GIANNA VALENTI │ La sala va al buio e siamo immersi nel suono. Voci animali stratificate, alla dolcezza del cinguettare fanno da contrappunto suoni cupi e gutturali. Siamo catapultati in un oltre. Nello Calabrò, dramaturg con la Compagnia Zappalà Danza da ben 22 anni, in un incontro con il pubblico al Circolo dei Lettori di Torino alcune sere prima dello spettacolo, dice di Roberto Zappalà che è il più cinematografico tra i coreografi da lui conosciuti e che il linguaggio cinematografico è un terreno comune. Rientriamo in sala: i suoni animali continuano mentre il sipario si alza. Il frame che ci viene proposto è un luogo indefinito violaceo e coperto di nebbie.
L’uso delle luci e del fumo non ci permette di vedere la forma e i confini della scatola scenica e l’effetto è quello di trovarsi difronte a uno schermo. Il soundtrack di suoni animali continua. Il rimando al linguaggio cinematografico è istantaneo. Mi piace questo inizio che promette di fare abitare Bach in un luogo altro e rimango in attesa del dipanarsi del meraviglioso.

Corpi avanzano strisciando e spingendosi sul terreno tra le nebbie, poi si alzano progressivamente nello spazio articolandosi nell’asimmetria. Mentre le nebbie si diradano progressivamente e la scena si fa visibile, Johann Sebastian Bach entra potente sulle prime note per organo della Toccata e fuga in Re minore. Freeze frame – dopo quei corpi in still motion per una manciata di secondi, tutto diventa altro.
Si cambia, vi porto al finale: il gruppo di danzatori procede asimmetrico sulla scena sulle note di Crucifixus dalla Messa in B minor BWV 232. Cade la neve sempre più fitta su una striscia orizzontale della scena. I corpi dei danzatori si articolano nell’asimmetria, avanzano incarnando una pluralità di centri e si ricoprono progressivamente di neve. La memoria cinematografica avanza, la neve copre, attutisce e abbraccia il dolore. Ritornano i suoni animali. I corpi si fermano. Il sipario cala. Solo in un angolo, i due unici danzatori uomini (i corpi danzanti sono dieci) continuano una specie di duetto mentre cadono petali.

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Rifare Bach, PH Sara Meliti

Il lavoro, un’ora e dieci minuti, sta tutto nel mezzo. Rifare Bach (la naturale bellezza del creato), primo appuntamento di Palcoscenico Danza 2023 al Teatro Astra di Torino, visto la sera del 25 gennaioè un alternarsi di due modalità – le coreografie sulle musiche di Bach e le parti con il soundtrack di linguaggi animali. Le musiche di Bach sono preponderanti nella lunghezza e le parti di suono spesso non sono abitate completamente dai corpi e sembrano servire come mero passaggio o sovrapposizione per le forme coreografiche in entrata e in uscita.
La griglia con cui procede il lavoro diventa presto chiara: i pezzi musicali sono usati nella loro interezza e la formula coreografica strutturale prevede che una scelta debba terminare perché possa entrare la successiva e così i danzatori si alternano nelle forme scelte del duetto, del trio o del gruppo. Non c’è una complessità di montaggio e la compresenza dei diversi gruppi o dei singoli avviene, in alcune parti, con lo stare o il procedere lentissimo di corpi dietro un tendaggio trasparente a fondo scena. 

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Rifare Bach, PH Salvatore Pastore

Quando Bach entra, il procedere è serrato e la necessità di seguire le lunghezze e altezze delle note conquista completamente i corpi dei danzatori e il loro respiro. Il ritmo incalza, i gesti vengono sintetizzati e si concatenano diventando frasi di movimento e nel flusso della costruzione coreografica del fraseggio i gesti assumono lo stesso valore di un tilt, di un passé o di un kick développé (per chi non è del mondo della danza sono nomi con cui indicare unità minime di movimento, passi riconosciuti e condivisibili da tutti). Tutto diventa tecnicamente danza, nel senso più comune e classico del termine – corpi che si muovono nello spazio articolando forme. Quando agisce il gruppo, e l’impatto è forte perché i danzatori sono dieci, procede compatto e all’unisono e i momenti di asimmetria sono solo funzionali a rendere più potente la simmetria.

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RifareBach_Ph_SalvatorePastore

Spesso negli spettacoli di Zappalà Danza, così ci raccontano i protagonisti nell’incontro già citato a pochi giorni dallo spettacolo, i materiali di movimento, i testi, la gestualità o il suono vengono sporcati. In Rifare Bach, Bach rimane separato dalla natura e in qualche passaggio viene stravolto dall’elettronica, come nell’uso della musica classica in Arancia Meccanica, mentre le aree della natura rimangono incontaminate da Bach.
A transitare tra le due zone sono i corpi dei danzatori, ma nell’una e nell’altra area sono chiamati ad agire con modalità diverse. Sì, certo, alcuni gesti ritornano, ma l’animalità dei corpi arriva solo in due parti – nella prima scena di gruppo con una gestualità reiterata e percussiva e in certe parti di un trio dopo la metà del lavoro. Forse c’è una reverenza eccessiva verso la musica di Bach che non permette di abitarla con le profondità più contraddittorie della nostra identità tridimensionale e del nostro rapporto animale con il Pianeta.

Bach è Bach e rifare Bach è un impegno enorme. La maestria coreografica è evidente, i danzatori sono bravi, si danno con generosità e il pubblico applaude e ringrazia. Bach per un coreografo è come Čechov o Shakespeare per un regista, o lo si abita completamente nel profondo senza nessun timore di ciò che gli accostiamo o di come lo abbracciamo oppure se ne segue l’essenza riducendolo ai minimi termini e guardandolo nella sua trasparenza.
E se Bach incarna a livello matematico-geometrico le strutture profonde del cosmo e della natura, sia essa umana o animale, la contaminazione c’è già e non possiamo che accettarla e abbracciarla, la separazione è solo nostra.

 

RIFARE BACH (la naturale bellezza del creato)

Compagnia Zappalà Danza
un progetto di   Roberto Zappalà, Nello Calabrò
con  Corinne Cilia, Filippo Domini, Anna Forzutti, Gaia Occhipinti, Delphina Parenti, Silvia Rossi, Joel Walsham, Valeria Zampardi, Erik Zarcone
luci e scene  Roberto Zappalà
costumi   Veronica Cornacchini, Roberto Zappalà
realizzazione scene e costumi  Theama for Dance
assistente alle coreografie   Fernando Roldan Ferrer
ingegnere del suono   Gaetano Leonardi
direttore tecnico   Sammy Torrisi
assistente alla produzione   Federica Cincotti
management  Vittorio Stasi
direttore generale   Maria Inguscio
produzione   Scenario Pubblico / Compagnia Zappalà Danza, Centro Nazionale di Produzione della Danza
coproduzione   Belgrade Dance Festival, Fondazione Teatro Comunale di Modena, MilanOltre Festival
coproduzione e residenza   Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape
in collaborazione con  M1 Contact Contemporary Dance Festival, Hong Kong International Choreography Festival, Teatro Massimo Bellini – Catania
con il sostegno di  MIC Ministero della Cultura e Regione Siciliana Ass.to del Turismo dello Sport e dello Spettacolo