GLORIA GIOVANDITTI | Il Collettivo Kabobo nella settimana dal 17 al 24 ottobre ha ospitato presso il circolo IAM,  all’Anfiteatro della Martesana, il duo performativo itinerante Poncili Creación. Formato dai gemelli Pablo ed Efrain Del Hierro arriva direttamente dal Porto Rico per ideare e costruire maschere e personaggi visionari di gommapiuma riciclata. Con il loro magico mondo racchiuso in un baule, i due fratelli si spostano di città in città come nell’antica tradizione dei saltimbanchi. Il loro è un tour senza meta alla ricerca di nuove comunità, esperienze da condividere e sperimentazioni per scoprire terre incontaminate in cui insinuare nuove dimensioni creative e aprire immaginari fantastici tra loro e il pubblico.

Proprio questo legame tra il pubblico e i Poncili è una combinazione di interazioni multisensoriali; come si evince dalle parole del collettivo portoricano la loro persistente ricerca è affascinata dalle trasformazioni del corpo umano.
Racconta 
Efrain Del Hierro in un momento di dialogo: «Tutto questo arriva da una tradizione molto antica: l’idea che l’umano possa essere o trasformarsi in un’altro soggetto o animale è un punto molto importante anche per l’epoca odierna, tutti hanno in testa la necessità di trasformarsi. Il modo in cui lo facciamo noi è piuttosto drastico – continuano i fratelli – è una trasformazione totale, assoluta che ti allontana il più possibile da quello che l’umano possa immaginare di poter essere, che si lega a un lato grottesco, estremo di ciò in cui ci si può trasformare”. Il materiale che utilizzano per costruire le loro creazioni è la gommapiuma; un materiale flessibile e allo stesso tempo resistente che permette agli artisti di costruire le loro astrazioni in grado di travalicare il possibile estremizzando il reale. In questa modalità, i fautori di maschere si connettono con il pubblico utilizzando il materiale per andare oltre la pelle, la carne o l’immagine di sé, per entrare in contatto intensamente con l’altro, attraverso la dimensione dell’immaginario.

Giovanni Tagliavini PH

Queste sono alcune delle parole riprese dalla breve, ma ricca intervista del talk di apertura di cui erano ospiti anche altri artisti: DEM, Serpica Naro e Francesca Marconi. Immaginario, la sovversione e il rito: i tre nuclei fondanti del dialogo tra ospiti e gli organizzatori dell’incontro che ha dato avvio alla settimana di scambio di pratiche artistiche tra il collettivo milanese Kabobo e il duo portoricano.
È in questo spazio di dialogo che gli artisti portoricani si raccontano e condividono gli aspetti più profondi del loro lavoro. «P
articolare del nostro mestiere è che trattiamo oggetti fuori dall’ordinario, ma che sono un ponte importante di comunicazione con l’altro». Per il collettivo infatti l’obiettivo della loro arte, ma anche della vita, è la creazione di una connessione con gli altri. Ciò che identifica il loro approccio artistico è dettato dalle figure e dai colori molto vividi. I due fratelli si definiscono storyteller; raccontano storie rendendole ponti, si collegano alle  comunità con cui si interfacciano perché necessitano di una conoscenza profonda per instaurare un dialogo espressivo-artistico.
Si immergono in queste società e noi ne veniamo a conoscere gli aspetti più tossici: i governi, il denaro, l’ingiustizia che opprimono quotidianamente le comunità ospitanti. Nell’ arte del duo emerge tutto questo: rispondono alle ingiustizie con l’utilizzo dell’immaginario, tramite le bestie mascherate che creano, onorano la cultura antica e allo stesso tempo creano una nuova cultura. In questo modo, non solo tentano di rispondere alle lotte sociali e culturali ma restano fedeli anche allo stato d’animo dell’uomo che accompagna oggi l’uomo contemporaneo: la continua trasformazione.

Per questa ragione, non può che essere stato il materiale il vero protagonista della creazione artistica e dello sviluppo della performance portoricana: «Siamo originari della nostra società, viviamo in una città e lavoriamo con quello che troviamo per la strada – afferma Efrem Del Hierro – utilizziamo materiali dei margini e prendiamo ciò che la società scarta».
È evidente l’aspetto alchemico che contraddistingue la ricerca dei due fratelli: si tratta propriamente di un vero processo ritualistico legato al riconoscimento di tutto ciò che compone la loro arte. Rientra in quest’ultima anche l’attenzione agli attrezzi utilizzati per la realizzazione di fantocci e maschere; il lavoro è curato fino ai peli dei pennelli o all’indagine sulla provenienza dei pigmenti diluiti in acqua.

Certamente sarebbe una forzatura chiedere alla Poncili-creaciòn di svelare le loro creazioni dal palco di una sala teatrale: le loro performance richiedono ampi spazi, luoghi collettivi, piazze di dibattito, vie, giardini, slarghi di quartieri per animare e dare vita ai loro colorati, ancestrali e maestosi rituali. Come sostengono: «siamo in relazione con la materia ma anche con la realtà. Una relazione buona e cattiva e che noi vogliamo sovvertire. Con il nostro collettivo Poncili Creaciòn, vogliamo rompere la realtà e richiamare l’immaginario e altri mondi: guarda guarda esistono altri mondi!». 

Marco Casino PH

L’inizio della residenza avviata con il talk diventa perno attrattivo che, nei giorni successivi, si trasforma in un laboratorio di costruzione di personaggi di gommapiuma per i più curiosi; il Circolo IAM, spazio antistante all’Anfiteatro diventa un vero e proprio laboratorio di idee e di creatività che grazie al collettivo milanese è polo di incontro per pionieri dell’impresa creativa improvvisata e giovani audaci pronti per trasformare tempi piatti in esilaranti e spumeggianti esperienze ludiche e spensierate.
Giornate di creazione e scambio di pratiche artistiche, idee e di pensiero etico sull’utilizzo del materiale, ma soprattutto socializzazione divertente, senza pretese e con tratti naïf; sì, perché sono mostri, umanoidi, marionette e sculture indomabili quelle cui si dà vita durante l’ospitalità internazionale a Milano. 

È il materiale, infatti, a suggerire agli artisti cosa diventerà quell’opera.  Come tentano di trasmettere i Poncili durante la residenza: «Si deve creare una familiarità con il materiale che è allo stesso tempo sia tuo figlio che il tuo doppio, il tuo alter ego in quanto frutto della tua interazione con esso. Quando poi lo indossi, diventi tu stesso la maschera e agisci attraverso di essa convertendosi in un personaggio “altro” che sta giocando con i concetti di vita e morte, col fatto che diventeremo qualcos’altro, che diverremo terra, lombrichi, etc.».

Marco Casino PH

È quindi la giornata di chiusura a dare vita a queste creature. Famiglie, passanti, amici, conoscenti, semplici frequentatori abitudinari del parco della martesana diventano parte dello spettacolo, si uniscono alla partecipazione collettiva dell’evento aperto a tutti. Per scaldare il pubblico apre le danze DRAM, band che rivisita in dialetto milanese grandi hit internazionali. I bambini fremono e la curiosità nell’aria è alta; il pubblico attende l’uscita dal circolo dei grotteschi personaggi dei Poncili Creation; come una nascita, la costruzione delle marionette deve prendere vita e per farlo deve uscire, svilupparsi e realizzarsi nella piazza, tra la collettività, nello scambio inebriante con il pubblico. Per un pomeriggio sembra recuperata una festa tradizionale, un rito antico, una memoria collettiva; l’anfiteatro del Parco Martiri della Libertà Iracheni Vittime del Terrorismo ha ripreso la sua funzione teatrale nel quartiere milanese e ha dato vita ed espressione al valore comunitario dello scambio tra società non poi così distanti e lontane…