GIANNA VALENTI | Coup fatal, dieci anni dopo è un colpo di fulmine che cattura lo sguardo e il respiro e lascia senza parole, un atto di amore di Alain Platel – alla direzione artistica e alla regia — per quei corpi congolesi sulla scena, con le loro unicità di abilità e storie che arrivano al pubblico come flusso inarrestabile di ritmi musicali e danzati, dove la cultura congolese e quella europea si incontrano, si sovrappongono, si confondano. Un flusso di forme che risplendono, a tratti, nella loro purezza culturale per poi accettare di essere prese per mano e lasciarsi trasportare altrove, in un territorio in cui prevalgono lo scambio, l’appropriazione amorevole, la collaborazione e la contaminazione. Un progetto musicale, coreografico e teatrale dove ogni distinzione di genere, di lingua, di identità, di nazionalità e di cultura bassa o alta – come la danza etnica e il teatro d’opera – scompaiono, e che riafferma la volontà di Platel di scegliere e accogliere ogni corpo nella propria singolarità per immetterlo in un processo collettivo di responsabilità drammaturgica e performativa.
Coup fatal arriva al Teatro Stabile di Torino per Torinodanza Extra e per scelta della direzione artistica di Anna Cremonini: un regalo alla città dopo il suo primo debutto nel 2014 al Wiener Festwochen e, nello stesso anno, a Torinodanza che lo aveva prodotto insieme ai maggiori festival europei. Un progetto che nasce come desiderio e intuizione a Kinshasa e che si sviluppa dal 2010 al 2014 tra Platel, Fabrizio Cassol alla direzione musicale, Rodriguez Vangama alla direzione d’orchestra, Serge Kakudji, controtenore congolese, già interprete di Pitié (2008) con les ballets C de la B, e un gruppo di musicisti congolesi che la regia di Platel trasforma anche in danzatori. Uno spettacolo cult che rinasce nel 2024 per produzione della Comédie de Genève e che, in questo suo secondo passaggio a Torino, si presenta ancora più denso, complesso, fluido.

Un inizio che è semplice camminata e semplice dialogo tra la doppia chitarra elettrica e un likembe. Un finale che è puro ritmo e respiro e che disvela ciò che ha sostenuto ogni danza, ogni canto, ogni suono. Nel mezzo, quasi due ore di performance ininterrotta con una prima parte in cui si attraversa l’esperienza di un lavoro teatrale che nasce dalla sapienza di una scena che si muove tra simmetrie e asimmetrie minuziosamente calibrate: forme compatte, ordinate e unidirezionali e altre che si sviluppano nella dispersione di una pluralità di modi e di direzioni spaziali.
Una parte centrale in cui la scena esplode per sovrapposizioni e contaminazioni musicali e incalza per la circolazione e lo scambio continuo di ritmi e materiali gestuali, con uno sviluppo che ti proietta su un palco da concerto rock, con ritmi musicali che non sembrano trovare mai una chiusura, ordini spaziali che si sfaldano, corpi che per la prima volta si eclissano e dove rimangono, alla fine, solo Vangama e la sua doppia chitarra elettrica a proporre e riproporre un ritmo incessante, in un percorso di resistenza che coinvolge anche i corpi degli spettatori.
Una parte finale, con cambio d’abiti, come omaggio ai dandies di Kinshasa, personaggi che nascono dalle ceneri del colonialismo e della schiavitù – una scena inno alla loro libertà di espressione come appropriazione e trasformazione, in chiave creativa personale, di codici della moda occidentale e coloniale — e poi Nina Simone, con Young, Gifted and Black, a creare un cortocircuito sul nostro pregiudizio percettivo di ciò che è essere africano e, a seguire, Händel, con Lascia ch’io Pianga, su corpi africani che lo abitano per scelta di desiderio e di libertà.

La danza è in ogni singolo ritmo incarnato sulla scena. A muoversi e a danzare sono i corpi dei musicisti che suonano il likembe, che si muovono compatti, con passi ritmici, bassi e radicati. A danzare — con ritmi incalzanti, gesti e spostamenti coordinati, senza interruzioni sino oltre la metà del lavoro, quando raggiungono un limite fisico vicino all’abbandono — sono i corpi delle due voci di accompagnamento che Platel mette al centro della scena, facendone una sorta di griglia di sostegno per l’intero piano della performance.
La coreografia esplode poi nel corpo della danzatrice Jolie Ngemi — presenza aggiunta in questa edizione 2024 — in una danza che ci appare etnica per la presenza di elementi che riconosciamo come danza tradizionale africana, per l’uso delle gambe, del bacino, del volto e dello sguardo, ma che qui, nel montaggio scelto da Platel e per la vicinanza a ogni altro codice scenico, si fa contemporanea.
La danza è in ogni elemento che i corpi sanno offrire e che la regia sa trasformare sapientemente. Ed è così anche per i segni della storia congolese delle guerre civili e dei gruppi antigovernativi, per la marcia militare che si trasforma in scena danzata di gruppo, per il saluto militare che dalla rigidità gestuale sul capo si trasforma in stretta di mano e saluto amorevole con i corpi della platea — momenti, come altri, che incarnano un’operazione di trasformazione dalle oscurità della storia alla luce della scena.
La danza è poi nella scena di gruppo dei dandies, nella parte finale del lavoro, che immediatamente — con il suo procedere in unisono che si sfalda per poi riprendere e ricominciare — ci riporta a tanti altri lavori di Platel e a un codice coreografico di sua altissima riconoscibilità.
Sopra ogni cosa, l’esperienza di un concerto che, per le composizioni di Cassol e Vangama, si muove imprevedibilmente tra partiture barocche e partiture tradizionali congolesi non scritte, abbracciando Vivaldi e Bach, le arie di Monteverdi, Händel e Gluck scelte personalmente da Kakudji, i ritmi africani, ma anche il jazz e il rock, in un dialogo che ripropone in chiave musicale il metodo di lavoro coreografico e registico di Platel, inchinandosi alla singolarità e alla purezza delle forme, ma ricercandone contemporaneamente la contaminazione, la trasformazione e la fusione.

In Coup fatal, come in ogni altro lavoro di Platel, lo stupore per la ricchezza e l’unicità di ogni corpo e il lavoro consapevole per mettere luce a questa ricchezza sono i codici guida dell’impegno artistico. I corpi congolesi sulla scena, come immensi archivi di storie personali che intrecciano vicende politiche e sociali, hanno attraversato un processo aperto e collettivo di creazione che ha permesso una condivisione e una rielaborazione continua dei materiali; una modalità di lavoro che genera un modello altissimo di presenza personale e relazionale sulla scena e sviluppi coreografici straordinari, capaci di attivare cortocircuiti percettivi su ciò che è danza e su ciò che per abitudine chiamiamo danza.
Coup fatal è uno spettacolo di cui non sapevamo di avere bisogno, a gift that keeps on giving; uno spettacolo faro che non ricorre a tracciati concettuali, che sgretola ogni nostra aspettativa facendo continuamente slittare la percezione su codici coreografici, musicali, storici, di etnia, di nazionalità e, ancora, coloniali e post-coloniali. A più di dieci anni dal suo primo debutto, Coup fatal è un lavoro urgente e necessario, un lavoro che, in un mondo con esplosioni continue di violenza, controllo e cancellazione dell’altro, ci regala l’esperienza piena della non-separazione che nasce da uno sguardo capace di inchinarsi alle diversità dell’umano e alle possibilità armoniche di queste diversità.
COUP FATAL
direzione musicale Fabrizio Cassol
direzione artistica e regia Alain Platel
direttore d’orchestra Rodriguez Vangama
con Coco Diaz (controtenore), Russell Kadima che si alterna con Mjoe Zuka (voce), Boule Mpanya (voce), Fredy Massamba (voce), Deb’s Bukaka (balafon), Jolie Ngemi (danzatrice), Cédrick Buya (percussioni), Bouton Kalanda (likembe), Silva Makengo (likembe), Erick Ngoya (likembe), Brensley Manzo (chitarra), Évry Madiamba (percussioni), Rodriguez Vangama (chitarra elettrica, balafon)
musiche Fabrizio Cassol, Rodriguez Vangama da Händel, Vivaldi, Bach, Monteverdi, Gluck
scene Freddy Tsimba
disegno luci Carlo Bourguignon
disegno sonoro Guillaume Desmet
costumi Dorine Demuynck
fotografia Zoé Aubry
assistenti alla direzione artistica Romain Guion, Éléonore Bonah
Comédie de Genève
Produzione della prima creazione (2014) KVS – Bruxelles, Les Ballets C de la B, Théâtre national de Chaillot – Paris, Holland Festival – Amsterdam, Festival d’Avignon, Theater im Pfalzbau, Torinodanza Festival, Opéra de Lille, Wiener Festwochen
Teatro Carignano, Torino | 15 marzo 2025