ROBERTA FUSCO | PAC LAB* | È possibile avere una vita di coppia senza fare l’amore? Avere una relazione in cui da una parte c’è una persona che brama contatto e passione, mentre dall’altra ci si accontenta di poco per amare?
A parlarne è Caterina Guzzanti in Secondo Lei, il suo primo spettacolo da regista, e di cui è anche protagonista accanto a Federico Vigorito. Con la collaborazione artistica di Paola Rota, Guzzanti si è messa alla prova con la sua prima firma nel mondo registico teatrale attraverso un testo nato durante Scritture, la Scuola di Drammaturgia diretta da Lucia Calamaro, la quale ha accompagnato la stesura del testo portato in scena nel 2024. Lo spettacolo è stato proposto alcuni giorni fa tra gli appuntamenti del Campania Teatro Festival, il 19 Giugno al Teatro Mercadante di Napoli.
Caterina Guzzanti, seguendo le orme dei fratelli Sabina e Corrado, ha alle spalle una carriera costruita sulla satira televisiva, con personaggi iconici come l’ex Spice Girls Geri Halliwell o la bimba posseduta nel programma Rai 2 “Bulldozer”, la Contessina Orsetta Orsini Curva Della Cisa. Amata dal pubblico nel personaggio di Arianna nella sitcom dissacrante Boris affianco a Francesco Pannofino, con Secondo Lei Guzzanti esplora un mondo finora vissuto solo come attrice, tuffandosi nelle sfumature dell’esperienza registica e proponendo la sua scrittura all’arte teatrale.
Secondo Lei è una storia d’amore che, nonostante il tono comico dato al recitato, non appare come una commedia. La scena si apre con Caterina Guzzanti seduta a terra, assorta nei ricordi di un tempo in cui, spensierata, usciva ogni sera. Lei era il collante del gruppo: quella che entrava in un locale per chiedere di unire più tavoli per un numero indefinito di persone. In una di queste serate appare lui per aiutarla. Un incontro imbarazzante che, per quanto ridicolo, sembra il titolo di una brutta canzone: “Ci siamo incontrati spostando sedie e unendo tavoli”. Parte la musica e Guzzanti sale su un palco rialzato, con un fondale illuminato da luci pop, per cantare e ballare quella brutta canzone dal sound techno-pop.
Nasce una storia d’amore intensa, ma presto emerge il problema: sotto le lenzuola non accade nulla. E quel nulla continua, notte dopo notte. Lui russa, lei insonne; e puntualmente cade in una botola da cui riemerge attraverso una porticina nascosta sotto il palco, domandandosi perché non riesca a essere inclusa nel “respiro della notte”. Di qui prende corpo il fulcro centrale della pièce. L’insonnia riflette la disperata ossessione che l’attanaglia.La scenografia è di una semplicità assoluta: un blocco rialzato su cui il duo artistico si distende, balla, cammina o tira dal sottopalco un wc con il galleggiante da aggiustare. Fanno da cornice la gamma dei colori che si proiettano sul fondale del palco: colori pop con una predominanza di rosso intenso, per simboleggiare amore. I colori proiettati seguono le emozioni che si alternano nella vita di coppia, passando dal blu, al verde, al giallo e il rosso. A battere il tempo, i momenti emotivi vengono scanditi dal rumore di una serie di scatti, come il suono delle vecchie macchine fotografiche, per portare il pubblico in una dimensione senza tempo: senza musica, solo un suono forte che immortala i movimenti placidi di una relazione che si sgretola. Un colpo d’occhio e si entra nella casa della giovane coppia con lo spettatore che viene riportato alla quotidianità con gli abiti indossati. Un jeans e una camicia per lui, una vestaglia per lei, suggeriscono una sfera intima fatta di una semplicità senza pretese.
Anche se la donna appare come la cantastorie, narrando in scena gli eventi dal suo punto di vista – e nonostante il titolo lo suggerisca – la storia non è esclusivamente al femminile. Il disagio, inizialmente taciuto, diventa sempre più opprimente, nonostante le rassicurazioni di lui. La frustrazione si riflette anche nel corpo della donna, percepito man mano come inadeguato: come se si spogliasse di sé stessa, lei si libera di un coordinato rosso fuoco, indossa una vestaglia e si lega i capelli in uno chignon malandato. Lui, invece, evita il confronto: non vuole ammettere l’assenza di desiderio, rifiuta la terapia e preferirebbe pagare pur di non parlarne, sperando che il tempo renda superflua ogni dimostrazione d’amore.
Il concetto di impotenza non viene mai pronunciato dalla coppia: un problema troppo intimo, una questione top secret per cercare spiegazioni esterne, o meglio ancora, soluzioni concrete. Si procede così inesorabilmente verso un collasso dei sentimenti di “una relazione che sembra che stia per iniziare ma in realtà sta per finire”: smettono di baciarsi e abbracciarsi diventa una tortura. L’amore dapprima ingenuo e spontaneo, si trasforma in un ospite indesiderato che piomba inaspettatamente a casa, sotto forma di crisi intima e comunicativa. Siamo dentro un racconto romantico che ricorda una moderna versione a metà strada tra American Beauty, per il disincanto coniugale, e la tensione inespressa per il non detto tra Tom Cruise e Nicole Kidman nell’Eyes Wide Shut di Kubrick. Ma senza bondage e cappucci.
Il risultato è una drammaturgia della sottrazione. Un’operazione testuale che elimina ogni elemento superfluo per concentrarsi su un unico e devastante conflitto. Guzzanti costruisce un meccanismo teatrale essenziale composto da due personaggi, un problema e zero sottotrame. La scrittura procede per sottrazione progressiva – come i vestiti che lei si toglie, come le parole che loro non si dicono – fino a raggiungere il nucleo puro della crisi. Nessun elemento aggiuntivo, come personaggi secondari, narrazioni devianti o flashback elaborati: tutto converge verso il centro del non detto, trasformando il vuoto in presenza scenica.
Gli spettatori seguono l’evolvere dei sentimenti che come i colori mutano seguendo l’arco emotivo: il rosso dell’amore si spegne nel blu della malinconia, il giallo dell’illusione sfuma nel verde dell’inquietudine. E così anche i suoni. Gli scatti fotografici non sono semplice colonna sonora ma punteggiatura drammaturgica: fermano il tempo nei momenti cruciali, trasformando la vita in una sequenza di istantanee che si accumulano senza risolversi. L’armonia nasce dal contrasto controllato tra elementi minimali e massima espressività.
Quella di Caterina Guzzanti è senza ombra di dubbio una penna caratterizzata da un taglio ironico, pronto ad affiancare un velo di tristezza che avvolge i personaggi. Ciò che sorprende è l’evolvere della vicenda in un finale intriso di una grande insoddisfazione. Forse è proprio l’intento della regista, affidare al pubblico l’interrogativo sul futuro della coppia per innescare nello spettatore un senso di impotenza, come in una questione dove non si può dire la propria. La materia è semplice: parlare di un problema come l’assenza di desiderio fisico nel partner senza alcuna volgarità, piuttosto con ironia e mettendo luce sulle dinamiche malsane – come dipendenza, ostinazione, isolamento ed egoismo -, che si possono generare all’interno di una vita di coppia insoddisfatta. Guzzanti in veste di regista costruisce uno spettacolo su misura per sé in cui porre la sua ironia, le repliche incalzanti, le smorfie e quel tocco di serietà che trapela dalle battute, in un testo leggero e poco impegnativo ma di cui restare compiaciuti.
SECONDO LEI
con Caterina Guzzanti e Federico Vigorito
Scritto e diretto da Caterina Guzzanti
Testo realizzato nell’ambito di Scritture-Scuola di Drammaturgia diretta da Lucia Calamaro
Collaborazione artista Paola Rota
Luci Cristian Zucaro
Scene Eleonora De Leo
Effetti sonori Angelo Elle
Una produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Berettini per Infinito Teatro e Argot Produzioni
In co-produzione con Teatro Stabile di Bolzano
E in collaborazione con Riccione Teatro e con il contributo di Regione Toscana
Campania Teatro Festival 2025
Teatro Mercadante
Napoli
19 Giugno
*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.