CHIARA AMATO | Nella sala Bausch dell’Elfo Puccini di Milano è andato in scena Lustrini, produzione dell’Elfo stesso di un testo di Antonio Tarantino. Lo scrittore e drammaturgo, scomparso nel 2020, si era dedicato in vita alla pittura e poi alla stesura di drammaturgie per il teatro.
La regia di Luca Toracca porta qui in scena il dialogo ossessivo tra due anziani barboni (Lustrini interpretato da Toracca stesso e Cavagna, affidato a Ivan Raganato).
Il regista, socio fondatore del Teatro dell’Elfo e attore in moltissime produzioni della compagnia negli anni, sebbene siano state diverse anche le esperienze esterne al gruppo, fra le quali ricordiamo  le collaborazioni con Mario Missiroli per I giganti della montagna di Pirandello e con Enrico Maria Salerno. Nelle prime produzioni dell’Elfo ha lavorato con Gabriele Salvatores in numerosi spettacoli diretti dal regista premio Oscar, come Helzapoppin, Comedians ed Eldorado.
Ad accompagnarlo qui in scena c’è Raganato, attore di teatro e di cinema, ma anche conduttore e direttore artistico di iniziative teatrali di pregio, come la compagnia teatrale Scena Muta.

Il testo racconta di come due disperati pianifichino di derubare un famoso chirurgo, al fine di migliorare la loro condizione di vita, al fine di non dover più lottare per la sopravvivenza quotidiana.

Il palco è abbracciato ai due lati da sei tele di plastica grigia, sulle quali sono dipinte casette con camini fumanti, un panorama urbano qualsiasi, in cui è ambientata la vicenda; a circondarlo ci sono sacchi di spazzatura che inquadrano lo squallore della condizione quotidiana dei due protagonisti; centralmente è illuminata una panchina, quasi un altare sacro, attorno a cui gira tutta la vicenda. La scena, ideata da Ferdinando Bruni, ha inoltre sul pavimento fogli di giornale e due bricchi di vino in scatola, mentre adagiati sulla panchina, insieme ai due attori, alcuni libri dall’aspetto datato. Lustrini e Cavagna indossano abiti dimessi, sporchi e stracciati, e in volto sono coperti da fuliggine.

Lo spettacolo inizia con una musica quasi assordante e tribale, per qualche secondo, e poi ci troviamo in medias res nel dialogo tra i due clochard.
Il gioco sul quale è incentrato lo scambio fra Lustrini e Cavagna fa leva sulla morbidezza d’animo del primo, contrapposta alla rudezza del secondo. Questo aspetto scenicamente è reso a più livelli. Le luci cambiano di colore e intensità:  accompagnano spesso le parole di Toracca toni caldi, quasi sull’arancione, mentre quelle di Raganato sono illuminate da toni freddi, celesti.
La recitazione è agli antipodi a specificare come i protagonisti vengano da retroterra culturali diversi: Cavagna infatti per tutta la messa in scena rimprovera l’amico di essere un intelletualoide, uno che nella vita non ha concluso molto con il suo amore per il comunismo e la poesia, usando un tono di voce alto con momenti di marcata volgarità nei gesti. Lustrini al contrario è un animo atterrito dalla vita, stanco dagli acciacchi della sua età e remissivo: trema, balbetta, il suo corpo è contratto e chiuso in posizioni di difesa.

Il colpo che dovrebbe arricchirli non riuscirà: un extracomunitario sembra aver provveduto prima di loro a derubare il medico e questo scatena l’ira di Cavagna che, senza rendersene conto, uccide Lustrini in una colluttazione, senza che l’altro possa opporre difesa.
A chiudere lo spettacolo, la stessa musica fragorosa dell’inizio e il buio cala in sala.

La vicenda raccontata da Tarantino, nella regia di Toracca si carica di riflessioni sulla guerra fra poveri nelle nostre città e non solo: esasperati da condizioni di miseria, non incanalano rabbia se non contro i propri simili o i massimi sistemi. Vengono citati continuamente “i preti, i comunisti, gli extracomunitari”, ma in realtà poi la violenza tangibile investirà un puro d’animo come Lustrini, che ne resta vittima.
Lo spettacolo resta però in una resa mono-tono, assecondando con effetto che pare didascalico la ripetizione quasi ossessiva di frasi, sempre uguali, che sottolineano l’esasperazione dei protagonisti, l’alterazione del loro stato d’animo, dovuta   anche a questa aspirazione di cambiamento: il rischio è quello di perdere sia l’intensità del messaggio che l’occasione preziosa per affrontare più da vicino le vicissitudini, non di rado beckettiane, degli spettri invisibili presenti ormai in qualsiasi contesto urbano.
L’aspetto più interessante dell’allestimento è invece la tangibile voglia disperata di rinascita, la speranza sempre presente (anche se illusoria) di poter rimescolare le carte in tavola, nell’attesa di un Godot che però anche qui non arriva mai.
Il pubblico vive comunque la recita sul filo del rasoio e resta attento a ciò che accade davanti ai propri occhi, a testimonianza di un ritmo scenico ben pensato: come i due senzatetto, spera in fondo in un riscatto perché, come diceva De Andrè in una canzone dedicata all’emarginazione ‘è un delitto il non rubare quando si ha fame’.

LUSTRINI

di Antonio Tarantino
regia Luca Toracca
scene e costumi Ferdinando Bruni
con Luca Toracca e Ivan Raganato
produzione Teatro dell’Elfo

Teatro Elfo Puccini, Milano | 4 gennaio 2023