LAURA NOVELLI | Qualche settimana fa, in una piccola sala di Trastevere, abbiamo assistito ad un evento ricco di grazia. La grazia è una qualità particolare: suona forse misteriosamente antica quando in realtà definisce semplicemente la poesia di quel teatro fatto come si deve che, da un lato, richiede felicità d’invenzione, mestiere, grande capacità interpretativa e, dall’altro, si mostra al pubblico come un gioco dove, senza troppi clamori, vince chi sa lasciarsi trasportare “altrove”.
Ebbene, Enoch Marrella con il suo Petrolini infinito & friends è riuscito a farci viaggiare sospesi tra passato e presente regalando un montaggio delle attrazioni degno del migliore varietà d’inizio Novecento. Lo spettacolo, debuttato in forma embrionale nel 2020 e arricchitosi strada facendo di nuovi brani e nuove idee, non è solo un omaggio al più geniale, visionario, moderno, funambolico, profetico, talentuoso, arguto, lunare, surreale, futurista, dadaista, sagace, originale, ribelle, fantasioso attore del repertorio comico italiano. È anche e soprattutto un’intelligente attualizzazione dell’arte petroliniana (arte che deforma il reale e non si limita ad imitarlo) e una valorizzazione del suo straordinario eclettismo.

Partendo dallo studio pedissequo del fondo petroliniano custodito presso la Biblioteca della Siae (già del Burcardo) e da un raffinato lavoro di arrangiamento delle musiche originali a cura del pianista Paolo Panfilo, Marrella fa rivivere qui alcuni dei personaggi più celebri dell’artista romano, Fortunello, Salamini, Gastone, Nerone, cucendo la drammaturgia con svariati frammenti delle memorie stesse dell’attore. Complici il makeup di Nina Labus e Davide Bracci e i costumi di Laura Verza, la somiglianza con l’originale è sorprendente. Ma ancora più sorprendente è la nuova linfa teatrale di cui questi materiali, cui spesso si aggiungono un monologo di Amleto, le sommesse Melanconie alla pizzaiuola e, in chiusura, la storiella morale Isabella e Beniamino in versione metal, si nutrono e ci nutrono. 

Alla robotica bizzarria fabulatoria della (super)marionetta clownistica vivacemente contaminata con la musica tecnopop si contrappone la malinconica disperazione del mendicante squattrinato; alle tirate sferzanti del fascinoso attore  ridotto a parodia di se stesso fa eco la lieve, eppur scandalosa, impudenza puerile dell’Imperatore/dittatore. Partitura verbale e partitura musicale si sposano alla perfezione e l’interprete risulta davvero sublime: le evoluzioni vocali, il trucco perfetto, la mimica sovraesposta ma mai enfatica vanno a comporre un insieme che è teatralità allo stato puro. Ovverosia, sguardo sghembo sul mondo e, appunto, poetica grazia.
Un cabaret contemporaneo arricchito dalla presenza di altri interpreti (Laura Marcucci, Francesca Romagnoli, Nilo Brugnano) e da musicisti che, oltre al fedelissimo Panfilo, si esibiscono live alternandosi di replica in replica: da Fiorenzo Lo Presti (Fiore) a Gabriele Linari, da Caravaggio a Elena D’Angelo e Daniele Parisi.

Agli spettatori non resta che stare al gioco. Beccarsi questo pugno in faccia contro la mediocrità imperante allora come oggi. E cogliere l’intelligenza di un’(auto)ironia che, decomponendo linguaggio e contenuti, sa mettere abilmente insieme cultura alta e cultura popolare, raffinatezze retoriche e buffoneria da strada, proprio come ci hanno insegnato i grandi comici dell’Arte del ‘500 e ‘600. Fortunello, ad esempio, è una figura che Petrolini (1884-1936) attinse dal fumetto e che, con il suo cappellino di latta, il naso smisurato, gli occhi estroflessi, le antenne in testa, somiglia a un folletto meccanizzato capace di strabilianti acrobazie vocali: “Sono un tipo: estetico / asmatico, linfatico, / Amo la Bibbia, la Libia, la fibia / delle scarpine / delle donnine / carine cretine. / Sono disinvolto. / Raccolto / Assolto per inesistenza di reato […]”. Gastone (cavallo di battaglia, come ben noto, anche di Gigi Proietti) rappresenta una sofferta parodia dell’attore cinematografico, dei vizi e vezzi di quei colleghi ebbri del proprio ego (“fotogenici, ricercati nel vestire, fini dicitori, conquistatori di donne a getto continuo”) da cui Petrolini prese sempre le distanze cantando: “Gastone, sei del cinema il padrone / Gastone, ho le donne a profusione / E ne faccio collezione / sono sempre ricercato /per le firme più bislacche / perché sono ben calzato / perché porto bene il fracche / con la riga ho il pantalone / Gastone, Gastone […]”. 

Ne I salamini la vis ironica si fa invece più malinconica, più lunare. Il personaggio è un accattone “camuffato dalla miseria”, uno zimbello del pubblico, una vittima dell’idiozia altrui (più contemporaneo di così!) e celebre è anche la sua canzone:    “Ho comprato i salamini e me ne vanto / se qualcuno ci patisce che io canto / è inutile sparlar / e inutile ridir / sono un bel giovanottin / sono un augellin […]”. Con Nerone, infine, Marrella approda ad una delle parodie più strutturate di Petrolini (che ne recitò anche una versione cinematografica nel 1930 diretta da Alessandro Blasetti): una sorta di Padre Ubu dall’aria sorniona e naïf che, tra rievocazione storica e grottesche mire incendiarie, si erge a caricatura dell’uomo accecato dal potere, tanto da essere spesso interpretata come una satira antifascista; in realtà l’artista, convinto mussoliniano, elaborò le prime idee della commedia già alcuni anni prima del Ventennio.

foto di Nina Tyler Z

Tuttavia è proprio con i tormentati anni Venti del ‘900 che, a distanza di un secolo, questo bel lavoro di Marrella intende gettare un ponte, quasi che le inquietudini di allora trovino una forte corrispondenza con quelle attuali. Anche perché se, gira che ti rigira, le idiozie, le storture, le imbecillità e le paure degli uomini non cambiano mai, ciò ancor più vale in tempi di crisi, di angoscia, di disagio sociale. Petrolini infinito è dunque sì uno spettacolo, ma è anche un progetto di più ampia portata: un contenitore crossmediale dove il teatro, il video, la musica (in particolare quella tecnopop di Caravaggio) e il web concorrono a restituirci l’immenso valore del patrimonio petroliniano e, al contempo, ci svelano qualcosa di noi, del nostro oggi, strappandoci risate non di rado amare. Ne abbiamo parlato con lo stesso Marrella.          

In due anni di studio e rielaborazione di copioni e partiture musicali originali il tuo progetto ha messo in campo eventi e format diversi, abbracciando sia la tradizione sia linguaggi molto contemporanaei. Un Petrolini dunque potenzialmente davvero infinito?

Potrei dire di sì. I documenti e gli stimoli che essi offrono sono straordinari e il progetto è concepito proprio come uno work in progress pronto ad accogliere sempre nuovi esiti. Abbiamo realizzato un diario di bordo del lavoro fatto dal 2020 ad oggi. Credo che nel terzo millennio un’iniziativa come questa, tesa a valorizzare e attualizzare la sconfinata eredità artistica di un genio quale Petrolini, non possa prescindere dal produrre contenuti specifici per i social media. Ciò senza snaturare il cuore del progetto che è essenzialmente ed teatrale. Alla base di tutto c’è tanto studio. Tanta riflessione. Negli ultimi mesi, ad esempio, ho avuto la possibilità di portare Petrolini al Castello Aragonese di Cosimo, e di tenere un laboratorio sulla figura di Karl Valentin (1883-1948), attore comico tedesco con cui Petrolini ha molti punti di contatto nel quadro di quel teatro surreale, cabarettistico e dadaista che tanto rivoluzionò la scena europea d’inizio Novecento. Avevano caratteri diametralmente opposti (Valentin era introverso e rimase per tutta la vita a Monaco di Baviera mentre Petrolini era estroverso, amava la mondanità, faceva una vita itinerante) ma sono stati entrambi dei rivoluzionari, due personalità anticonvenzionali e artisticamente simili. Ciò mi ha dato ulteriore materia di riflessione. Ancora non so come questa riflessione maturerà in futuro. D’altronde, anche lo spettacolo stesso è concepito come un corpo fluido: ultimamente, per esempio, ho aggiunto anche la parodia dell’Amleto al repertorio creato, altro cavallo di battaglia di Petrolini, e in alcune repliche ho proposto Isabella e Beniamino in versione metal”. 

Alla luce delle tue ricerche, cosa ti ha colpito maggiormente di Petrolini? 

Essenzialmente due aspetti. Da un lato direi il Petrolini influencer, dall’altro alcuni aspetti che racchiuderei sotto il titolo di Sacre scritture del teatro, una sorta di culto esoterico che riguarda la sua figura e, tanto più, il suo ricordo. Mi spiego meglio: influencer perché personaggi come Fortunello oggi spopolerebbero sui social, gli utenti di Tik Tokimpazzirebbero per lui. È un personaggio di una modernità estrema. La sua origine è americana. Nasce come fumetto e in Italia viene pubblicato nel 1915 dal Corriere dei Piccoli. Petrolini lo conosce così e lo trasforma radicalmente. Dal prototipo dell’immigrato irlandese che non conosce le buone maniere diventa un prototipo della modernità; grazie al suo parlare funambolico e sincopato sembra una pattumiera del mondo moderno, una latrina dell’industria; assorbe tutto e vomita tutto con una prosodia ritmata, musicale, tanto da evocare i ritmi stessi dell’hip hop. Petrolini/culto esoterico, invece, per una serie di coincidenze e di fatti. Morì giovane (aveva 52 anni) e fu molto scettico nei confronti del “cinematografo”, malgrado fosse un grande sperimentatore di generi e mezzi (la radio, ad esempio) e malgrado avesse girato qualche pellicola. Tuttavia, non si è voluto immortalare attraverso il cinema e ciò ha avvolto la sua vicenda artistica in una specie di misteriosa devozione che non passa attraverso i media ma attraverso gli uomini. Basti pensare che a Roma esiste un locale, La Conventicola, che ogni anno ne celebra il compleanno facendo una vera e propria processione nelle strade di Roma legate alla biografia stessa dell’attore quali via Giulia e via Baccina. Inoltre c’è tutta la faccenda della sua adesione al fascismo. Abbiamo molti documenti che attestano la sua amicizia con Galeazzo Ciani che gli organizzava persino le tournée all’estero. Malgrado ciò, non ebbe mai le onorificenze che avrebbe voluto; rimaneva un buffone, un pagliaccio, e ne soffrì molto.

Il suo rapporto con Roma come era?

Petrolini fu assurto a simbolo della romanità. A ben vedere, però, si tratta di un fraintendimento perché in realtà le faceva il verso, la derideva. D’altronde, derideva tutte le mode che imperversavano e anche il folclore non fu da meno. “Io al teatro Romanesco non ci tengo, se il teatro romanesco fa Petrolini, pazienza!”, dichiarò lui stesso. La canzone Tanto pe’ cantà, per esempio, è una presa in giro dello spirito romano; poi Nino Manfredi ne ha fatto un manifesto di Roma ma non è con questo spirito che era nata. 

foto di Nina Tyler Z

Come ti sei “allenato” per fare tuoi e personalizzare i materiali di partenza?

Diciamo che ho studiato molto, ma è stata soprattutto la musica, il contrappunto musicale di Paolo Panfilo, pianista che ha pregevolmente adattato gli spartiti di Petrolini, a indicarmi la strada. In gran parte del lavoro petroliniano la comicità scaturisce dalla musica e l’innesto crea sempre stupore. E con stupore mi sono approcciato al suo metodo. Credo che egli sia stato una vera e propria Supermarionetta, da intendersi nel modo in cui viene teorizzata da Gordon Craig. Fu un grande esempio di pulizia formale, un artista che riuniva sublime e popolare, un po’ come capita nel teatro Kabuki giapponese. C’è però da dire che, sebbene la sua lezione sia arrivata fino a Carmelo Bene, oltre che a tanti grandi attori comici (e penso certamente a Totò o, per avvicinarci a noi, ad Antonio Rezza), Petrolini non viene sufficientemente studiato, non gode della giusta considerazione a livello di studi e di pedagogia teatrali.    

Cosa stai progettando per il futuro di Petrolini infinito?

Per prima cosa, spero di riprendere le repliche e di avere una discreta distribuzione; cosa non facile di questi tempi. Inoltre mi piacerebbe portare lo spettacolo nei luoghi di Petrolini: le già citate Via Giulia e Via Baccina (dove visse), la splendida Villa Cleofe di Castel Gandolfo, Ronciglione (centro del viterbese di cui era originaria la sua famiglia) e naturalmente il teatro Ambra Jovinelli con l’antistante Piazza Guglielmo Pepe, una delle sue case artistiche più note e importanti. E’ un’idea alla quale tengo molto. 

Veniamo ad Enoch Marrella fuori dal progetto Petrolini: qualche mese fa hai pubblicato Nell’oceano il mondo, testo dell’omonimo spettacolo realizzato con Andrea Ciommiento nel 2014, e hai vinto l’ultima edizione del Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti con il lavoro Tecnicismi&Baldoria. Cosa puoi dirci a riguardo?

Sono molto soddisfatto di entrambe le cose. Il libro l’ho adottato come materiale di partenza per un laboratorio con gli studenti di un liceo romano (il Kant di Torpignattara) ed è stata una bellissima esperienza. Lavorando sul format dell’autobiografia, ho cercato di usare il teatro come un vero e proprio “social media”. I ragazzi erano entusiasti di potersi raccontare e ho constatato che i giovani hanno un grande bisogno di parlare di sé. Il teatro dovrebbe essere una materia scolastica obbligatoria, come capita in tanti Paesi europei o negli USA. Per quanto riguarda il Premio Cappelletti, sono stato onorato e felicissimo di vincerlo. Tecnicismi è un lavoro sullo spettacolo come idea di mondo. In scena c’è un attore che cerca di persuadere il proprio pubblico che nella società dello spettacolo siamo ormai tutti addetti ai lavori. Anche se il momento non è facile, mi auguro di poterlo distribuire e presentare in giro per la Penisola. Sto lavorando con questo scopo e, fondamentalmente, tendo ad essere ottimista. 

 

PETROLINI INFINITO & FRIEND

da Ettore Petrolini
di Enoch Marrella
con Enoch Marrella
e con Laura Marcucci, Francesca Romagnoli e Nilo Brugnano
al pianoforte il Maestro Paolo Panfilo
guests Fiorenzo Lo Presti (Fiore), Gabriele Linari, Caravaggio (Live), Elena D’Angelo, Daniele Parisi
artworks Aleksandar Stamenov (pittura), Valerio De Rose (reportage)
adattamento musicale: Paolo Panfilo
makeup: Nina Labus, David Bracci
costumi: Laura Verza
graphic: Suzana Todorovic-Marrella
comunicazione: Cristiana Piraino
foto di scena: Valerio De Rose, Valerio Faccini, Nina Tyler Z

Teatro Trastevere, Roma
3/8 maggio 2022    

trailer dello spettacolo: https://www.youtube.com/watch?v=7dtHuEP9EAQ&t=2s

web- serie sulla genesi del progetto: