LILIANA TANGORRA | Con le mani… così lievi che sentivo dolore, ispirato alla Pentesilea di Heinrich von Kleist, è il monologo in anteprima nazionale prodotto da Punti Cospicui – Bischi, messo in scena dal 9 al 13 novembre durante il festival Il peso della farfalla.

Il peso della farfalla – rassegna alla sua ottava edizione ideata e diretta da Clarissa Veronico – da anni conduce gli spettatori in luoghi suggestivi e non meramente teatrali. Lo spettacolo Con le mani… così lievi che sentivo dolore – secondo appuntamento del festival – infatti, è stato ospitato nella incantevole chiesa barese di San Gaetano, custode delle statue della processione passionale del Venerdì santo, che hanno creato una cornice ‘sacra’ alla storia dell’amazzone innamorata del Pelide Achille.

La locandina dello spettacolo Con le mani… così lievi che sentivo dolore

L’attrice Valentina Bischi che ha ideato lo spettacolo lo interpreta in prima persona dando corpo principalmente alla figura di Protoe, fedele alleata di Pentesilea, ma diventa camaleontica nel tramutare la sua voce e la sua attitudine nei vari personaggi della storia.
In un monologo profondo e disarmante l’attrice ci riporta nelle antiche atmosfere della guerra di Troia, in quel marasma di sentimenti e passioni fonti della cultura e del pensiero contemporanei.

La trama di Kleist è nota: Pentasilea regina delle Amazzoni, il popolo di donne guerriere, accorse a Troia come alleata di Priamo per combattere le file achee, sebbene il vecchio fosse stato in gioventù avversario del suo popolo. Pentesilea portò scompiglio tra le orde nemiche, risollevando momentaneamente le sorti dei Troiani, fino a quando non incontrò Achille del quale si innamorò perdutamente. L’amore sembra corrisposto, ma questo è il dramma nel mito, quello che appare non è sempre quello che deve essere. Le amazzoni possono amare solo coloro che sconfiggono in battaglia, di qui una lotta forsennata tra obbedienza e sottomissione, tra guerra e erotismo, dominata da giochi di potere e di dominazione, tutto alternato dalla volontà umana che si contrappone a quella divina.

Il testo della Veronico ben interpreta la idiosincrasia che all’apparenza sembra intercorrere tra la visione dell’amore ‘controverso’ nel mito antico e la sua trasposizione in chiave prima moderna (testo di Kleist) e poi contemporanea. Il gioco semantico che crea l’autrice traspone l’impossibilità ad amare, legata a preconcetti culturali e sociali, in mito antico, come se la contemporaneità avesse ancora bisogno del mito per raccontare esigenze attuali.
Inoltre ci impone una riflessione – mutuata da Kleist -: è l’amazzone che vince sull’eroe; un enorme scarto rispetto a una tradizione ben consolidata che vedeva l’inaffondabile Achille ancor una volta tripudiante, prima della sua disfatta. Ascoltando il testo, però, non si pensa a un moto femminista tramutato in messaggio diretto allo spettatore, ma a un’incognita che vede l’essere umano tutto ancora privo di risposte di fronte alle frecce disordinate scoccate dall’Amore.

La Protoe che il testo della Veronico mette in scena e che la Bischi interpreta, descrive i sentimenti di ciascun personaggio secondo dei costrutti riconoscibili. Protoe stessa ha un accento slavo che ci fa subito pensare a una forestiera in terra straniera, Priamo parla in romanesco a rimarcare, probabilmente, la sua potenza ‘imperiale’ in suolo conosciuto, l’ammaliatore Ulisse sembra rivolgersi ai compagni cantando note quasi tecno. Di qui l’ulteriore legame tra storia antica e linguaggio moderno. Anche gli oggetti di scena coadiuvano l’attrice nella definizione dei personaggi e del tempo sul palcoscenico; un corno viene utilizzato per indurre Achille a scappare dalla ‘falsa’ Pentesilea, una maschera teatrale ora indossata ora no, alterna i sentimenti provati da Pentesilea durante il racconto.

Con le mani… così lievi che sentivo dolore, ph. Elena Lagova

Sembra però che, nonostante l’affascinante testo restituitoci dalla Veronico e la bravura attoriale della Bischi, lo spettacolo manchi di una linearità estetica. Alcuni oggetti in scena, come un albero bianco sul quale è appesa dell’uva – probabilmente simbolo di amore e di rivincita sulla morte, dunque emblema di speranza – e una valigia dalla quale vengono proiettate alcune immagini create da Santuzza Oberholzer, non comunicano con il costume troppo moderno per essere ispirato alla tradizione antica e con un trucco di scena glitterato; sono tutti elementi appartenenti a una semantica iconografica specifica e non allineata.
Del resto però, la quasi totale mancanza di suoni, riconducibili nel finale a dei lamenti, e di un gioco di effetti illuminotecnici, spingono fortemente l’attenzione sulla drammaturgia e sull’operato dell’attrice.

Uno spettacolo dunque che parla al femminile, un testo che descrive donne apparentemente libere, le quali festeggiavano la guerra con delle rose – le amazzoni venivano fecondate, per loro tradizione, durante la festa delle rose altro simbolo diacronico dell’amore – e accoglievano i nemici con l’amore.
Un testo che ragiona, però, anche al maschile e che descrive un popolo di uomini guerrieri lontani da casa, i quali riponevano le loro speranze nelle donne conosciute in battaglia. Una riflessione sulla parità sia di intenti che di esigenze tra uomo e donna entrambi bisognosi di amore e attenzione. Un’osservazione dicotomica tra i concetti di amore e guerra tra storia antica e realtà contingente.
Nello spazio intimo di una chiesa iconica per la città di Bari, la Bischi ripercorre il viaggio verso Troia, l’ingresso al palazzo reale di Priamo, i dialoghi nella tenda dei guerrieri e delle guerriere, trasportandoci negli anfratti di una storia che racconta di dono e di possesso, di fiducia e tradimento, di bugie e infine di morte.
Lo spettacolo, come ben sottolinea l’autrice “riscrive il mito perché racconti un conflitto recondito nell’uomo, che pur sorridendone, ancora ci lacera” e al quale, aggiungiamo, né la storia antica né quella moderna hanno dato incontrovertibili risposte.

CON LE MANICOSÌ LIEVI CHE SENTIVO DOLORE

Ispirato a Pentesilea di Heinrich von Kleist
di e con Valentina Bischi
testo e drammaturgia Clarissa Veronico
cura e ombre Santuzza Oberholzer
costruzioni Nicola Socciarello/Il Signor T
disegni originali Rossella Mercedes
Produzione Punti Cospicui – Bischi
Cooproduzione Teatro dei Fauni – Cristina Radi– Locarno, con il sostegno di Imago Plus _ Bari; Vallisa Cultura_ Bari.

10-13 Novembre | Chiesa di San Gaetano | ANTEPRIMA