ANTONIO CRETELLA | Sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, le nazioni coinvolte erano sinceramente convinte di risolvere il conflitto in poche settimane, forti delle innovazioni tecnologiche che avrebbero, sulla carta, garantito una fulminea e risolutiva azione bellica. I tedeschi la definivano eloquentemente blitzkrieg, “guerra lampo”. In entrambi i casi, le speranze andarono disilluse quando la guerra lampo, pur con gli attacchi aerei, le comunicazioni radio, le armi chimiche e i mezzi blindati, si trasformò in un’estenuante guerra di logoramento il cui risultato era lo spostamento della linea di combattimento di pochi metri in avanti o indietro.
Ecco, la lotta alle classi pollaio ingaggiata dal MIUR ha più o meno le stesse caratteristiche: data invariabilmente d’imminente soluzione da ogni inquilino del Ministero, si trascina stancamente da lunghi anni nonostante le mirabolanti innovazioni tecniche, dalla classe 3.0 alla smartclass. Ci ritroviamo così a quattro settimane dall’inizio della scuola mentre aspettiamo che la temibile flotta dei magici girelloni volanti vinca la battaglia contro le malvagie classi pollaio, mentre gli uffici scolastici regionali continuano a utilizzare gli stessi criteri degli anni scorsi per la formazione delle classi e degli organici. Qualcosa evidentemente non quadra, a meno che, con sibillina astuzia, il Ministero non intenda far sì sparire le classi pollaio, ma per sostituirle con brulicanti classi formicaio.