MARIA FRANCESCA SACCO* | Dopo La tempesta, dopo Shakespeare, cosa accade al mondo della magia e dell’immaginazione? Dove finisce la misteriosa isola del mago Prospero?
Sono domande come queste che guidano Dopo la tempesta, titolo provocatorio, quasi ambizioso, dell’ultimo lavoro prodotto da Teatro Out Off, con Monica Bonomi e Fabrizio Calfapietra diretti da Andrea Piazza.
La tempesta è l’ultimo dramma scritto del bardo prima del suo definitivo congedo dalle scene e il ritiro a Stratford. Un testo simbolo del cambiamento e dell’evoluzione dell’essere, che Piazza decide di immergere nella contemporaneità, aggiungendo al tema della magia l’elemento della solitudine e dell’emarginazione.

foto di Alessandro Villa

L’ambientazione è una Milano periferica, grigia e cupa, zeppa di edifici, carica di strade ingolfate. Tutto è tetro come gli oggetti che appaiono sulla scena: un’altalena abbandonata, uno scivolo sgangherato, ciottoli e polvere; un allestimento che restituisce un senso di sconfinata solitudine e una tangibile asetticità (scene di Alice Vanini). Si tratta di un parco dove un giovane triste temporeggia al cellulare tentando, senza riuscirci, di inviare al padre un nota vocale d’aiuto, perché ha perso il lavoro, non ha soldi, non ha una casa e nessun futuro, è solo.
In quel momento appare una signora dalla voce squillante che si presenta come Ariel, proprio quella del dramma shakespeariano, lo spirito dell’aria, insomma. L’incredulità e lo scetticismo del ragazzo – e dello spettatore – sono affidati a una lista proiettata su uno schermo, dove scorrono i pregiudizi che gli altri, i vicini, hanno sulla donna: folle visionaria, depressa, gonfia di psicofarmaci, dipendente dal gioco, strana. Sola.
È chiaro che si tratti di una Ariel fuori forma e sfiorita: non è più in grado di provocare nessuna tempesta e, inoltre, gira sola come una vagabonda. Tuttavia, l’elemento magico non l’ha abbandonata del tutto: riesce sempre a trovarsi da vivere con qualche espediente, scovando soldi dentro un cestino della spazzatura, vincendo al Gratta e Vinci o alle slot machine. Ma mette insieme solamente la cifra necessaria per il giorno: è una magia che le ricorda la preoccupazione per la sopravvivenza e il presente. Le tempeste no, quelle non le appartengono più.

foto di Alessandro Villa

Dunque, Dopo la tempesta si articola in serrati dialoghi tra Bonomi e Calfapietra: battute ironiche e citazioni del testo originale si rincorrono e si mischiano con disinvoltura, mostrando una recitazione salda e precisa, accompagnata da movimenti altrettanto puntuali che vedono i protagonisti occupare tutta la scena, ma con ritmi diversi. Il giovane più agitato e inquieto corre da una parte all’altra senza trovare pace, mentre l’anziana è più lenta e rassegnata.
Questi due mondi si incontrano proprio in virtù della loro solitudine, perché Ariel è convinta che il ragazzo sia Prospero, giunto per salvarla da questo grigio mondo e pronto a ridarle i suoi poteri. Crede, inoltre, che lui stesso debba riconoscere la sua vera identità. Per tale ragione, si offre di ospitarlo e insieme fanno rivivere, come in uno psicodramma, quelle parole e quelle azioni che dovrebbero risvegliarli dal sonno, grazie a un teatrino delle ombre che allestiscono all’occorrenza.
La coppia appare bizzarra per la differenza d’età e la loro connessione ricorda quella tra Arold e Maude (protagonisti dell’omonimo film del 1971 di Hals Ashby), che intrecciano una relazione amorosa accomunati dal fatto di essere diversi dal resto del mondo. In Dopo la tempesta di amore non si parla, ma esso serpeggia presunto dalle malelingue del vicinato o insinuato dagli amici del giovane. Tuttavia, la natura del legame è anche in questo caso un mutuo aiuto contro l’emarginazione e un sostegno contro la solitudine.

foto di Alessandro Villa

Il gioco delle ombre in scena è suggestivo, intrigante e costante (luci di Luigi Chiaromonte): nella parte metateatrale, i due sfruttano quelle degli oggetti per dare vita ai personaggi del dramma shakespeariano, mentre in altre scene si vedono le ombre dei protagonisti ingrandirsi a dismisura sulle pareti o rimpicciolirsi, aggiungendo potenza alle battute e suggerendo un riferimento a un mondo altro, magico.
La frustrazione della protagonista è un crescendo drammatico all’interno dello spettacolo e si unisce alla disperazione che non vi sia, in realtà, una concreta possibilità di recuperare la magia, né un modo per affermare la propria unicità. E mentre lei si dispera, il ragazzo sfugge, confuso e indeciso se assecondarla, credendole, o continuare la sua vita come se niente fosse.
Infine, Ariel fa la sua scelta: si getta dal quarto piano rinunciando per sempre a essere riconosciuta. Il salto nel vuoto viene narrato dal giovane, che diventa una voce esterna che descrive l’impatto, freddo come la scenario che lo circonda, consegnandoci una sorta di epitaffio «adesso sei libera nell’aria».
Con questo gesto Ariel sembra voler ricordare che «siamo fatti della stessa sostanza dei nostri sogni» e cioè effimeri, avendo tuttavia un seme di magia. Solo che viviamo nel sonno, dove le richieste di aiuto rimangono inascoltate o non inviate, come la nota vocale all’inizio dello spettacolo.
In definitiva, Dopo la tempesta lancia una riflessione e, insieme, un invito al risveglio. Mentre, in sottofondo, restano le domande dell’inizio: cosa accadrà dopo Ariel? Giungerà l’epoca della rivoluzione? Il ragazzo-Prospero si ridesterà, finalmente? Domande aperte, come le possibilità a ogni incontro che facciamo, che sia al parco o sulla scena, tra simili o tra diversi.

DOPO LA TEMPESTA
ispirato a William Shakespeare

di Francesco Toscani
regia di Andrea Piazza
con Monica Bonomi e Fabrizio Calfapietra
scene e costumi Alice Vanini
luci Luigi Chiaromonte 
assistente alle scene Cristina Molteni
collaborazione alle musiche Simone Giannì

Teatro Out Off, Milano | 14 aprile 2024

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.