ILENA AMBROSIO | Un «punto su ciò che è accaduto alla compagnia in questi dieci anni» ma anche «un’altra tappa del nostro percorso artistico». Così Francesca Pennini descrive Benvenuto Umano; e che quest’ultimo lavoro del CollettivO CineticO sia, insieme, sintesi di un percorso e abbrivio di qualcosa di nuovo, pare abbastanza esplicito.

Come descrivere Benvenuto Umano? Forse a partire dai segni distintivi della compagnia, da subito evidenti. A sipario chiuso l’interazione con il pubblico – elemento persino strutturale nella drammaturgia del CollettivO – è già stabilita: una voce femminile, quella di Francesca Pennini, è guida di un training preparatorio tutto basato sui sensi, la vista in particolare, sulla capacità degli spettatori di percepire ciò che gli sta intorno e dentro; di sentire, in sostanza, il proprio corpo. Dato il metodo, dato anche il tema: il corpo, protagonista assoluto della performance e, insieme, oggetto drammaturgico.

COLLETTIVO CINETICO / FRANCESCA PENNINI BENVENUTO UMANOLa scena si apre. Cinque interpreti con boxer bianchi, delle maschere di cartone sugli occhi, che scopriremo contenere dei cellulari, e delle bende sulle braccia raffiguranti gli affreschi del Palazzo Schifanoia. Ai lati del campo d’azione centrale, un computer, due mixer e gli oggetti di scena che di volta in volta saranno utilizzati dai performer. Anche in questo ritroviamo un tratto familiare del modus operandi della compagnia: la messa in scena di una performance e, allo stesso tempo, della sua costruzione, dei meccanismi che la reggono, quasi del processo creativo che ha condotto a essa.

«Riproduci playlist Benvenuto Umano». La Pennini ora in scena, bendata – come resterà per tutto lo spettacolo – dà il comando alla sua Siri e, quasi, anche ai ballerini che seguono i suoi movimenti senza guardarla, come se il computer davanti al quale lei balla li trasmettesse alle loro maschere.

CollettivO-CineticO-Benvenuto-umano.-Photo-©-Marco-Caselli-631x420Sembra un videogioco e che il meccanismo ludico sia griglia compositiva prediletta del CollettivO non è necessario ribadirlo. Il gioco come «sistema di regole attraverso il quale la scena si plasma in tempo reale» – come non pensare al progetto cinetico 4.4. E di ludico in Benvenuto Umano ce n’è tanto: la Pennini è certamente la “mosca cieca” della performance, più volte alle prese con il riconoscimento tattile dei propri compagni di scena; ma poi ruote circensi, corde, persino un vero e proprio match di lotta libera con tanto di giudice in voce metallica stile tamagotchi.

Lo spettacolo progredisce così, come per accumulo: i performer danno vita a momenti drammaturgici resi ogni volta differenti dagli strumenti utilizzati, dalle modalità del gesto e del movimento, dalle luci, dalla musica – una playlist che si mette progressivamente al servizio del tutto –, dallo stato emotivo che trasmettono; lirico e intimistico quando la ballerina dondola sola, illuminata da un riflettore, su un cerchio a mezz’aria; comico durante il gioco della lotta; persino drammatico nel finale che vede Angelo Pedroni legato da corde e sospeso su un fondo luminoso che ne lascia vedere solo la sagoma.

Complessità, dunque, è parola d’ordine di questo lavoro. Complessità ma non – anzi, solo apparente ­– confusione. Perché alla base, più appropriato, all’origine c’è un’idea ben precisa. Lo sviluppo rizomatico di un concetto, comune a molti lavori del CollettivO, trova qui una decisa accentuazione e, d’altro canto, una nuova interpretazione.BENVENUTO-UMANO_ph-Francesca-Giuliani-9464 Gli affreschi del Palazzo Schifanoia e la medicina tradizionale cinese fanno da bulbo originario di diramazioni varie ed eventuali che ruotano intorno al tema più generale del corpo; corpo come apparato organico – è tra fegato, stomaco, cuore e polmone la lotta libera, così come fondamentale è l’aspetto tattile dell’interazione tra i performer – dal quale scaturiscono simbolicità multiple, aperte ad altrettante interpretazioni. Ed è proprio questo concetto assunto a priori che pare resistere a una struttura drammaturgica rigorosa e geometrica. Il discorso procede fluido e quasi imprevedibile in una scena che pare piegarsi alle esigenze di quel protagonista assoluto.

Pare, allora, quasi di vederlo, e proprio nel suo farsi, un sistema eterotopico. La scena, flessibile contenitore delle esigenze del corpo, diviene luogo d’incontro e d’intreccio delle menti che hanno ideato la performance, di quelle che, con il proprio corpo, la stanno rendendo concreta e di quelle che la osservano, caricandola delle proprie specifiche interpretazioni. I concetti inziali, meglio, gli stimoli che hanno generato il tutto, lungi da esserne contenuto concreto, aleggiano tuttavia costantemente come fossero rebus, arcani misteri da svelare.

La conclusione non coincide con una soluzione dell’enigma. Lo spazio resta aperto come se tutto ciò che è stato visto e ascoltato restasse disponibile a ulteriori sviluppi e interpretazioni. Unico dato concreto, tangibile, resta l’umano nella sua materialità, il corpo mostrato, durante tutta la performance, nelle più svariate declinazioni. A prima impressione una debolezza drammaturgica, questa e, invece, a una lettura più attenta, forse proprio obiettivo consapevolmente prefissato, di esibire un qualcosa che, nella sua estrema complessità, non poteva che trovare piena espressione in una forma aperta e non finita.

 

Benvenuto Umano

Concept, Regia, Coreografia Francesca Pennini
Drammaturgia, Operatore shiatsu, Angelo Pedroni
Interpreti performer e circensi della compagnia
Coproduzione CollettivO CineticO, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Festival Città delle 100 Scale
In collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione, Centrale Fies – art work space, Progetto Corpi & Visioni – promosso da Comune di Correggio, con il sostegno di MiBACT e Regione Emilia-Romagna

RomaEuropa Festival 2017
Teatro Vascello
22 ottobre