crea una serie di testualità che accompagnano dall’inizio alla fine lo spettacolo.
Si parte con i titoli dal sapore di cinema espressionista tedesco, come fossimo in un film degli anni ’20 (anche il titolo si coagula intorno ad analoghe suggestioni). Ma poi lo spettacolo si regge per un’ampia prima parte su un rapporto di sdoppiamento identitario fra personaggio filmico e presenza incarnata, intorno al tema del Doppelgänger, che è sempre un po’ un gioco allo specchio, del sè che dialoga con un al di là cristallizzato e disumano, un Aldilà. Pian piano poi l’azione precipita in un vorticoso e infernale vortice che non cerca spiegazione ma fa fluire i segni l’uno nell’altro in un denso susseguirsi che arriva anche a quelle pose da Danza Macabra che gli appassionati d’arte sicuramente conoscono: quei cicli pittorici tardo medievali – invero infrequenti – che è però possibile trovare sull’esterno di alcune nostre chiese prealpine, come a Clusone in provincia di Bergamo ad esempio, in cui gli scheletri in allegoria, rinfrescano al viandante vanaglorioso il monito della finitezza. Il limitare fra vita e morte, fra luce e buio, ispira le ultime sequenze dello spettacolo con il ricorso a laser e fumogeni che fendono lo spazio buio di geometrie immateriali al di là e al di qua delle quali i corpi ormai al buio dei performer appaiono e svaniscono come ombre. La suggestività del piano visivo non manca, e i quattro performer in scena, pur nelle loro diversità gestuali e di formazione, contribuiscono a una ricchezza semica vorticosa.

Manca la stasi. Il vuoto. Jenna è un metallo che sta nella tavola degli elementi insieme a quelli ultradensi dai nomi suggestivi e improbabili, come il Darmstadtio, il Nihonio e il Livermorio. Che certo sono elementi artificiali, non come l’Uranio, che è l’elemento naturale più pesante conosciuto. Ma se consideriamo gli elementi artificiali, di cui abbiamo iniziato ad aver conoscenza negli spazi fra chimica e fisica nucleare, beh ecco che queste sostanze dai nomi bizzarri prendono un loro spazio, per la capacità di accumulare densità. Il metallo più “pesante”, cioè con la maggior massa per unità di volume, è l’osmio che ha una densità di 22,6 grammi per centimetro cubo, una cosa che viene quasi impossibile da pensare. Ed è quello che fa per un certo verso questa performance che ambisce a generare uno spostamento percettivo dello spettatore verso dimensioni del sentire in cui fluiscono segni che si compattano in modo densissimo, sondando la materia oscura dell’immaginazione. Ognuno poi si porta a casa un cubetto di sensazioni, da far deflagrare in una personalissima fissione nucleare, rendendo visibile l’invisibile in quella che l’artista chiama “tensione ipercosciente” che vuole stare fra la vita e la morte, giocando a prendersi sul serio, o prendendo sul serio il gioco, come in una Danza Macabra, appunto.

FIORI ASSENTI 

ideazione YoY Performing Arts
coreografia e interpretazione Emma Zani e Roberto Doveri
musiche Timoteo Carbone
elemento scenico Albano Morandi – costumi HACHE
in collaborazione con Meccaniche della Meraviglia
con il sostegno di PARC Performing Arts Research Center/Fondazione Fabbrica Europa, Stazione Utopia e di IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia / Circuito CLAPS

CHORA – Variazione nomade

ideazione, coreografia, danza Chiara Ameglio
in collaborazione con Santi Crispo
produzione Fattoria Vittadini

DANSE MACABRE!

ideazione, coreografia, regia Jacopo Jenna
danza e collaborazione Ramona Caia, Andrea Dionisi, Francesco Ferrari, Sara Sguotti
collaborazione artistica e testi Roberto Fassone
suono Alberto Ricca – Bienoise
luci e direzione tecnica Mattia Bagnoli
costumi Eva di Franco
shooting video Matteo Maffesanti
organizzazione Luisa Zuffo
management Valeria Cosi – TINA Agency
produzione Klm – Kinkaleri
coproduzione Tanzhaus nrw Düsseldorf
progetto vincitore del Premio CollaborAction #6 CollaborAction XL | azione Network Anticorpi XL supporto per la danza d’autore
progetto realizzato con il contributo di EFFEA – European Festivals Fund for Emerging Artists, co-founded by the European Union; Progetto Étape Danse sostenuto da Mosaico Danza/ Festival Interplay con La Fondazione Piemonte dal Vivo e il Festival Torino Danza, Bureau du $éâtre et de la Danse à Berlin, Fabrik Potsdam, La Maison centre de développement chorégraphique national Uzès Gard Occitanie, Théâtre de Nîmes; Istituto Italiano di Cultura di Colonia | MiC-Direzione generale arti performative; MAD – Murate Art District Centrale Fies IntercettAzioni-Centro di Residenza Artistica della Lombardia ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreogra”che azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino Santarcangelo dei Teatri Fuorimargine – Centro di produzione di danza e arti performative della Sardegna