ANTONIO CRETELLA | Nella teoria della didattica si utilizza un criterio di tripartizione delle situazioni di apprendimento che risponde al principio dell’intenzionalità. Senza addentrarci nel dettaglio tecnico, è possibile riconoscere, a grandi linee, tre modalità di apprendimento: l’apprendimento formale, quello non formale e quello informale. Il grado di formalità di una situazione di apprendimento ne indica il tipo di organizzazione: un apprendimento formale avviene in una situazione progettata a tale scopo e che si conclude con una certificazione, come il percorso scolastico; un apprendimento non formale avviene all’interno di un’esperienza non esplicitamente volta alla didattica, ma comunque pianificata e formativa, come la presentazione di un libro; infine, l’apprendimento informale è quello che avviene come “effetto collaterale” di attività quotidiane, come il guardare un cartone animato. L’integrazione delle tre modalità è divenuta una necessità stringente del processo educativo, poiché gli attori dell’apprendimento informale si sono moltiplicati a dismisura con l’avvento dell’era dei media, caratterizzata dall’immersione perenne in un flusso di narrazioni e informazioni che hanno l’effetto di costruire coscienze quanto se non più della scuola. Più che di integrazione tra apprendimenti, tuttavia, lo scenario degli ultimi anni sembra metterci davanti a una concorrenza spietata tra essi: l’informale, non dovendo rispondere agli stringenti principi della formalità, è divenuto un coacervo di disinformazione, imbonimento, delegittimazione della cultura e dei valori, tesi antiscientifiche, complottismo, pensiero magico. Che cosa rivendicano i tanti laureati all’Università della Strada o all’Università della Vita se non il fatto di essersi formati in maniera informale al di fuori delle pedanterie accademiche, divenendo mamme informate, immunologi antivaccinisti e raffinati storici del negazionismo? È in corso una vera e propria lotta, in cui l’informale ha iniziato a scimmiottare modi propri dell’apprendimento formalizzato al fine di mostrarsi scientificamente fondato e credibile quanto quest’ultimo: conferenze di terrapiattisti, simposi antigender, convention di economisti del Monopoli che sarebbero dovuti essere solo materia ridanciana di un romanzo satirico, sono invece una triste realtà di manipolatori, venditori di fumo, battitori d’asta senza ritegno alcuno. È chiaro che in un clima siffatto la scuola diventi un nemico da combattere, rovesciando su di essa accuse di pensiero unico, di comunismo e di genderismo, invitando alla delazione contro i professori di “sinistra”. Insegnare è divenuto l’atto eversivo per eccellenza.