RENZO FRANCABANDERA | Si esce dal Teatro Laura Betti di Casalecchio insieme a centinaia di persone che hanno goduto, divertite, della visione di Overload di Sotterraneo (qui l’intervista di PAC). A dodici anni dal loro avvento sulla scena italiana con il loro fulminante e innovativo Post it (2007), tiro il filo fra la prima e l’ultima produzione di Sotterraneo e viene da pensare come in realtà il teatro, e non solo nel loro caso, possa essere un incredibile esorcismo contro la morte.
Un modo per parlarne, pratica in cui il collettivo artistico formato ora da Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa, sembra avere una spiccata capacità di profondità e caustica ironia.
Gli spettatori bolognesi possono trarne un compiuto spaccato in questo avvio di stagione teatrale per via del Progetto sotterraneo, un programma che propone una vasta panoramica della produzione artistica di Sotterraneo, con spettacoli, laboratori e incontri a Bologna, Casalecchio di Reno, Castel Maggiore, Modena, Ravenna, promosso da Agorà e Ater Circuito regionale multidisciplinare/Teatro Comunale Laura Betti in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione, Ateliersi, Trasparenze Stagione, Ravenna Teatro e Scenario Festival.
Uscito dallo spettacolo, che ha visibilmente due sezioni separate da una partizione estetica molto netta, la domanda è: ma volevano parlarci, attraverso lo sguardo dello scrittore David Foster Wallace della frammentarietà contemporanea, con “un linguaggio teatrale inedito, dal tratto collettivo, capace di penetrare l’oscurità suscitando al contempo il sorriso”, come hanno indicato i colleghi che l’anno scorso l’hanno eletto spettacolo dell’anno riconoscendogli il premio UBU? Oppure si tratta di una grande distrazione per trascinare poi gli spettatori, carichi a pallettoni, su un finale senza interruzioni e distrazioni in cui gli attori descrivono un ritorno a casa tragico con auto che sbanda e finisce in mare; in cui tutti muoiono, in un soffondersi subacqueo di luci e suoni?
In cui, a differenza dei 50 minuti precedenti, dove da ogni argomento e da ogni circostanza, la compagnia ci proponeva una way out tecnica, la possibilità di pensare ad altro, di guardare altrove, di uscirsene con una cazzata, una distrazione portata dentro dall’esterno, un pop up geniale o ironico, invece non si scappa?
Qui viene in mente anche un secondo punto: molta parte del teatro di Sotterraneo arriva proprio da dietro le quinte teatrali. Si sviluppa in un dialogo costante, l’attesa di un alimento esterno, di un nutrimento creativo di cui la scena finisce per essere succube. È come se tutto arrivasse da fuori, piovesse dall’esterno nel teatro dei Sotterraneo. Penso per opposto al classico spettacolo di narrazione, in cui tutto è sotto gli occhi. L’uomo, la sedia, il faro. O il teatro ottocentesco e di inizio Novecento, il teatro borghese, in cui quello che accade accade in scena.
La rivoluzione di Sotterraneo è qui secondo me: i giochi, l’arrivo del simbolo sono esterni; da Post it a Overload Sotterraneo fa ragionare finanche su una sorta di impotenza della società, considerando che tutto arriva in un continuo meccanismo di palesamento del deus ex machina, in una sorta di prestigio teatrale dove quello che vedi c’è, poi ad un certo punto dalla manica sbuca il coniglio, poi puf! scompare, e arriva il lupo che se lo è mangiato.
In tutto questo, pur essendo semanticamente scivoloso e portatore di profonde insicurezze, a ben pensarci, il linguaggio di Sotterraneo riesce ancora a dialogare con la salda base ottuagenaria degli abbonati in poltrona, ma avendo compiuto il salto generazionale di referenza più di ogni altra compagnia fra quelle nate (e alcune anche morte) fra il 2005 e il 2010, sopravvivendo a crisi varie e definendo una cifra leggibile e stilisticamente connotata, ma non monotòna.
Il codice di Sotterraneo supera ma non ammazza l’attore, gioca con la tecnologia ma senza che diventi un assillo. E soprattutto, pur usando trucchi e armamentari da teatro tradizionale, parla a una generazione con cui il teatro difficilmente riesce più a dialogare.
OVERLOAD
regia di Sotterraneo
drammaturgia Daniele Villa
con Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini
luci Marco Santambrogio
costumi Laura Dondoli
sound design Mattia Tuliozi
produzione Sotterraneo
coproduzione Teatro Nacional D. Maria II / APAP – Performing Europe 2020
sostegno Regione Toscana, Mibact, Sillumina – copiaprivata per i giovani, per la cultura
Premio Ubu spettacolo dell’anno 2018
Premio Best of Be Festival Tour 2016 (tour in Spagna & Regno Unito)
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