MATTEO BRIGHENTI | Quando le parole non hanno paura, il cammino degli uomini calpesta strade che rincorrono il sogno di libertà, di giustizia, di fratellanza. A qualunque costo.
Nel primo sabato d’agosto la terra d’America, della Statale 66, la Strada Madre, si è alzata fino a Gombola, il borgo in provincia di Modena costruito su di una cima rocciosa a strapiombo sul fiume Rossenna, rifugio magico di Trasparenze Festival per il secondo anno consecutivo, per la IX edizione Abitare Utopie (27 luglio – 8 agosto, anche a Modena città e a Castelfranco Emilia). Furore – Racconti e ballate dal romanzo di Steinbeck di Accademia Minima ha attaccato i microfoni e le chitarre all’impegno di raccontare le piccole storie che fanno la Storia, quelle degli operai, dei contadini, dei migranti o dei precari, lungo un panorama di cactus e di solitudine, di benzina e di hot-dog.
Siamo tra gli ultimi, tra la bellezza delle persone che hanno coscienza di essere schiacciate e però si ribellano, per citare il grande fotografo Tano D’Amico ricordato sul palcoscenico.

Matteo Pecorini in Furore. Foto Elisa Magnoni

Dalla riflessione e dall’attualizzazione dei temi e della lingua di Furore, sono nati i testi di Francesco Chiantese e di Matteo Pecorini, e le musiche di Antonio Speciale e dello stesso Chiantese, per quello che è un lavoro all’incrocio tra il reading musicale e il concerto parlato. I tre in scena si guardano, si ascoltano, si accompagnano l’uno con l’altro, mantenendo una misura di splendore anche quando riportano la rabbia che si mescola alla disperazione.
Se Chiantese e Speciale, entrambi voce e chitarra, procedono “in battere”, Pecorini vola “in levare”, parla con la grazia semplice del filo d’erba, ma il suo dire si fa roccia, staccionata, lampione a cui si aggrappano, alla fine di tutto, quei perdenti che non amano più nulla eccetto la loro sconfitta.

Di Malavoglia. Foto Elisa Magnoni

Ammettere, riconoscere, accettare le nostre disfatte è l’invito che Michele Santeramo ci ha rivolto con il suo Di Malavoglia prodotto da mowan teatro. Più che una lettura, è stato un momento di intensa condivisione per rivelare tutti insieme qualcosa che, da soli, non ci siamo mai raccontati prima.
Basta un attimo, uno soltanto, e la vita finisce. Non sappiamo che quello è il momento, l’ultimo possibile, e ciò che vorremmo dire ci resta in testa e in gola. Simili parole Santeramo le conosce e le restituisce con profonda responsabilità e commozione sincera, ridando dignità a diseredati comuni che si specchiano ne I Malavoglia di Giovanni Verga, a cui si è ispirato, per cercare una qualche consolazione.
«Le brutte storie servono a farci sopportare la nostra», sancisce sconsolato e lucido dal palco. Per questo, si immagina che i Malavoglia, i personaggi in persona, siano andati fino a Milano dal primo editore, Treves, a chiedere, senza successo, di non essere stampati, e quindi dimenticati per sempre.
Siamo di fronte a voci che si accendono tra le crepe di questo nostro tempo impantanato, dentro un modo di fare teatro che prova a ridisegnare con coraggio e poesia un nuovo incontro con il pubblico.

Polittico della Felicità. Foto Elisa Magnoni

Proprio nella relazione sta la felicità per il Teatro dei Venti, che ha organizzato anche quest’anno il Festival con ATER Fondazione. Nel Polittico della Felicità Oxana Casolari, Francesca Figini, Davide Filippi, Antonio Santangelo, indossano i panni lacerti delle quattro virtù cardinali (Prudenza, Fortezza, Giustizia, Temperanza), affrescando una tavola vivente con pochi elementi e povertà di gesti, come relitti alla deriva o cicatrici non rimarginate.
Si tratta di un primo studio con la drammaturgia di Azzurra D’Agostino e la regia di Stefano Tè. Insieme a Odissea, che ha unito Modena e Castelfranco Emilia alle rispettive carceri, a Passione, spettacolo collettivo con i cittadini di Gombola e della vicina Polinago, entrambi presentati a Trasparenze, e a Padri e Figli, è parte di un processo di ricerca che porterà a Il Figliol Prodigo, la prossima creazione per spazi urbani che già si annuncia più imponente del formidabile Moby Dick.
I quattro interpreti vengono avanti a turno sulla musica dal vivo di Andrea Biagioli e ognuno porta in dote la propria verità, brandita come una spada per aprirci gli occhi sulla decisione di andare avanti, anche quando la strada non c’è più.
Sono corpi che agiscono e risuonano la felicità che semplicemente sta, non sale, ma cade tra di noi, cioè accade. Non è divina: è umana. Quanto la danza che, durante i saluti finali, ha unito attrici e attori, spettatrici e spettatori, in un girotondo gioioso e giocoso, da dentro a fuori scena.

I Violini di Santa Vittoria. Foto Elisa Magnoni

Il ballo libera il corpo dalla forma, scioglie la fatica dalle costrizioni dei giorni. L’Emilia è terra di polka, di mazurka, di valzer, melodie e ritmi di origine popolare che arrivano dalla mitteleuropa e che si innestano in una cultura arcaica e contadina.
A Santa Vittoria di Gualtieri, in provincia di Reggio, quando sboccia il liscio si suona con gli strumenti ad arco in piccoli gruppi orchestrali che prendono vita quasi in ogni famiglia. Tra Otto e Novecento il borgo ha già assunto i contorni della leggenda, diventando il Paese dei Cento Violini.
I Violini di Santa Vittoria sono gli unici custodi di questa memoria e, nell’ambito del progetto Macinare Cultura – Festival dei Mulini Storici dell’Emilia Romagna, ne hanno fatto un racconto-concerto con la regia di Paola Bigatto nel mulino storico di Gombola, un inno appassionato al territorio attraverso il suo gusto e la sua impronta musicale.
Davide Bizzarri (I violino), Orfeo Bossini (II violino), Roberto Mattioli (III violino), Ciro Chiapponi (viola), Fabio Uliano Grasselli (contrabbasso), unendo melodramma e popolarità, alto e basso, recuperano una tradizione che continua a parlare all’oggi. Uno spettacolo sull’arte della gente comune, che Bossini, anche narratore e autore del testo, arricchisce con leggerezza, competenza e ironia.
Si tratta di fatti, di legami, di speranze, che esprimono lo scoprirsi di un uomo e di una donna, e di ogni uomo e di ogni donna. Una fortuna che comincia sempre fuori casa, mano nella mano, andando a tempo con il proprio tempo.

Furore
Racconti e ballate dal romanzo di Steinbeck

testi Francesco Chiantese e Matteo Pecorini
musiche Antonio Speciale e Francesco Chiantese
con Matteo Pecorini, Francesco Chiantese (voce e chitarra acustica), Antonio Speciale (voce e chitarre)
prodotto da Accademia Minima 

Di Malavoglia

ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga
di e con Michele Santeramo
prodotto da mowan teatro

Polittico della Felicità

testi Azzurra D’Agostino
con Oxana Casolari, Francesca Figini, Davide Filippi, Antonio Santangelo
musica dal vivo Andrea Biagioli
regia Stefano Tè
produzione Teatro dei Venti

I Violini di Santa Vittoria

testo e narrazione Orfeo Bossini
musiche Amedeo Bagnoli, Arnaldo Bagnoli, Enea Bagnoli, Davide Bizzarri, Aristeo Carpi, Fabio Uliano Grasselli, Giuseppe Verdi
eseguite da I Violini di Santa Vittoria
Davide Bizzarri (I violino), Orfeo Bossini (II violino), Roberto Mattioli (III violino), Ciro Chiapponi (viola), Fabio Uliano Grasselli (contrabbasso)
regia Paola Bigatto
produzione Associazione Musicale “I Violini di Santa Vittoria”

Trasparenze Festival
7 agosto 2021
Borgo di Gombola (MO)

L’immagine in evidenza è stata scattata da Elisa Magnoni e ritrae la visione d’insieme di “Furore – Racconti e ballate dal romanzo di Steinbeck”.