LAURA BEVIONE | Già dal mese di settembre le attività della compagnia EgriBiancoDanza erano ripartite a pieno ritmo, a Cuneo e in provincia di Biella. La stagione IPuntiDanza 2020-21 e la nuova rassegna Interscambi Coreografici – realizzata presso il teatro Erios di Vigliano Biellese – avevano esordito con i primi appuntamenti.
Un dinamismo improvvisamente frenato dal DPCM del 25 ottobre 2020, che ha sospeso le iniziative di spettacolo dal vivo. Un’interruzione forzata che, nondimeno, non ha smorzato la proattiva progettualità della compagnia torinese, decisa a mantenere vivo il rapporto con il proprio pubblico e con i territori nei quali è presente. Un dialogo tuttora industrioso, come ci racconta Raphael Bianco, coreografo e direttore artistico di EgriBiancoDanza.

La XVIII edizione de IPuntiDanza, ossia la consueta stagione organizzata dalla compagnia EgriBiancoDanza, proponeva un cartellone ricco e articolato: in che modo il nuovo lockdown vi ha costretto a riformularlo?

Il problema di questo lockdown è che non è chiaro cosa accadrà dopo il 4 dicembre. È evidente che le attività non riprenderanno subito e dunque, nel frattempo, noi stiamo studiando come ricominciare sfruttando il virtuale. Non ci interessa però ricalcare la strada dello streaming bensì – dopo avere realizzato video originali [come #Homesweethome, progetto inserito, fra l’altro, nel gruppo che compone l’orizzonte artistico individuato dal Premio Rete Critica n.d.r.], creare delle situazioni più dinamiche – di interazione con il pubblico all’interno di un palinsesto che può essere anche con compagnie ospiti che si prestano a una sorta di staffetta in cui ci passiamo alcuni materiali ma sempre con la presenza di un coreografo, di un autore, di un protagonista di quell’esperienza teatrale che possa parlare con il pubblico, senza far cadere dall’alto l’evento online.
Oltre al fatto di pensare, ma questo a più lungo termine, a dei veri e propri eventi interattivi; performance che dal vivo non riusciresti a fare. Stiamo, insomma, studiando il modo di sfruttare questo canale virtuale: sul nostro sito, finito il primo lockdown, avevo proprio destinato un’area – chiamata IPuntiHome – che, sulla scia dell’eredità delle iniziative realizzata nella fase emergenziale di primavera, sviluppa un discorso più strutturato in cui confluiranno vari progetti studiati appositamente per il web.
Abbiamo in programma, poi, degli eventi con i nostri danzatori: faremo un “profilo” di ciascuno di loro. Non c’è mai tempo di presentare i danzatori: li vedi in scena ma non sai chi sono in realtà.
Per quanto riguarda la programmazione dal vivo, è più difficile fare programmi: la speranza è di tornare in scena a gennaio. Con le compagnie ospiti, comunque, ci siamo impegnati, per quanto sarà possibile, a riprogrammare in primavera gli spettacoli previsti in questi mesi autunnali.

Avevate pensato anche ai ragazzi e alle scuole: qual è il destino di quel progetto, denominato DigitalKids?

L’avevamo pensato perché le scuole partivano già svantaggiate, in quanto le uscite didattiche erano state vietate. Avevamo dunque ideato questo format che era un ibrido fra digitale e presenza perché preparavamo dei contenuti digitali in un video che, però, un incaricato della compagnia portava in classe così da presentarlo dal vivo agli studenti. Non potendo andare nelle scuole, però, si è deciso di sperimentare comunque il progetto indirizzandolo alle scuole di danza: presenteremo agli allievi-danzatori delle produzioni, spiegandole, e offriremo ai loro insegnanti  dei contenuti da proporre online ai propri studenti costretti a casa.

Una sezione del cartellone, Interscambi coreografici, è concentrata nella provincia di Biella e, in particolare, a Vigliano Biellese: qui, insieme, a un’altra associazione curate da settembre la programmazione del teatro cittadino. Ci puoi raccontare questa nuova “avventura” della vostra compagnia?

Da alcuni anni frequentavamo Biella, che era uno delle piazze coinvolte nella stagione de IPuntiDanza. La nostra project manager, Erica Anselmetti, ha scoperto l’esistenza di un teatro, chiamato Erios, a Vigliano Biellese, una piccola cittadina attaccata al capoluogo. Abbiamo dunque contattato l’amministrazione locale che si è dichiarata particolarmente interessata a valorizzare il proprio teatro, sia con una programmazione di spettacoli ma anche con attività culturali continuative. Abbiamo concordato con loro un percorso legato alla danza, un progetto a medio-lungo termine che è iniziato lo scorso settembre e che si prospetta fertile poiché il territorio biellese presenta caratteristiche per noi molto interessanti: ci sono molte scuole di danza; ci sono degli enti molto importanti come l’Accademia Perosi, l’Opificio dell’Arte; c’è poi la Fondazione Cassa di Risparmio di Biella che sostiene la stagione del teatro Erios.
Oltre al teatro, poi, c’è una bella piazza centrale in cui sono stati già organizzati vari eventi, e molti spazi ex-industriali che gli enti locali hanno intenzione di riqualificare.

In che modo avete immaginato di coinvolgere il pubblico di quest’area del Piemonte?

Costruire un pubblico significa anche frequentarlo. Ora frequentarlo fisicamente non si può e dunque lo facciamo online con dei tavoli di confronto, coinvolgendo in prima istanza le scuole di danza della zona, come ti dicevo molto numerose. Abbiamo dunque pensato a una serie di appuntamenti dedicati ai ragazzi delle scuole di danza ma, in un’ottica di efficace audience engagement, abbiamo intenzione di allargare l’offerta anche a un pubblico più ampio, che incontreremo online ricorrendo all’uso di piattaforme come Zoom: un’azione resa possibile anche grazie all’appoggio degli enti locali, in primo luogo il comune di Vigliano. Vogliamo fare di questa cittadina un vero e proprio presidio culturale.

Era prevista una nuova produzione della vostra compagnia, Einstein: a che punto eravate nella sua creazione? 

Il lockdown “leggero” di questi tempi ha permesso una cosa che non avrei mai pensato: ci ha favorito nella produzione in studio. Cancellate tutte le tournée, ci siamo trovati con moltissimo tempo, condizione che non ci capitava da tanto. Abbiamo, invece, avuto periodi molto lunghi durante i quali abbiamo potuto lavorare come si fa nelle compagnie “a progetto”: quelle che si fermano, realizzano un progetto e poi lo portano in giro. Noi siamo una compagnia che fa progetti ma facciamo anche molto repertorio, giriamo con tanti spettacoli. Non avendo date fuori, abbiamo avuto del tempo per noi.

Questo spettacolo è la terza tappa del progetto Ergo Sum, iniziato con Essais, proseguito con Anatomie Spirituali e ora concluso da Einstein. Di nuovo una figura legata all’idea dell’esistenza, in questo caso affiancata a un discorso su spazio, tempo ed energia, che sono le tre dimensioni in cui si snoda la danza.
Per Einstein, però, non siamo partiti da un testo, come invece era avvenuto per Montaigne (Essais) e per Leonardo (Anatomie Spirituali si sviluppava da brani tratti dai Pensieri, dal Bestiario e dalle Profezie), bensì da un “errore” o, meglio, da una riflessione di Einstein su un possibile cambiamento di una sua teoria, la teoria delle gravitazioni: lo scienziato ha elaborato una teoria che prevedeva un certo tipo di rapporto alla base dell’universo ma non ha considerato il 95% del vuoto che c’è nell’universo. Materia oscura, spazi infiniti dove non c’è niente e tuttavia dotati di una forza gravitazionale negativa.

Questa riflessione è stata di grande stimolo per me, perché abbiamo creato due piani di azione, uno in chiaro e uno in scuro: lo spettacolo, dunque, è la rappresentazione delle stesse azioni ma alcune immerse in una sorta di oscurità. Qual è dunque la realtà della cose? Ci sono parallelismi, ci sono intrecci e c’è stato il contributo fondamentale di Andrea Giomi, sound designer e professore a Parigi di discipline che indagano il rapporto uomo-macchina, gli strumenti digitali.
In particolare, Giomi lavora sulla rielaborazione del movimento, trasformandolo in suono. Lui rielabora in tempo reale, attraverso degli algoritmi e attraverso dei sensori – indossati da uno dei danzatori della compagnia – i movimenti. Il danzatore dotato di sensori lavora in una sorta di struttura geometrica con dei volumi, dunque agisce in una tridimensionalità; mentre gli altri lavorano su dimensioni che vanno anche nel vuoto. Il danzatore con i sensori, quindi, è quello che crea dei suoni che sono un’eco della sua azione, mentre gli altri realizzano la stessa azione nel vuoto dello spazio.
Lo spettacolo debutterà a Verbania, al Maggiore, e sarebbe dovuto andare in scena anche alle OGR di Torino, nell’ambito di una serie di eventi volti al rilancio di questo spazio, ristrutturato e gestito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Si vedrà cosa accadrà alla fine di questo lockdown.