balla di fieno rotolanteEMANUELE TIRELLI | I fatti sono due. Le idee non cadono dagli alberi e l’Italia ha patrimoni meravigliosi stipati in cantina e inaccessibili.
Lo scorso anno, l’ex ministro Massimo Bray aveva proposto l’affidamento ai privati dei musei inutilizzati.
Pensiamo poi ad arredi e oggetti ammassati in alcune stanze della Reggia di Caserta. Oppure alla Villa Reale di Monza, abbandonata e saccheggiata serenamente per anni.
A Caltanissetta, Gela, Mazzarino, Marianopoli e San Cataldo. E a molti altri ancora. Senza considerare la possibile ricaduta economica che il recupero e la valorizzazione di questi siti potrebbero avere sulle finanze del nostro Paese, come sottolinea una puntata di Report dello scorso anno intitolata ironicamente “Belli da morire”.
Spesso è il tira e molla tra le istituzioni a generare un andazzo infinito capace di mummificare ogni cosa e quasi pure ogni speranza. E spesso il motivo è che non si sa cosa farne o “non ci sono soldi”. Anche se poi l’Italia riceve danari dall’Europa e li restituisce perché non li ha usati.

Potremmo dire, quasi quasi, più o meno, la stessa cosa del Conservatorio di Firenze. Al suo interno c’è il Fondo Pitti, biblioteca musicale dei Granduchi di Toscana dedicata, tra le altre cose, alle trascrizioni per quartetti d’archi e ottetti di fiati di grandi opere di aree italiana e viennese. Parliamo di Mozart, Cimarosa, Paisiello, Salieri e Beethoven. Per dirne qualcuno.
Sembra infatti che tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, e ancora fino a Giuseppe Verdi, fosse molto in voga trascriverle per formazioni musicali numericamente più snelle che potessero riproporle anche nei palazzi dei signori, senza dover raggiungere necessariamente i pochi teatri d’opera. Un po’ come un juke-box d’altri tempi.
Questo materiale è rimasto inutilizzato dall’unità d’Italia (appena 153 anni fa), fino a quando qualcuno non si è ricordato che le idee non cadono dagli alberi e ha scritto un progetto. Questo qualcuno si chiama Quartetto Delfico, è una formazione italiana che suona in tutta Europa ed è al suo secondo disco con l’etichetta olandese Brilliant Classics.
Quattro bravi musicisti hanno messo nero su bianco il Progetto Pitti hanno bussato alla porta del Conservatorio per domandare l’accesso al materiale. Perché? Per usarlo, naturalmente. Quattro programmi musicali all’anno per i prossimi 3 anni, ognuno dei quali deve debuttare necessariamente a Firenze e poi andare dove li porterà il Quartetto. Tutto ok. Il Conservatorio ha accettato. Hanno iniziato con “Don Giovanni allo specchio” per lo scorso Maggio Musicale Fiorentino, proseguito subito dopo con “Benucci, star dell’opera buffa a Vienna”, mentre dal prossimo autunno sarà la volta dei due programmi dedicati alla “Passione di Nostro Signore Gesù Cristo” di Paisiello e a musiche originali per quartetto di autori più o meno conosciuti come Luigi Boccherini. E anche qui, i fatti sono due. La formazione può avere accesso, utilizzare e portare in giro materiale che non si sarebbe mai potuta permettere. E il Conservatorio può vedere utilizzato il proprio materiale altrimenti serenamente abbandonato in archivio, senza spendere un euro e con il suo marchio sempre presente. Tutto questo ha mosso anche la curiosità di festival italiani e stranieri e di etichette discografiche interessate ad ospitare e incidere su disco le musiche del progetto.
Beh, certo, viste da questa prospettiva le cose sembrano più facili. E il problema, quasi sempre, è tutto nella differenza tra un sistema che ha la burocrazia intelligente e proattiva e un altro in cui la burocrazia si nasconde dietro le leggi per far morire la propria realtà.
È come fare perennemente lo sciopero bianco. Ecco, l’Italia è da 153 anni almeno in sciopero bianco. Oppure è in malattia.

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