ESTER FORMATOMilano e l’imprevedibile complessità. È stato questo il sottotitolo dell’edizione meneghina di una performance che, dal 2004 a oggi, è stata replicata in più di dieci nazioni europee. Tutto nasce da un’idea della dramaturg tedesca Hannah Hurtzig che appena dieci anni fa, ha ideato, in collaborazione con l’Akademie Mobile di Berlino, The market of knowledge and non-knowledge, in italiano quindi Il mercato della conoscenza e della non conoscenza, performance che si è tenuta lo scorso 17 dicembre presso La Pelota Jai Alain, arena al coperto in pieno centro città, in via Palermo 10.
Curato e organizzato da Zona K, l’evento di grande respiro internazionale ha avuto come tema principale la stessa Milano, còlta nelle sue varie declinazioni, nel tentativo di fotografarla in bilico fra il suo famelico trasformismo e gli evitabili smottamenti sociali ed economici che ne conseguono.

La grande area de La Pelota è in chiaroscuro; le illuminazioni dei tanti tavolini numerati ricoperti da moquette verde, come quella dei casinò, rendono l’atmosfera un po’ incerta e un po’ retro. Accompagnati da maschere piuttosto singolari ed esuberanti, ci si mette in fila presso un esilarante check-in.
Abbiamo in mano una mappa sulla quale sono illustrati tre round di conversazioni che si svolgono uno dopo l’altro, per un tempo totale di tre ore e trenta minuti. Sugli oltre trenta tavoli si posiziona un esperto (per un totale di 85) in attesa di un cliente che, per un euro, è appena riuscito a comprare al check-in una conversazione. Non siamo certi della casualità  della nostra scelta: i venditori propongono infatti di volta in volta esperti diversi fra quelli ancora disponibili, sulla falsariga della logica del mercato e del miglior offerente, ma è anche possibile recarsi a un singolare ufficio reclami nel caso non si sia soddisfatti del proprio esperto. D’altra parte, è difficile scegliere: se guardiamo la tavola cartacea sulla quale sono scritte tutte le tematiche proposte dalle decine di conversazioni, sembra di essere entrati all’improvviso in una Babele. E se dovesse essere proprio così? Sì, d’accordo, Milano è il main theme e la sua complessità – come quella di tutte le grandi città sottoposte a trasformazioni di ogni sorta – è di per sé babelica, a tratti indecifrabile. È una parte affascinante dell’urbanistica: la città e le sue trasformazioni come specchio di fenomeni più grandi, più globali.
Similmente a Le città invisibili di Calvino, la narrazione si dipana in una moltitudine di possibilità che a loro volta plasmano miriadi di città ma che infine potrebbero essere null’altro che una sola. E del resto ogni campo d’esperienza e d’applicazione fornisce a sua volta una chiave di lettura differente rispetto ad un luogo. Luogo o non luogo: una grande città è simultaneamente l’uno e l’altro.

Lo è anche l’arena de La Pelota, che non casualmente accoglie Il mercato della conoscenza e della non conoscenza e che ci appare dunque similmente antitetica dal momento che, pur presentandosi come luogo asettico, ricalca il modello millenario dell’agorà, luogo di incontro e scambio di saperi, pensieri e conoscenze.
All’interno di essa si dipana una dimensione concentrica nella quale, oltre ad attendere il proprio turno per incontrare un esperto, ci si può sedere sugli spalti e attraverso radio e cuffie sintonizzarsi su qualsiasi conversazione (altrui) del round in corso anche per comprendere la qualità degli incontri. Ognuno di essi infatti non è impostato come un dialogo verticale fra cliente ed esperto ma come scambio equo di conoscenze ed esperienze che potenzialmente possono conferire ai trenta minuti a disposizione un imprecisato numero di direzioni. La simultaneità e la non replicabilità delle singole conversazioni generano un potente e incontrollato flusso di contenuti che andrebbero inevitabilmente perduti se il progetto non avesse previsto un enorme archivio online in cui sono state conservate tutte le conversazioni delle licenze precedenti, con l’obiettivo di inquadrare l’imponente materiale entro criteri razionali di conservazione e discriminazione enciclopedica. Tutto ciò è materialmente allocato presso l’Haus der Kulturen der Welt in Berlino.

Ritorniamo a noi. Arriva finalmente il nostro turno; la metaforica roulette ci ha portato al tavolo di Gabriele Antonio Mariani, architetto urbanista sostenitore della conservazione dello Stadio San Siro in quanto bene comune. Come già anticipato, la specializzazione di ogni esperto è una delle tante chiavi per comporre l’enorme tela che prova a cogliere la sfuggente città nelle sue mille sfide e criticità. Infatti, i nostri trenta minuti a disposizione ci consentono lo scambio di sguardi non tanto sul tema in sé, quanto su una visione multipla e simultanea di uno stesso fenomeno. Così, a proliferare in questo mercato, è anche Milano stessa. Ne esistono tante, ciascuno di noi ne sta tessendo una o più di una.

Questo imprevedibile mercato offre un mosaico di visioni diverse che interagiscono fra loro, creandone altre. La sua natura performativa non è incasellata in un’idea sistemica anche perché la non replicabilità non necessita di una struttura coerente. Difatti, gli 85 esperti coinvolti rappresentano comunque una parzialità di relazioni, sguardi e impatti sulla città che intessono quelle connessioni urbane in costante metamorfosi.
Se l’interdisciplinarietà è una colonna portante del progetto, tuttavia la trasversalità insita in esso resta incompiuta. È mancata forse una geometria più appropriata che unisse i molteplici angoli di un tessuto urbano non soltanto policentrico, ma soprattutto latore di importanti strappi socio-economici che probabilmente potevano essere più adeguatamente rappresentati da chi non li analizza solamente dal suo campo d’azione, ma li vive concretamente. In sostanza, la maggioranza di esperti a nostra disposizioni ricoprono ambiti professionali ben specifici, o una consolidata posizione nel panorama culturale milanese, tralasciando una trasversalità socio-economica cruciale.
D’altro canto, la non riproducibilità della performance serve a chiarire il senso di parzialità che rimane, e pone in luce anche il valore altamente esperienziale con il quale è coinvolto il partecipante. Ciascuno diventa protagonista non interscambiabile dell’intero evento, dando luogo a irripetibili combinazioni conoscitive e di vissuti e quindi a una agorà dalla ricca consistenza che ha una vita di poche ore.

 

IL MERCATO DELLA CONOSCENZA E NON CONOSCENZA
Milano e la complessità, licenza n. 13

ricerca e drammaturgia Federica Di Rosa, Valentina Kastlunger e Valentina Picariello
con la collaborazione di Silvia Rigon e Eliana Rotella
e il contributo di Renata Viola
con la partecipazione di Federica Bruscaglioni, Valeria Casentini, Gabriele De Risi, Leo Djavidnia, Anna Doneda, Ruggero FranceschiniPhilippe Hochleichter, Fabio Lastella, Nicole LentinSathya Nardelli, Silvia Orlandi, Elena Pagallo, Leda Peccatori, Lorenzo Piccolo, Silvia Rigon, Eliana Rotella
direttore produzione Luca De Marinis
organizzazione e produzione Federica Bruscaglioni e Leda Peccatori
scenografia Marco Muzzolon e Marianna Cavallotti
responsabile beauty e costumi Christian Fritzenwanker
acconciature e make-up Greta Mornata
comunicazione Silvia Orlandi
grafica Leonardo Mazzi – Neo Studio
ufficio stampa Renata Viola
amministrazione e Fund Raising Valeria Casentini
proprietà licenza Hannah Hurtzig e Mobile Akademie Berlin
licenziataria ZONA K Milano
un progetto di Mobile Akademie Berlin
produzione ZONA K
con i sostegno di MIC e Fondazione Cariplo
workshop costruzione cartelli con Elena Lerra, Isabella Perversi, Benedetta Pintus, Eleonora Pozzi, Beatrice Zago

17 dicembre 2023 | Milano, La Pelota