EUGENIO MIRONE | «Che gran cosa il Purgatorio!» esclamava entusiasta santa Caterina da Genova alla fine del Quattrocento. In effetti, nella sua dimensione di “eternità provvisoria”, il Purgatorio rappresenta un ossimoro teologico e al tempo stesso l’essenza del Cristianesimo come religione della speranza. Nel suo celebre studio La nascita del Purgatorio lo storico francese Jacques Le Goff ha ricostruito lo sviluppo del fenomeno nel corso dei secoli individuando l’origine di tale credenza nei profondi cambiamenti che vedono coinvolta la società medievale tra XII e XIII secolo. Così come non si può più dividere il mondo tra ricchi e poveri, tra servi e padroni, non si può più dividere nemmeno tra buoni e cattivi, santi e peccatori.
A riunire in un’unica sinfonia la maggior parte dei temi sparsi fino ad allora ci pensò Dante Alighieri, la cui figurazione del “terzo luogo” come una montagna andò a imporsi nell’immaginario spirituale cristiano. La salita al Purgatorio diventa metafora stessa della vita cristiana, nella sua progressiva ed eterna liberazione dalle proprie debolezze per elevarsi verso il divino. Il Purgatorio è la dimostrazione plastica della tendenza a portare anche nell’oltretomba logiche squisitamente terrene: in esso le anime sono in vicenda e a venir meno è il concetto stesso di eternità.
Ma c’è un luogo che è concettualmente ancora più vicino al mondo terreno per il fatto di non essere parte di nessuno dei tre luoghi della Commedia: l’Antipurgatorio. Questa caratteristica è ciò che più di tutto ha attirato l’attenzione di Spreafico Eckly per il loro lavoro Bad Dante Bad English Bad Opera, debuttato al Rosendal Theater di Trondheim nel settembre 2021.

Foto di Arne Hauge

Motore della ricerca artistica della Compagnia è il desiderio di focalizzarsi su elementi del passato per riconsiderarli alla luce del presente. Lo spettacolo viene dunque a costruirsi attorno ai primi nove canti del Purgatorio, all’interno dei quali si collocano alcuni spunti di riflessione come l’esperienza umana del limbo, la nostalgia per la vita terrena, la critica di uno stato inefficiente, elementi che secondo la compagnia acquisiscono valore rilevante anche ai nostri giorni.
Spreafico Eckly è una compagnia formata dai due performer e coreografi Andrea Spreafico e Caroline Eckly, interessati fin da sempre a sfidare i confini di genere e ad approfondire una drammaturgia che si muove liberamente tra teoria, musica, danza e teatro. La compagnia non ha un gruppo fisso, tuttavia si avvale di alcune collaborazioni stabili tra le quali spicca quella con Matteo Fargion, compositore e curatore del comparto musicale della pièce oltre che interprete del personaggio di Dante. Sul palco insieme a Fergion si trovano altri tre performer: Robert M. Johanson nei panni di Virgilio e Francesca Fargion che in coppia con Martha MacBean dà voce alle anime purganti. Un trio di musicisti formato da due viole e un violoncello (Björn Guo, Stefan Penjin, Live Sunniva Smidt) completa la squadra internazionale di lavoro.

Così la narrazione dei primi nove canti del Purgatorio può avere inizio. Dal racconto del viaggio di Dante vengono selezionati alcuni tra gli episodi più significativi di ogni canto: l’incontro con Catone l’Uticense, l’anima che accoglie per prima i due pellegrini approdati sulla spiaggia ai piedi del monte, l’affettuoso scambio con il musico Casella, il dialogo con il re Manfredi e l’abbraccio tra compaesani mantovani, Virgilio e Sordello, seguito dalla feroce invettiva del poeta contro l’Italia. Tra un incontro e l’altro Dante e il suo duca giungono finalmente alla porta del Purgatorio dove l’angelo guardiano disegna le sette P sulla fronte del poeta, così che anch’egli possa intraprendere il suo percorso di pentimento.

Fin qui, si è tralasciato un particolare importante: Bad Dante Bad English Bad Opera è una traduzione della Commedia in lingua inglese, ma in un inglese anti-accademico e umile, un “bad english” per l’appunto. La motivazione di questa scelta risiede nel desiderio di emulazione del linguaggio della Commedia, Dante infatti compì una scelta rivoluzionaria decidendo di affidare al volgare della sua terra di origine, Firenze, i versi di quella che lui stesso considerava l’impresa letteraria della sua vita, quando ai tempi invece era il latino la scelta più comune come lingua per la letteratura.
L’inglese è pertanto una decisione artistica che vuole mettere in risalto la paternità del plurilinguismo di Dante, creatore di una lingua straordinariamente capace di aderire a ogni aspetto della realtà.

Al di là dell’aspetto linguistico, però, è la musica l’elemento centrale della pièce. Essa è indagata su più livelli che intersecati tra loro vanno a costruire la struttura dello spettacolo. Innanzitutto, c’è la sinfonia degli archi che sostiene l’azione e ne amplifica la risonanza in specifici tratti; su di essa si poggia la musicalità dei versi suddivisi in recitativi e arie, dove tutto il valore vocale dei performer ha modo di esprimersi.
L’elemento sonoro più caratteristico è però la lettura continua delle parole-rima che chiudono i versi di ogni terzina. L’origine linguistica fiorentina viene preservata, non altrettanto accade per l’integrità delle parole, dato che le bocche degli attori pronunciano solamente le ultime due sillabe di ogni lemma.
Le rime di per sé neutre, vengono così a incastrarsi nelle parti dialogate e cantate, acquisendo valore a seconda della situazione. Spesso creano un sottofondo assurdo che genera ampie risate tra il pubblico. Quel che viene a generarsi è una cantilena continua che fa della musica il respiro dell’intera pièce.

Al Teatro della Triennale di Milano Bad Dante Bad English Bad Opera è un grande successo certificato dalla durata degli applausi di un pubblico entusiasta. È il giusto riconoscimento per un lavoro encomiabile in cui musica e poesia riescono a dialogare efficacemente in virtù di una drammaturga studiata ma non pesante.
Lo scetticismo sarebbe stato giustificabile: come è possibile recitare, cantare e coreografare i versi del Purgatorio senza che ne esca fuori un miscuglio indefinito di linguaggi? A chiusura del sipario ogni dubbio svanisce, questo accade quando grandi professionisti lavorano con rigore per realizzare un’idea innovativa. L’originalità, se non è cosa campata per aria, ripaga.
Menzione d’onore per le voci angeliche Francesca Fargion e Martha MacBean e, soprattutto, per Robert M. Johanson, in grado di restituire con la sola presenza scenica un Virgilio insolito, sarcastico e pungente ma sempre pronto a confortare Dante. Nonostante il percorso all’Inferno si sia concluso, egli vive ancora momenti di paura; lo afferma Le Goff: «Non bisogna credere che il Purgatorio dantesco sia già un paradiso, i suoi gironi risuonano di pianti e gemiti», a testimonianza di quanto il Purgatorio sia vicino alla nostro mondo terreno.

BAD DANTE BAD ENGLISH BAD OPERA

musica Matteo Fargion
testo, direttore Andrea Spreafico
cantanti Francesca Fargion, Matteo Fargion, Robert M. Johanson, Martha MacBean
musicisti Björn Guo, Stefan Penjin, Live Sunniva Smidt
luci Randiane Sandboe
sound designer Tor Erik Eriksson
costumi, set design Miranda Mac Letten
coreografia (Canto V): Timothy Bartlett, Miranda Mac Letten
coreografia (Canto VI): Mirte Bogaert, Karen Eide Bøen
produzione: Spreafico Eckly, Art & About
coproduzione: Rosendal Teater (Trondheim), BIT Teatergarasjen (Bergen)

Triennale Teatro, Milano | 22 marzo 2023