GIANNA VALENTI | La Giostra è una performance di parole, luci, suoni, suoni registrati e suoni agiti in scena, danza di corpi, danza di luci, danza di azioni nel silenzio e poi, di nuovo, parole, suono e silenzio. Un procedere circolare di eventi, un rotolare in prossimità di linguaggi apparentemente distanti. Le azioni di girare e rotolare di corpi e di sfere — sfere di vetro trasparenti, grandi e piccole come biglie, sfere scure di roccia e vecchie bocce di legno di diverse dimensioni. I mille punti di una superficie sferica e la ricerca di un centro che non può essere fissità. La ricerca di un’identità che non vuole essere solo realtà e che prova a estendere nel cosmo la propria identità.

La Giostra, della compagnia Cie La Bagarre, vista alle Officine Caos di Torino come ultima tappa della rassegna Differenti Sensazioni, vede in scena cinque giovani performer formati e guidati da Erika Di Crescenzo, performer, danzatrice, autrice e regista (anche lei in scena), nell’anteprima di un percorso iniziato a livello laboratoriale e continuato poi come costruzione scenica. 

la Giostra, PH Andrea Macchia

La Giostra, racconta la regista e autrice, è un punto di vista sugli eventi di questi ultimi anni e continua il lavoro precedente di Non ci sono cose ma eventi e Il giardino degli eventi un percorso di ricerca e scenico sui legami tra la nuova fisica e le filosofie orientali. «La porta è lì, ma non esiste», cita un frammento di testo dalla performance, a testimonianza della ricerca di un senso oltre il nostro quotidiano e del desiderio di sfondamento dimensionale che a tratti appare e crea varchi con parole, suoni e luci, per poi rientrare. 

Nel buio totale, solo un volto illuminato e schermato da ombre di fronte a un leggio. Il volto immobile si fa testimonianza della parola vissuta e agita che ascoltiamo registrata a 432 hz: «Siamo noi che l’abbiamo fatta iniziare. Siamo noi che la dobbiamo finire. L’importante è non annacquare sangue con lacrime». E da lì in poi uno srotolarsi di parole che creano circolarità, rimandi e ritorni tra il surreale e il quotidiano della nostra storia recente. Una litania di parole come «sweet dreams, home schooling, smart working, screaming, triage, recovery funds… chatting, fear, fake hub, hot spot… task force…». 

La parola accompagna questa prima metà del lavoro, rotola e si srotola come le sfere e la danza delle luci della seconda parte. Una parola che non sa fermarsi e che riflette su di sé nel momento stesso in cui prende forma, trasmettendo la consapevolezza di essere creata, analizzata e a tratti anche dubitata. Una parole che viene agita come presenza singola, ma che non trova il coraggio di stare sola e si aggancia, nella ricerca di senso, alla precedente e alla successiva o, ancora, che si affida alle leggi dello spazio-tempo per cercare di rivelare un senso nella distanza.

la Giostra, PH Andrea Macchia

La parola come una sorta di maglia cosmica con cui connettere il buio, il vuoto della scena, le azioni dei corpi, un volto che parla senza articolare la bocca e il respiro, due corpi, uno maschile e uno femminile, che danzano e, ancora, uno strano personaggio cittadino in nero, incappucciato in una giacca a vento, che sventola con urgenza e forza una enorme bandiera nera.

La bandiera sventola il desiderio di ciò che non riesce più a essere detto e articolato. La parola continua, ma diventa più intima, ed è sulla bandiera che la parola si ammorbidisce, si affievolisce, si inceppa, non sa più dove stare, non riesce neanche più a viaggiare tra il reale e il surreale, tra l’intimità e il mondo reale — dire, ridire, ridere… «ridire ridire ridere ridere ridere, rendere ridere, ridererede di ridire ridere…». La bandiera si fa richiamo e ricerca di una presenza che possa manifestare un senso oltre il reale, che possa incarnare uno spostamento dimensionale. 

La luce prende il posto della parola, la luce che parla e danza, irrequieta, veloce e multidirezionale su una partitura sonora puntinata con suoni robotici. Siamo oltre, il senso del reale ci ha lasciati, ma a riportarci indietro è il suono forte delle ambulanze che diventa sovrastante e, poco dopo, una voce umana che dal microfono vocalizza vibrazioni che sono suono prima dell’articolarsi della parola — puri impulsi vocali che creano una presenza che sembra voler comprendere e abbracciare compassionevole gli altri suoni in scena.

La Giostra – PH Giuseppe Saccotelli

Quando tutto si spegne, in scena è il suono di una sfera di vetro che rotola sul cemento, illuminata, nell’oscurità totale. Nel buio, all’inizio del lavoro, era un volto e la parola, ora è un suono che ci porta in un oltre siderale. Altre sfere si aggiungono, i suoni si sovrappongono. I performer entrano e danzano, spostando le sfere sul cemento con movimenti circolari e a spirale. Un mondo di astri, dove la parola è sparita e rimane come suono e onda vibrazionale, si fa più vicino.
Una presenza femminile regale, in nero con una gonna a strascico, entra e cammina come una dea, portando una grande sfera di shungite nera. Sul terreno, nero, centinaia di piccole sfere colorate e luccicanti, dalle sfumature più diverse, dal platino, al fucsia, al turchese, al bianco, che si spandono come stelle. Danza, scivolando e girando come in un cosmo surreale, come una galassia in espansione che nel proprio moto tutto trascina e modifica.

E poi, di nuovo il silenzio.
L’entrare e l’uscire del surreale che promette di spostarci oltre, ma che poi, con un semplice suono, come la sirena di un’ambulanza, o una semplice parola, come emergenza, o una semplice azione, come saltare una corda, ci riporta al nostro essere dentro il teatro o alla nostra storia recente, lì dove siamo e lì da dove siamo appena arrivati.
L’andare verso un linguaggio che non è più parola e che diventa pura esperienza sonora e il ritornare attraverso la presenza della parola e di un saluto: “Immaginate un io che forma di sé e in sé, come sua rappresentazione, l’universo intero e tutto quanto lo penetra e lo avvolge. Pensate quest’io come identico in me e in voi, e in chiunque, fatelo eterno, infinito, onnipossente, fatelo dio. (William Blake) … buonanotte.” La sfera nera rotola per un’ultima volta verso il pubblico –  Universo, Mondo, Microcosmo, Persona.

LA GIOSTRA
compagnia Cie La Bagarre

regia Erika Di Crescenzo
in scena Ettore Bosco, Andrea Crivoi, Erika Di Crescenzo, Margherita Fantini, Giorgio Peri, Giuseppe Saccotelli
collaborazione alla drammaturgia Antonella Boschetto, Ivana Messina
collaborazione musicale per i testi Giorgio Peri
musiche Do Matter, Plaid, Another Year Away, Roger O’Donnell, Mixed Waste 4.2, Baiyon
disegno luci Erika Di Crescenzo, Giorgio Peri, Lorenzo Ciliento
produzione Stalker Teatro
in collaborazione con Centro Daiva Jyoti Studi Yoga e Arti Teatrali Torino

Officine Caos, Torino | 28 aprile 2023