ILENA AMBROSIO | C’era una volta il teatro. C’erano una volta persone che sedevano l’una accanto all’altra, in una sala buia, e guardavano su un palco altre persone agire e raccontare una storia. Una volta c’era tutto questo, poi è arrivato un mostro cattivo chiamato Coronavirus che ha sbarrato le porte dei teatri, dei cinema, e ha piazzato mascherine tra la gente e il mondo.
La storia la conosciamo tutti; i protagonisti, del resto, siamo noi. E conosciamo bene, anche, la difficoltà, la rabbia, la frustrazione di chi in quel mondo chiamato teatro ci lavora e ha dovuto fare i conti con un drammatico vuoto, emotivo, psicologico, materiale.
Di fronte a quel baratro alcuni hanno ceduto allo sconforto sterile, alla critica cieca, incapace di stimoli, di propositività. Alcuni, non tutti.

Tonio De Nitto e Raffaella Romano

Tra coloro che hanno deciso, pur nella inopinabile difficoltà, di fare di questo momento inedito un’occasione e uno stimolo, ci sono Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo Teatro che, con la direzione artistica e organizzativa di Tonio De Nitto e Raffaella Romano, hanno accolto la sfida di stravolgere il loro Kids Festival – oramai consolidata vetrina internazionale di teatro ragazzi – facendone qualcosa di totalmente nuovo. L’edizione abbracci sospesi, iniziata il 28 dicembre e in programma fino al 10 gennaio (e disponibile sino al 20 gennaio), sta proponendo on line e in modo gratuito, da un lato una serie di proposte laboratoriali Kids Village guidate da diversi artisti che negli anni passati hanno popolato e condotto attività per i ragazzi durante il Festival, trasformandole in esperienze video, piccoli manuali, abbecedari affidati alla regia di Lucio Toma e Francesca Randazzo e agli inserti in stop motion di Francesco Conti; dall’altro una serie di contenuti audiovisivi, veri e propri cortometraggi, realizzati con la regia di Eliana Manca: un ripensamento dei racconti di In viaggio con le storie ambientati nel Museo Ferroviario di Lecce, tappa fissa del Festival, declinati nelle modalità del mezzo digitale.
Il risultato è una mini web serie che non aspira a farsi surrogato di teatro, “supplenza” degli attori vivi sulla scena, ma è un format appositamente pensato, che prende tanto dal teatro quanto dal cinema, pur non essendo ne l’uno né l’altro e pur conservando tutti gli ingredienti che fanno di Kids un’esperienza preziosa di arte tout public.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Tonio de Nitto per farci raccontare questo diverso Kids Festival. 

Allora Tonio, come va? Come state vivendo questi giorni di messa in onda dei video realizzati per Kids?

Siamo super elettrici, la macchina che abbiamo messo in moto ci sta dando enormi soddisfazioni e anche grandi aperture perché ci ha fatto confrontare con un linguaggio nuovo, che non avevamo mai sperimentato.
Io mi sono entusiasmato tantissimo. Creare questa miniserie, pensare con Eliana alla sigla (un poetico omaggio ai 100 anni di The Kid di Chaplin, interpretata da Dario e Rocco Cadei. nda),  assistere alla produzione dei video, è stato davvero stimolante. Il lavoro con gli attori, poi, ha fatto scaturire cose che sono sicuro avranno un seguito. L’esperienza di questo ibrido tra cinema e teatro ha acceso in me un desiderio pazzesco di proseguire su questa strada, di affacciarmi al mondo del cinema. In questo secondo lockdown ho maturato tantissime nuove idee…

È bello e soprattutto inconsueto, di recente, sentire tanto entusiasmo. Eppure parli dell’approccio a un linguaggio, quello video, che ha sollevato non poche perplessità – per usare un eufemismo – nei teatranti in questi mesi. Come vi ponete, alla luce di questa esperienza, rispetto all’ostica questione della fruizione digitale dell’arte?

Proprio su questo tema ci sarà un incontro il 5 gennaio perché dalla demonizzazione del teatro in video, che noi tutti teatranti abbiamo messo in atto all’inizio, sono nate poi delle esperienze nuove, è nata l’opportunità di reinventarsi e affrontare un nuovo linguaggio che secondo me, d’ora in poi, scorrerà parallelo a quello del teatro dal vivo. Prima di tutto per temi e contenuti: pensa alle riprese dei backstage, alle interviste, ai contenuti pubblicati oramai da tutti i teatri; sono tutti strumenti in più che saranno fondamentali nel rapporto con i pubblici, come le bonus track degli album o i contenuti speciali dei film. Questa è già una filiera di cose interessanti che potrebbero accompagnare le produzioni e il nostro modo di fare il teatro, dando l’opportunità di allargare lo sguardo.
Al tempo stesso, poi, c’è un linguaggio nuovo che può venire fuori. Noi, a nostro modo, ci abbiamo provato realizzando qualcosa che non è il cinema e nemmeno il teatro, una cosa che attraversa entrambi e ci offre nuove possibilità.

Rispetto alla messa in video del teatro c’è da dire che molta parte della problematicità sta proprio nelle regie video, il più delle volte inadatte. Dai vostri corti invece è evidente che avete optato per delle modalità che ridessero dignità alla ripresa di un prodotto di “fattura” teatrale.

Tonio De Nitto ed Eliana Manca

Esatto, questa è stata la sfida principale del dialogo con Eliana. Con lei c’è stata un’intesa straordinaria e la sua sapienza con il mezzo video ha dato a ciascuno di questi lavori una diversa impronta, ne ha fatto ogni volta una sperimentazione sul linguaggio.
Fin dall’inizio, l’obiettivo non è stato realizzare semplici riprese di racconto, il che sarebbe stato piatto e noioso, ma di strutturare ogni episodio in modo che avesse, come dicevi, una sua dignità. Senza il pubblico sarebbe stato impossibile mettere un attore semplicemente a raccontare in un vagone. È stato necessario reinventarsi e abbracciare una strada nuova che non è teatro puro né cinema puro, per dare dignità a questo lavoro senza violentare il teatro e senza far finta di fare il cinema.

Però voi siete teatranti, gli attori protagonisti sono teatranti. Secondo te cosa hanno potuto conservare del loro essere attori di teatro e cosa invece hanno dovuto necessariamente abbandonare? A cosa hanno dovuto rinunciare per acquisire questo linguaggio ibrido?

Secondo me rinunciano a quella bellissima esperienza che ti dà il teatro di poter, replica dopo replica, cesellare il tuo lavoro, costruire e dare profondità ai tuoi personaggi ogni volta di più, scoprire delle cose che possono comunicarti qualcosa di nuovo. E non si tratta solo dell’incontro con il pubblico, è una cosa che viene proprio dalla scena. Il teatro ha una vita che si nutre dell’esperienza di ogni giorno, c’è una verità che si rifonda ogni volta sulla scena e che ti dà un respiro diverso, in una evoluzione che è sempre in perfettibile. Si può debuttare in un modo e poi veder lo spettacolo mutare nell’interazione con i colleghi, nella vita che porti dentro in quel momento. Questa cosa magica, nel video, ovviamente si perde perché l’esperienza si conclude con la ripresa.

Però è stata una bella sfida, molti degli attori non avevano mai fatto un’esperienza del genere quindi, a fronte della perdita, è stata di certo un’occasione di arricchimento. Ci siamo cimentati con un mondo che abbiamo scoperto di giorno in giorno, mantenendo però quel patto con la realtà e con il pubblico che è tipico del teatro: essere in un luogo e farlo diventare, di volta in volta, qualcosa di diverso. Ci siamo portati dietro il teatro con le sue regole, che a volte abbiamo dovuto lasciare andare ma che restano comunque il nostro fondamento. Questo ha significato reinventarsi e mettersi in discussione.
In generale, poi, il mezzo digitale ha offerto al Festival la possibilità di diventare un caso anche nazionale, e l’opportunità a chiunque di vedere ciò che stiamo proponendo. C’è di certo una risonanza maggiore.

La scelta di non mettere in streaming gli spettacoli che avevate pensato per questa edizione, ma di creare contenuti ad hoc è stata coraggiosa. Restano però i filoni fondamentali del festival: i racconti e l’interazione con i bambini attraverso i laboratori.

Infatti, le due direttrici fondamentali restano – i racconti nel Museo e i laboratori del Kids Village – ma con contenuti del tutto originali che dessero anche gli attori, fermi da molto tempo, l’occasione di avere nuovi stimoli e un lavoro vero e proprio.
I racconti sono diventati una mini serie e i laboratori del Village dei piccoli viaggi, delle proposte esperenziali agli spettatori, molte delle quali prevedono anche l’interazione tramite l’invio di materiale da parte dei ragazzi. 

Proprio l’utilizzo del digitale da parte di bambini e ragazzi, specialmente in questo momento, mi pare una questione cruciale. Da un lato loro sono abilissimi con la tecnologia e si sentono a proprio agio nel fruire contenuti virtuali, dall’altro, però, non temi che abbiano una conferma che anche ciò che necessita dell’incontro, come il teatro, poi tutto sommato possa essere incorniciato in uno schermo? Che affidino le loro esperienze a quel mezzo, come del resto già avviene spesso nelle loro relazioni?

Secondo me no, Ilena. Per esempio i laboratori del Kids Village sono proposte di esperienze che non vogliono sostituirsi all’incontro. Il teatro, in fin dei conti, non può avere surrogati; puoi inventare una cosa nuova ma non trovare “supplenti” che lo rimpiazzino. Se ora il teatro a cui siamo abituati non può avere luogo, ci si deve inventare cose differenti che poi potrebbero continuare a esistere. Ho fiducia che ai ragazzi, al pubblico in generale, mancherà l’incontro vero, che non si accontenteranno delle alternative. Il pubblico ha una gran voglia di incontrasi. È chiaro che c’è un rischio di appiattimento della proposta del digitale per i bambini, ma anche loro sentono la mancanza del contatto vero.
Di certo ciò che ci sta accadendo ce lo porteremo dietro a lungo, imporrà un cambiamento nel nostro modo di vivere, come già è avvenuto, ma non immagino l’estinzione di quella voglia di condivisione e di vita.

Cosa mi dici del riscontro del Festival. Hai già dei dati? Ma, soprattutto, stai avendo notizie dalle famiglie affezionate a Kids?

Ci hanno mandato tantissimi messaggi di ringraziamento, le foto dei bambini mentre guardano i video, che si svegliano di mattina, fanno colazione e aspettano le 10 per la messa on line. È emozionate questo desiderio ed è appagante la gratitudine per questo tocco di magia che stiamo comunque riuscendo a dar loro.
I dati sono alti: su Vimeo i primi racconti hanno centinaia di visualizzazione, poi ci arrivano feedback nazionali dai colleghi. Alcuni racconti sono anche su altre piattaforme come quella del Festival Segni d’infanzia di Mantova e quella della Città del Teatro di Cascina.
Per cui di certo il prossimo anno il Festival tornerà prepotentemente dal vivo, ma di certo valuteremo l’idea di poter continuare a offrire contenuti originali e appositamente pensati, anche fuori dal nostro territorio.

Veniamo alle note dolenti. Ho letto che quest’anno le istituzioni non sono state di grande aiuto – in linea con l’andamento nazionale, del resto. Ti va di raccontarci come è andata? 

In realtà sono state un grande problema. Noi abbiamo dovuto letteralmente smantellare la programmazione originale del Festival in presenza, resa impossibile dai vari dpcm, e presentare al Comune di Lecce questo nuovo progetto. In corso d’opera, però, il Comune ci ha comunicato una riduzione dei due terzi del contributo. Abbiamo anche scritto una lettera firmata da 22 artisti ma il sindaco non ha cambiato idea. E per di più il Teatro Pubblico Pugliese ha dovuto, suo malgrado, ridurre il proprio contributo perché, per statuto, non può versare più del Comune del quale è partner.
Ci dispiace che questa amministrazione non abbia valutato che avrebbe generato anche il taglio del Teatro Pubblico; se li sommiamo per noi sono un vero disastro, proprio in un momento come questo che ci vede, come settore di produzione per le nuove generazioni, fermi da fine febbraio.
Non ti nego che questo ci ha creato grandi difficoltà: le spese per allestire due set cinematografici sono state davvero sostanziose, molto più alte rispetto a quelle di un festival. Spese tecniche – montatore, direttore della fotografia, maestranze varie… – che non hanno nulla a che vedere con il mondo del teatro. Noi le abbiamo affrontare in modo professionale ma il taglio è stato violento e senza possibilità di replica. Siamo rimasti un po’ scioccati, davvero.

Molto triste… Quindi siete ricorsi a contributi da privati?

Sì, devo dire che le collaborazioni con la Città del Teatro e Segni d’Infanzia ci hanno aiutato. Altri progetti come Storie cucite a mano e Hip Hip Urrà, con i quali di solito collaboriamo per i laboratori, invece di finanziare il laboratorio fisico hanno contribuito alle riprese del  Kids Village.
È poi c’è il pubblico, che ci sta dando con PayPal donazioni il più delle volte pari ai costi dei biglietti, visto che la fruizione è gratuita. Ieri ci è arrivata una donazione di 150 euro: ci siamo commossi! 

Da questa difficoltà è venuta fuori una nuova e bella declinazione della vostra Operazione Robin Hood (una raccolta di donazioni per regalare biglietti a chi non può acquistarli. nda), quest’anno convertita a sostegno del Festival.

Sì ma solo in parte. Da un lato serve a sostenere Kids, dall’altro però non abbiamo voluto perdere il legame con le Associazioni che di solito beneficano delle donazioni. Così abbiamo aperto una call per artisti che stanno regalando il loro lavoro e il loro tempo per portare a domicilio, in quei luoghi, delle piccole performance con il Barbonaggio Delivery di Ippolito Chiarello.
Donazioni dal pubblico per finanziare il Festival e donazioni dagli artisti che relegano lavoro e tempo e che noi ri-regaliamo, mandandoli come frecce di Robin Hood in giro per la città.

Il Kids Festival è il risultato della collaborazione di due Compagnie. Cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato, nel lavoro di squadra in questo anno “particolare”?

Di certo è stato più intenso e fondamentale. Per questa virata improvvisa che abbiamo dovuto prendere, per avere il coraggio di reinventarci in questo modo, è stato necessario confrontarsi ed essere compatti. Ma poi la bellezza è stato vedere tutti gli attori delle due Compagnie ritrovarsi a lavorare a uno stesso progetto. Abbiamo respirato un’aria di unione molto bella.

Un buon esempio in questo tempo di inerzie e divisioni…

I contenuti del Kids Festival sono fruibili gratuitamente e saranno disponibili qui fino al 20 gennaio.

KIDS
Festival del teatro e delle arti per le nuove generazioni

7° edizione “abbracci sospesi”

direzione Artistica Tonio De Nitto, Raffaella Romano
direzione organizzativa Tonio De Nitto
organizzazione e promozione Annalucia Di Milito, Francesca D’Ippolito, Michela Marrazzi, Raffaella Romano, Giovanna Sasso, Adamo Toma
collaborazioni Chiara Melorio, Silvana Pollice, Maria Chiara Provenzano, Francesca Russo, Antonella Sabetta

Realizzazione video:
Per ‘In viaggio con le storie’
regia Eliana Manca
autore Tonio De Nitto
direttore della fotografia Guglielmo Bianchi
suono Michele Leucci
gli attori Ilaria Carlucci, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Daria Paoletta, Giuseppe Semeraro, Fabio Tinella.
con la partecipazione di Dario e Rocco Cadei
segretario di edizione Adamo Toma
montaggio Ginevra Venanzi

Per ‘Kids village’
regia e montaggio video Lucio Toma e Francesca Randazzo
fotografia e stop-motion Francesco Conti
a cura di Tina Aretano, Francesca Calcagni, Maria Rosaria De Benedittis, Michela Marrazzi, Luca Pastore, Adriana Polo, Francesca Randazzo.

visual, web, social Alessandro Colazzo / A. Simone Tarighinejad / Emanuela Tommasi
illustrazione Ilaria Guarducci
ufficio stampa Pierpaolo Lala
amministrazione Stefania Giunco, Emanuela Carluccio

Si ringraziano Simona Kotlar, Giovanni Piconte, Museo Ferroviario di Lecce, BlaBlaBla, Fermenti Lattici