RENZO FRANCABANDERA | Da alcuni anni Animanera e Magdalena Barile hanno una partnership compagnia/drammaturga consolidata, sfociata in diverse messe in scena, delle quali la più intrigante è stata qualche anno fa la seconda parte del dittico sulla famiglia composto da Senza Famiglia (2010) e appunto Fine Famiglia (2012), impietoso affresco sulla famiglia contemporanea in disfacimento.
Il legame che quel lavoro ha con Un altro Amleto, ultima fatica dell’accopiata drammaturgico-attorale è in realtà molto netto. La Barile, come Aldo Cassano & C. , è interessata all’evoluzione dei legami nella società, che vive disinvoltamente una pansessualità diffusa e una liquidità delle relazioni ma solo dietro la maschera ipocrita della “pubblica virtù”. Emblematici, anche se a mio parere meno riusciti dal punto di vista scenico, diversi esiti intermedi su questo tema, compreso il più filosofico, ma non meno esplicito La moda e la morte, riscrittura di un’operetta morale leopardiana, proposto in prima nazionale all’Elfo Puccini in questa stessa stagione. Ma se lì il tema era la confusione che la società della massmedialità socializzata ha della Storia, qui il tema è torna ad essere quello dell’affetto ambiguo, della violenza intra moenia, e l’incapacità diremmo quasi generazionale di fare i conti con la famiglia, specie quando c’è di mezzo il ricatto economico.
Da questo punto di vista, quindi, il nesso con il dittico della Famiglia si può dire trovi qui sviluppo concettuale non sappiamo se definitivo (magari potrebbe anche esser bene se in qualche modo lo fosse) ma certamente rotondo, di grande ricchezza scenica, capace di rinnovare il classico senza violentarlo e di raccontarne una attualità diversa, particolare, vera.

©ValeriaPalermoUNALTROAMLETO_ANIMANERA-IMG_79541.jpgQuesto Amleto brianzolo è l’unico erede di una ricca famiglia di industriali. Vive nel lusso e nel vizio che lo impippano caratterialmente, facendolo diventare un nevrotico indeciso. Lo sorprendiamo in aereo che quasi non sa dove andare e cosa fare. Risbucherà a casa di ritorno da (verosimilmente inutili ma socialmente indispensabili) studi all’estero postlaurea e pieno di livore per lo sviluppo delle sue vicende familiari, identiche a quelle del prototipo shakespeariano: un “carciofino sott’odio”, insomma, come la drammaturga in vena di allitterazioni lo va a definire. Ma tornato nella melliflua rotondità ovattata del mondo ricco (e sulla rotondità il lettore metta un asterisco, che richiameremo dopo), dove la madre quasi incestuosamente lo avvolge e lo zio gli si arrende offrendogli la giugulare, il ricco dandy, per giunta ben strusciato da una giovinetta di provincia, dedita e innamorata, inizia a beccheggiare fra odio e tenerezza.
Meglio che in tanti altri allestimenti, la cifra dark di Animanera riesce a calzare in modo particolarmente efficace la tragicommedia, e il merito, netto per chi vede l’opera, va all’incrocio creativo della regia di espressionismo contemporaneo di Cassano con la geometrica straordinaria lucidità della scenografia, frutto del grande talento di Valentina Tescari, una delle maggiori interpreti della creazione dello spazio teatrale in Italia.
Sono le sue idee a permettere in alcuni momenti a Cassano di liberare grandi slanci registici, visionari, come il tableau vivent che ripropone il celebre dipinto di David “Morte di Marat” in salsa shakespeariana.
Tanto più la parola si fa sconvenientemente tondeggiante, circondante (l’asterisco…), tanto più le creazioni della Tescari si fanno appuntite, geometriche, di un design spinto fino all’estremo, con sedie dalla seduta improbabile, vasche da bagno acute negli angoli, finestre che scendono dall’alto, elementi scenici bianchi che emergono dal buio che ammanta il grande vuoto scenico, da botole, fondali semoventi, quinte laterali, per irrompere nella scena con una potenza evocativa attorno alle quali l’attore non può che andare a segno. Foreste spigolose di alberi e baldacchino del letto che paiono uscire da musei d’arte contemporanea, la tavolata da pranzo con sedute scomode, aiutano a dare all’ambiente mentale di Animanera quel controcanto che spiega ancora una volta come il teatro sia un’arte complessa fatta di segni multipli (il foglio di sala ringrazia sullo specifico tema anche Francesco Aurilia, Tommaso Bigi e Martina Colli del corso di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera).
In questi quadri minimal, fatti di buio e spigolose sculture bianche, le sonorità di classici della cultura pop alternativa come Lullaby dei The Cure o Space Oddity di Bowie nella classicheggiante rilettura per archi del Vitamin String Quartet suonano grottesca irrisione di una contemporaneità edulcorata, mentre la Zuin-Gertrude si scoscia, Nicola Stravalaci – Claudio le allunga le mani pelose con gesti da cummenda sulla neve, Amleto – Federico Manfredi quasi guardoneggia arruffandosi i capelli sconvolti, mentre Ofelia – Emilia Scarpati Fanetti appare e scompare fra mezze tenere nudità ed inconsistenze paranoiche.
Vedere questo spettacolo, che ha i crismi del grande allestimento (povero ma intelligente), sul palcoscenico del CRT Milano che lo produce, e sentire l’intimo piacere della caustica riscrittura, della fantastica orchestrazione scenografica, del bel dialogo fra questa e la regia, finalmente misurata e non indulgente verso un’attoralità che avrebbe potuto sbavare diventando solo maschera  e invece no, ci convince di trovarci di fronte ad una prova di maturità collettiva che non sfigurerebbe su alcun palcoscenico dei grandi teatri nazionali al posto di quelle trombonesche riletture del Bardo che ancora si vedono in giro, ad uso e consumo della naftalina domenicale degli abbonati ottuagenari (ammesso e non concesso che le leggi, le burocrazie, i FUS, i TRIC e i TRAC ancora permettano ad uno spettacolo, in Italia, di circuitare).
Poi per carità, avrà pure qualche difetto qui e lì, ma anche Venere era strabica. Qui forse non c’è proprio Venere, ma avessi un teatro lo programmerei, per giunta nella stagione dei classici.

UN ALTRO AMLETO
Regia Aldo Cassano
Con Federico Manfredi, Emilia Scarpati Fanetti, Nicola Stravalaci, Debora Zuin
Assistenti regia Natascia Curci, Antonio Spitaleri
Suoni Antonio Spitaleri
Costumi Lucia Lapolla
Luci Giuseppe Sordi
Scene Valentina Tescari

Un progetto di Animanera
Con il contributo di NEXT Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo – REGIONE LOMBARDIA e FONDAZIONE CARIPLO
Produzione CRT Milano