RENZO FRANCABANDERA | “Siamo stati veramente felici di questa nuova ospitalità de Les Objets Volants nella programmazione di International visual theatre che continua a essere molto amato dal nostro pubblico e piano piano fa breccia anche in altri teatri italiani. I meravigliosi Kulunka Teatro – spagnoli dei Paesi Baschi – che abbiamo da soli portato in Italia per due anni di seguito, hanno appena fatto tappa a Palermo e torneranno a Udine e Pistoia prossimamente con André y Dorine (impareggiabile, poetico lavoro sul tema dell’alzheimer).
Per lo 1-2.jpgspettacolo Solitudes, che abbiamo ospitato  la passata stagione, hanno avuto il Premios Max come migliore produzione spagnola 2018. Per non parlare poi della prossima data quella di Cendres (l’8-9-10 febbraio) dei Plexus Polaire – compagnia franco/norvegese – (di cui PAC ha già parlato nell’ampio reportage di Marta Galli da Avignon Off). Anche per loro è un debutto assoluto in Italia, e siamo felici sia da noi!”.
Così ci dice Giancarlo Mordini, l’altra anima insieme al regista Angelo Savelli, del Teatro di Rifredi, uno dei luoghi più interessanti della Toscana teatrale, senz’altro un punto di riferimento da sempre per la drammaturgia contemporanea e per le forme espressive ibride dello spettacolo dal vivo oggi.

Lo abbiamo incrociato a margine delle date di Popcorn di Les Objets Volants a Firenze, approfittando anche per rivolgere alcune domande ai due interpreti di questa creazione così precisa e ricca di humor ma anche di padronanza della tecnica della giocoleria, Jean-Baptiste Diot e Jonathan Lardellier (le risposte dei quali Cristina Banchetti ha aiutato a porgere nell’italiano più preciso, ndr).
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La composizione drammaturgica di uno spettacolo che include elementi di giocoleria trova sempre una complessità nel fatto che essi rischiano di diventare esibizione di una tecnica invece che elemento dotato di consistenza simbolica. Come si arriva a questo genere di creazioni e come si mitiga questo problema?
Il nostro vocabolario è la giocoleria, ma per raccontare una storia non ci basiamo mai sulla performance tecnica. Per Popcorn abbiamo provato una grande varietà di attrezzi tecnici e una volta fatta la scelta, abbiamo cercato di capire che cosa ci raccontava tutto questo. Tutti questi elementi ci hanno portato indietro nel tempo, alla nostra infanzia.  Una volta scelto questo linguaggio, abbiamo iniziato un lavoro con una drammaturga. Per noi sarebbe stato difficile farlo da soli.

Il senso del tempo, del fragile, dell’effimero sono cruciali in queste narrazioni sceniche. In che altro modo si è sviluppato il vostro linguaggio e come è nata la passione per la giocoleria?
La giocoleria, la performance tecnica è fragile ma per noi rimane un gioco. E anche per i due ragazzi sulla scena è un gioco. Invece di giocare a Monopoly lanciamo degli anelli, invece di giocare alla Nintendo ci scambiamo delle clave: la cosa importante per noi è condividere la nostra passione per la giocoleria.

Perché secondo te nello spettacolo dal vivo questo elemento di derivazione circense non trova così largo spazio? E quali sforzi deve compiere questo stesso linguaggio per riuscire a diventare elemento di maggior dialogo con le altre arti dello spettacolo?
In Francia ci sono tante scuole di circo, nazionali e a tutti i livelli e ci sono anche molte istituzioni che sostengono il circo contemporaneo (Pôles Nationaux). È un movimento iniziato negli anni ottanta e che sta diventando  sempre più importante. Il circo contemporaneo, questa disciplina che mescola l’acrobazia, la danza, la musica, ha spazio nelle programmazioni dei teatri, nei festival e altri luoghi dedicati.

Se guardi indietro, cosa lega profondamente le tue creazioni e a cosa pensi quando devi iniziare a lavorare ad una nuova?
La cosa che lega profondamente le nostre creazioni è l’amore per la giocoleria, che è la nostra droga!

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Quando inizi a pensare a una tua creazione la pensi proprio dentro il luogo teatro? Pensi che questo luogo abbia un futuro?
Sembrerà un po’ banale, ma per Popcorn volevamo fare uno spettacolo che si potesse trasportare in una semplice auto, tipo una Kangoo; uno spettacolo da rappresentare anche in luoghi non teatrali come le sale comunali, le classi, le biblioteche, le case di riposo, per arrivare anche nelle zone rurali e la durata  del quale, dunque, non doveva oltrepassare un’ora. Questi presupposti ci hanno indicato la base su cui lavorare.
Secondo noi sì, il luogo teatro ha un futuro.

 

POPCORN

scritto e interpretato da Jean-Baptiste Diot et Jonathan Lardillier
drammaturgia Marie Yan
regia Denis Paumier
scene e luci Jonathan Lardillier