ANNALISA GURRIERI e CARLOTTA SALLEMI | Sembra che non sia passato un anno da quel lontano 1977, quando Dario Fo e Franca Rame sentirono l’esigenza di raccontare le ingiustizie che le donne sono costrette a sopportare. La loro quotidianità, spesso troppo ricca di soprusi, ha dato vita a un testo più volte portato in scena dalla stessa Rame. A dar nuovamente voce alle sue parole è Monica Bonomi, con la partecipazione di Tommaso Di Pietro, sul palco dell’Estate Sforzesca 2021, in un’afosa serata di luglio.
Tutta casa, letto e chiesa, previsto per novembre 2020, torna finalmente in scena al Castello Sforzesco inserito nel Palinsesto del Comune di Milano “I talenti delle donne”. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Out Off per la regia di Lorenzo Loris, si colloca alla fine dell’iniziativa di teatro virtuale promossa nei mesi di chiusura. Una serie di interviste a giornaliste, scrittrici, artiste e studentesse che si interrogano sui principi di uguaglianza di genere, tra aneddoti e storie raccontate, intervallate da riprese dello spettacolo. Una scelta più che aderente al momento che stiamo attraversando: a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, la disuguaglianza, le difficoltà e i femminicidi sono aumentati e si è percepito quanto il problema sia radicato all’interno della società e quanto sia importante parlarne, per esserne consapevoli e agire di conseguenza.

Ci troviamo davanti alla ripresentazione fedele di tre brani distinti del testo scritto da Dario Fo e Franca Rame.
In apertura Una donna sola e allegra entra in scena scatenandosi sulle note di una canzone trasmessa alla radio. È la signora Maria, che immediatamente incrocia lo sguardo della nuova dirimpettaia. Per capire chi sia questa vicina basta guardare sotto il palco: è il pubblico, il monologo della signora Maria forse è solo una richiesta d’aiuto nascosta tra le risate, le urla al telefono e una sfrenata danza. Ed ecco che veniamo a conoscenza di una storia di violenza, una storia di una donna chiusa a chiave in casa, non solo privata della sua libertà ma anche della sua dignità. La signora Maria si sente «adoperata» dagli uomini della sua vita, dal marito violento al cognato molesto, dal guardone del palazzo di fronte al giovane morbosamente innamorato. Solo la conversazione con l’altra donna le permetterà di ritrovare gli strumenti e il coraggio di provare a liberarsene tramite vie più o meno lecite. Non ha la minima intenzione di chiamare la polizia: le farebbero troppe domande, quasi fossero i suoi comportamenti la causa della propria condizione. La solidarietà tra donne emerge così in tutta la sua urgenza e necessità sin dai primi istanti dello spettacolo e si conferma anche nella seconda parte.  

Foto Stefano Sgarella

In Abbiamo tutte la stessa storia la donna protagonista è irriverente e senza peli sulla lingua. Con la sua erre moscia dichiara tutto il suo disappunto nei confronti delle disuguaglianze tra uomo e donna, esordendo con «Questa cosa dell’incintamento, della donna sempre e del maschio mai, proprio non mi va giù». Diventata mamma, racconta alla figlia una favola. Una bambola, che si esprime con un linguaggio scurrile, si ribella ai soprusi degli uomini mentre una bambina li subisce senza smettere mai di dare una speranza di redenzione all’amore palesemente nocivo del suo compagno. Ci viene narrata così l’effettiva presa di coscienza che ogni bambina deve affrontare sulla doppia condizione della donna nella società moderna. 

Nonostante la comicità graffiante della Bonomi, in linea con quella del testo originario, coinvolga il pubblico solo dopo una buona mezzora, le risate esplodono nella seconda parte. 
Ultima prova dell’attrice è Medea. Non è solo la Medea di Euripide, la maga originaria dell’Oriente nota come una madre assassina, ma anche la Medea della Bonomi, e della Rame dunque: «una Medea popolare», che si esprime in un «volgare arcaico», che condivide tutta la sua rabbia e la sua sete di vendetta per rendere consapevole chi ascolta.  
Sembra di non essere più a Milano, veniamo trasportati in una realtà che richiama la Sicilia di un tempo. Il dialetto scolastico, che inizialmente lascia perplessi, trova presto la sua dimensione.  

Tutta casa, letto e chiesa si conferma un testo dalla importante portata sociale. La sua finezza è nella scelta delle parole con cui viene indagato il tema. Si descrive in modo coerente ogni sopruso, purtroppo presente ancora oggi nella vita di molte donne.  
Lorenzo Loris, coerentemente con l’intento della Rame, vuole far ridere e, allo stesso tempo, far riflettere perché «noi donne sono duemila anni che andiamo piangendo e questa volta ridiamo insieme e ci ridiamo anche dietro». L’obiettivo comune è rendere consapevoli di quanta strada ci sia ancora da fare per raggiungere una vera parità di genere.  

 

TUTTA CASA, LETTO E CHIESA

di Dario Fo e Franca Rame
con Monica Bonomi
e con la partecipazione di Tommaso Di Pietro
regia di Lorenzo Loris
scene Lorenzo Loris e Luigi Chiaromonte
costumi Lorenzo Loris
interventi pittorici di Giovanni Franzi
Video Davide Pinardi
Luci Luigi Chiaromonte
produzione del Teatro Out Off di Milano
spettacolo inserito nel programma dell’Estate Sforzesca 2021 nel Palinsesto del Comune di Milano “I talenti delle donne

 

Milano, Castello Sforzesco | 5 luglio 2021