ANTONIO CRETELLA | Il complemento di specificazione, che in generale esprime una relazione di possesso o di pertinenza, può essere utilizzato per formulare sintagmi nominali che condensano l’azione espressa da un’intera proposizione. Un esempio molto semplice per capire questa sua proprietà può essere la frase nominale l’amore di una madre per i propri figli che riformula in modo strettamente nominale la proposizione una madre ama i propri figli. Si può notare che il complemento di specificazione va ad assumere la funzione che nella proposizione ha il soggetto. Si parla perciò in tal caso, con un latinismo, di “genitivo soggettivo”. Tuttavia il complemento di specificazione può anche sostituire un complemento oggetto, assumendo la denominazione di “genitivo oggettivo”. Un esempio può essere la frase nominale l’obliterazione del biglietto da parte del passeggero, riformulazione nominale della frase il passeggero oblitera il biglietto. Talora, però, il confine tra genitivo oggettivo e genitivo soggettivo è talmente sfumato da dar luogo a una certa ambiguità, sfruttata anche a fini estetici in prosa e in poesia. Prendiamo ad esempio un rigo del comunicato congiunto dei ministeri della Difesa e degli Esteri in risposta alle non tanto velate minacce russe ai giornali italiani: vi si legge “il compito di controllo e di analisi della libera stampa rimane essenziale”. Appare subito evidente che la frase si presta a una doppia interpretazione a seconda che si consideri della stampa un genitivo soggettivo (la stampa esercita ruolo di controllo e analisi) o un genitivo oggettivo (la stampa è oggetto di controllo e anilisi). Un’ambiguità certamente (si spera) non voluta, ma che in un comunicato ufficiale in risposta alle minacce alla libertà di stampa fa francamente raggelare il sangue